A ciascuno la sua

Davide Giacalone – Libero

La banca centrale europea deve fare la sua parte. Giusto. Ha fatto bene il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, a ricordarlo. S’è dimenticato due o tre cose, però. La prima è che, fin qui, la Bce è stata la sola istituzione europea ad avere fatto la propria parte. Se i tassi d’interesse sui debiti sovrani sono scesi e gli spread sono stati ricondotti alla fisiologia (con quello italiano costantemente sopra lo spagnolo, perché quella è una patologia non influenzabile da Francoforte), lo si deve all’azione della banca centrale. La seconda cosa che Padoan ha dimenticato è che la settimana scorsa il governo di cui lui fa parte, per bocca di chi lo presiede, Matteo Renzi, aveva intimato alla medesima banca di farsi i fatti propri. È bello avere un governo che corre, corre e corre. Sarebbe meglio se lo facesse due settimane di fila nella stessa direzione.

Perché Renzi aveva così sgarbatamente reagito, intimando a Mario Draghi di non impiccarsi delle riforme interne a ciascun Paese? Perché Draghi aveva ricordato quanto quelle riforme siano decisive, sicché chi non è in grado di farle, e di metterle a regime nei tempi opportuni, quindi subito, sarebbe stato costretto a perdere sovranità. Era stato pesante, non c’è dubbio, ma lo aveva fatto proprio nel senso ora auspicato da Padoan. Ed è per questo che qui non abbiamo avuto dubbi: ha ragione la Bce.

Per indurre i mercati a piantarla con lo speculare sui difetti strutturali della moneta unica, quindi a inchiodare paesi come l’Italia, costringendoli a pagare cifre altissime per i loro debiti pubblici, Draghi dovette usare sistemi non convenzionali. In quel caso furono le parole: siamo pronti a tutto per difendere l’euro. I mercati capirono, gli speculatori si ritirarono. Poco più di un anno fa, quindi, la Bce comprò tempo, spendendo la propria credibilità. Quel tempo sarebbe dovuto essere dedicato alle riforme interne. Guardiamo in casa nostra: teste e lische. Posto che la speculazione potrebbe ripartire in ogni momento, averla fermata non ha risolto tutti i problemi. In particolare non ha risolto quelli della crescita. Gli ultimi dati hanno confuso le idee a molti, complice uno stucchevole propagandismo governativo: i problemi non sono solo nostri, ma di tutti, tanto che neanche la Germani cresce. Bubbole: noi siamo in recessione, mentre la Germania cresce troppo poco. Non è la stessa cosa. Per affrontare il secondo problema lo sguardo si dirige ancora una volta verso la Bce: continuate ad agire in modo non convenzionale e fate crescere l’inflazione, tirandoci fuori dal gorgo della deflazione. Richiesta prevedibile e prevista.

Ma la Bce non può mettersi a spingere l’inflazione dando l’impressione che dopo avere comprato tempo per consentire le riforme ora s’appresti a introdurre moneta per pagarne (o affievolire il costo) la mancanza. L’inflazione deve servire alla crescita, non a far finta che il debito pubblico non cresce in valori reali (come, invece, fa). Per questo Draghi ha bisogno, e ripeto “bisogno”, che ciascuno dei beneficiari si mostri consapevole dello sforzo in atto. E se Padoan chiede, giustamente, alla Bce di fare la sua parte Draghi s’era limitato a dire: fate la vostra, o qualcuno lo farà al posto vostro.

Ora girate pagina dei giornali. Ci trovate un surreale dibattito sull’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, con il ministro del lavoro che guida la tesi: non lo si tocca, semmai lo si aggira, come ho fatto con il decreto sul contratto triennale a termine. Questa è la conferma che quel 18 non solo è un totem, come lo ha definito Renzi, ma anche un tabù. Che nella lezione di Freud era il legame fra le credenze dei selvaggi e la loro sopravvivenza odierna. Oppure leggete l’intervista al sottosegretario Angelo Rughetti: propone un fondo per abbattere il debito pubblico, ove far confluire beni mobiliari e immobiliari dello Stato. Lo si scrive da lustri, anche scendendo nel dettaglio. Avvertite Rughetti che è al governo, non a un convegno. Oppure leggete le tante interviste di politici e professori: gli 80 euro non sono stati la bischerata democristianeggiante che sembrano, daranno effetti nel tempo. Ecco, è esattamente quel che non abbiamo: tempo e soldi da buttare.

Se oggi ci si rivolge ancora alla Bce è perché la politica non ha saputo assolvere il dovere che gli compete. Non ha saputo dare indicazioni precise sulle riforme, correndo a realizzarle. Non ha saputo impostare i rapporti europei richiamando tutti al rispetto dei trattati, quindi anche i tedeschi sul disavanzo commerciale, preferendo chiedere (come continuano a fare) elasticità per sé. Quell’elasticità è la speranza di non dovere riconoscere d’essersi sbagliati. Ergo: Padoan ha ragione, ma la smetta di fare il politicante, che non è il suo mestiere, e sappia impuntarsi con palazzo Chigi. L’estate è finita, senza essere arrivata.