La burocrazia rallenta i pagamenti alle imprese

Gian Maria De Francesco – Il Giornale

Una promessa mantenuta. Alla maniera di Renzi, però. La certificazione telematica dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione in modo da accelerarne lo smobilizzo è uno dei pochi impegni rispettati dal presidente del Consiglio. Tuttavia, i risultati dell’iniziativa, finora, sono modesti. Secondo il Tesoro, a fine luglio erano infatti stati saldati 26 miliardi di euro di debiti pregressi al 31 dicembre 2013, mentre gli stanziamenti attuali ammontano a circa 31 miliardi, più o meno la metà di quanto resta ancora da pagare.

Lo strumento telematico dovrebbe, in teoria, consentire di velocizzare la procedura. Ma, purtroppo, siamo in Italia e la velocità è un concetto relativo. Ecco perché, all’8 settembre, risultavano presentate istanze di certificazione per soli 6 miliardi, dei quali solo 3 sono stati realmente certificati. Non si può parlare di flop perché l’iniziativa è partita il 21 luglio e i termini, inizialmente fissati al 31 agosto, sono stati prorogati al 31 ottobre. Se si prendessero sempre per oro colato le parole del premier («Tutti i debiti saranno pagati entro il 21 settembre, giorno di San Matteo»), non si potrebbe fare a meno di evidenziare la scarsa incisività del provvedimento.

Sulla carta, è tutto molto facile. Alle imprese (dalle persone fisiche alle società di capitali) basta registrarsi sul sito certificazionecrediti.mef.gov.it e aprire un account come si fa per la posta elettronica o per un social network. Poi si passa all’inserimento delle fatture che può essere manuale (digitando i dati delle singole ricevute) oppure telematico (sia tramite file precompilati sia con le fatture elettroniche per le società che già le utilizzano). Le amministrazioni hanno 30 giorni di tempo per dare una risposta e riconoscere che il credito sia certo ed esigibile. Una volta ottenuta la risposta, le imprese hanno dinanzi a sé due strade: aspettare il pagamento oppure recarsi presso una banca per ottenere una cessione pro soluto a tassi agevolati (1 ,9% fino a 50mila euro, 1,6% oltre i 50mila). Grazie a un accordo che coinvolge Tesoro, Cassa depositi e Associazione bancaria italiana, gli istituti scontano le fatture (per 100mila euro ne riconoscono 98.400) rivalendosi poi sulla Pa.

Perché si sono registrate solo 56mila richieste? Un po’ per la pausa estiva. Un po’ perché la burocrazia la fa da padrona anche qui. Le amministrazioni, infatti, tendono a prendersi un po’ più dei 30 giorni loro concessi e non sempre rispondono positivamente (va ricordato che non si possono certificare crediti classificabili come spese in conto capitale). E anche se le imprese possono chiedere la nomina di un commissario ad acta, non sempre tutti vogliono o possono infilarsi nei meandri del contenzioso. In secondo luogo, nonostante questi crediti siano garantiti dallo Stato con gli stanziamenti e tramite Cdp, le banche tendono a valutare molto minuziosamente ogni pratica di sconto fatture. Ecco perché Confindustria ha chiesto al governo di «monitorare il meccanismo di cessione al sistema finanziario e di stanziare nuove risorse per lo smaltimento integrale dei debiti». Idem Confcooperative: «Meglio il 98,4% che nulla», dice il presidente Maurizio Gardini, consapevole che «la pesante situazione iniziale» porta necessariamente rallentamenti. Il vero problema ora sono i debiti del 2014: la normativa europea (limite di 60 giorni) non viene ancora rispettata. L’ultima ciambella di salvataggio può essere rappresentata dalla prossima pubblicazione del decreto per la compensazione delle cartelle esattoriali con i crediti verso la Pa. Le aziende lo aspettano da 4 mesi, ma forse questa è la volta buona…