Consumi fermi, investimenti a picco

Rossella Bocciarelli – Il Sole 24 Ore

L’Istat conferma: nel terzo trimestre del 2014 il Prodotto interno lordo è rimasto in zona negativa e si è ridotto dello 0,1 per cento rispetto al trimestre precedente. La foto dettagliata del paese fornita ieri attraverso i conti economici trimestrali è perfino più scura di quanto già non si fosse capito attraverso la stima-flash. In primo luogo, infatti, la riduzione tendenziale del prodotto nei tre mesi compresi fra luglio e settembre 2014 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è risultata pari allo 0,5% (nella stima flash si parlava di -0,4 per cento). Di conseguenza, ora, la variazione acquisita dell’attività produttiva per l’anno in corso, vale a dire la crescita che si avrebbe ipotizzando un quarto trimestre a incremento nullo, è pari a -0,4 per cento. Ma il fatto è che i dati di ieri mettono in evidenza la particolare debolezza della domanda interna nel nostro paese: rispetto al trimestre precedente, spiega infatti il comunicato dell’istituto, i consumi sono rimasti fermi mentre gli investimenti fissi lordi sono scesi addirittura dell’uno per cento; le esportazioni dal canto loro sono aumentate dello 0,2% mentre le importazioni sono diminuite dello 0,3 per cento.

C’è poi chi fa notare che lo storico traino della ripresa italiana, ovvero le esportazioni, stavolta ha funzionato poco, penalizzato dalla crescita inferiore alle attese di paesi emergenti ed Europa e dalle sanzioni Ue alla Russia: «Manca una stabilizzazione economica perché non c’è l’apporto del driver più importante, l’export, che avrebbe dovuto innescare la ripresa degli investimenti» commenta Riccardo Barbieri, di Mizuho. Quanto ai consumi, nei dati disaggregati è da notare il miglior andamento della spesa delle famiglie (+0,1%) rispetto a quella pubblica (-0,3%). Da un lato il lieve rialzo dei consumi privati beneficia molto probabilmente della introduzione del bonus da 80 euro per i redditi più bassi, dall’altro pesano l’attuazione della spending review e, a livello locale, del patto di stabilità interno.

In pratica i timori sul rischio deflazione espressi ieri dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan sono più che giustificati, oltre che per l’Eurozona, per il nostro paese. A proposito di prezzi impliciti, l’Istat rimarca che il deflatore del Pil è diminuito dello 0,1 per cento rispetto al trimestre precedente. Non bisogna dimenticare, inoltre, che il -0,1 per cento congiunturale del Pil realizzato dal nostro paese si confronta infatti con un aumento dello 0,2% della media di Eurolandia mentre il meno 0,5% tendenziale si misura con un +0,8% tendenziale dell’Eurozona. Insomma, è vero che in tutto il continente l’economia, più che crescere, sta ancora strisciando. Però l’Italia durante l’estate era ancora in recessione e solo per 1’ultimo scorcio dell’anno si incominciano a intravvedere segnali di stabilizzazione per l’attività produttiva, che prima o poi dovrebbe beneficiare della forte contrazione in atto nei prezzi petroliferi.

Intanto, però, anche sul lato dell’offerta i dati Istat relativi all’estate mettono in evidenza che la dinamica congiunturale è stata negativa per il valore aggiunto dell’agricoltura (-0,1%), dell’industria in senso stretto (-0,6%) e delle costruzioni (-1,1%) mentre il valore aggiunto dei servizi è rimasto stazionario. In termini tendenziali (terzo trimestre 2014 su terzo 2013) la caduta più forte è il meno 3,5% del settore delle costruzioni, seguito dal -1,1% dell’industria in senso stretto,dal -1,3% dell’agricoltura e dal meno 0,1% per i servizi.«È l’ennesima conferma di una situazione ancora critica per l’economia italiana» commenta l’ufficio studi della Confcommercio. Sebbene la dinamica dell’attività produttiva sia meno negativa rispetto a quanto registrato tra la fine del 2012 ed i primi mesi del 2013 – è la conclusione – non si scorge una sicura via d’uscita dalla recessione ormai triennale».