I conti di Cottarelli: nel 2015 mezzo miliardo di risparmio dalle partecipate

Andrea Ducci – Corriere della Sera

Una ricetta che nel 2015 può valere mezzo miliardo di risparmi. La condizione per raggiungere l’obiettivo è eliminare almeno 2.000 società partecipate dagli enti locali. Il suggerimento arriva dal commissario straordinario alla spending review, Carlo Cottarelli, illustrando il programma di razionalizzazione delle aziende partecipate da Comuni, Province e Regioni. Il documento è quello reso noto all’inizio di agosto, ma ieri Cottarelli ha voluto spiegarne il principio ispiratore. Quel «sfoltire e semplificare da 8.000 a 1.000 le municipalizzate», scandito per la prima volta dal premier, Matteo Renzi, lo scorso aprile. Le misure, illustrate da Cottarelli, che si è tenuto alla larga dal fornire chiarimenti su una sua permanenza, ormai ballerina, nell’incarico di commissario straordinario, puntano, perciò, a tagliare 7.000 partecipate pubbliche. Una maxi sforbiciata che dovrebbe tradursi nell’arco di 3-4 anni in un risparmio stimato di 2-3 miliardi di euro.

Tra la teoria e la pratica resta la necessità di fissare, nella legge di Stabilità, norme e sanzioni certe per imporre agli enti locali le dismissioni e le chiusure di una moltitudine di carrozzoni. A precisarlo è lo stesso Cottarelli, tenuto conto che già la legge finanziaria del 2008 vieta la creazione di società partecipate che non abbiano a che fare con le finalità istituzionali dell’ente di appartenenza. La norma stabilisce, tra l’altro, la vendita o la chiusura delle aziende fuori regola. Nei fatti il divieto è stato ignorato o trascurato, e, a detta del commissario, la misura «non è efficace perché la valutazione è lasciata all’amministrazione partecipante». Il risultato è una giungla di aziendine e società locali, il cui esatto numero resta indefinito. Secondo la banca dati del ministero dell’Economia sarebbero 7.726, ma la banca dati della presidenza del Consiglio ne rileva circa 10.000. Cottarelli e i suoi tecnici stimano quest’ultima cifra la più veritiera.

Il piano del commissario straordinario riporta anche i costi delle inefficienze e degli sprechi. Le perdite palesi nel 2012 hanno raggiunto quota 1,2 miliardi di euro, a cui vanno aggiunte le perdite celate da contratti di servizio e trasferimenti in conto corrente per aggiustare bilanci altrimenti pericolanti. L’aggravio finale è rappresentato dai costi pagati dai cittadini per servizi che potrebbero essere più economici ed efficienti. Totale, insomma, i circa 3 miliardi che lo studio fissa come obiettivo di risparmio.

Nel documento è ribadito anche il principio a cui ancorare il mantenimento di una società in mano pubblica. «Il campo di azione delle partecipate deve essere strettamente limitato ai compiti istituzionali dell’ente di controllo, che non includono la produzione di beni e servizi che possono essere forniti dal settore privato». Basta, insomma, a società comunali o regionali che producono «uova piuttosto che prosciutti», dice Cottarelli. E poco importa se quelle società realizzano profitti. Sul piatto vanno infatti considerati altri fattori: il rischio di alterare il corretto funzionamento del mercato, il rischio di creare perdite a carico della collettività, la necessità di monitorare le partecipate pubbliche, sottraendo così risorse umane alle finalità e ai compiti istituzionali dell’ente. Non a caso, lo studio sulla spending review delle partecipate suggerisce l’introduzione di alcuni paletti: il limite alle partecipazioni indirette e di secondo grado, il limite alla detenzione di partecipate da parte di piccoli comuni, l’uscita da quote di minoranza (ci sono 1.400 società in cui la quota azionaria pubblica si ferma al 5%, e 2.500 casi in cui non va oltre il 20%), e, infine, la chiusura delle scatole vuote (sono 3.000 le aziende con meno di 6 dipendenti).

Un’ultima riflessione la merita il numero delle cariche di vertice. Il meccanismo dei poltronifici pubblici ha prodotto 37.000 incarichi nei consigli di amministrazione e circa 26.500 amministratori. Il costo pro quota di questa proliferazione di posti è circa 450 milioni di euro. L’imperativo è disboscare.