I tanti illegittimi dubbi sul taglio delle tasse

Massimo Francaro e Nicola Saldutti – Corriere della Sera

L’idea che il peso delle tasse possa (finalmente) diminuire rappresenta un segnale importante per le persone e le imprese. E quei 18 miliardi di riduzione indicati nella legge di Stabilità rappresentano un passo importante. Eppure, quando si parla di tasse è legittimo avere qualche dubbio. Quando fu dato l’addio all’Imu sull’abitazione principale si disse che le imposte sugli immobili sarebbero diminuite e che il sistema sarebbe stato semplificato. Sappiamo che, purtroppo, non è andata così. E allora proviamo a ripercorrere alcuni degli interventi varati.

Partiamo dal Tfr. Se, come sembra, l’anticipo sarà tassato con le aliquote progressive Irpef, si tratta di una misura che alla fine (oltre i 29 mila euro) avrà come principale beneficiario soprattutto il Fisco. Se l’obiettivo era quello di spingere i consumi sarebbe stato meglio lasciare una tassazione più favorevole. Ai lavoratori che faranno questa scelta, infatti, verrà applicata l’aliquota marginale, ovvero quella che si paga sulla quota più elevata di reddito (oscilla tra il 23% e il 43%). Mentre se si decide di incassarlo a fine carriera, come avviene oggi, si subirà un prelievo nettamente inferiore (dal 23% al 33%). E, se lo si investe nei fondi pensione, l’aliquota è ancora inferiore: tra il 9% e il 15%. L’unico a guadagnarci sarà alla fine lo Stato, che riceverà in anticipo (e in misura maggiorata) le imposte che altrimenti incasserebbe tra 15 o venti anni.

Un brutto segnale viene dal capitolo della previdenza integrativa. Qui, per cercare di coprire altri sgravi, si propone di portare il prelievo annuo sui rendimenti dei fondi pensione dall’11,5% al 20% (e dal 20% al 26% quello delle casse private). L’aumento comporta maggiori tasse per 3,6 miliardi. Il 10% delle entrate previste. Un colpo gobbo che colpisce i risparmiatori più previdenti, quelli che stanno investendo per il loro futuro. Quasi tutti l’hanno fatto sapendo di poter beneficiare di un trattamento favorevole, mentre ora vedono infrangersi il patto con il Fisco. La previdenza complementare rischia l’estinzione.

E arriviamo al capitolo più ambiguo: quello degli enti locali. Come è già avvenuto in passato si rischia che la riduzione dei finanziamenti statali venga compensata dagli aumenti delle addizionali Irpef o dei tributi di competenza regionale e comunale. Lo scontro tra Regioni e Stato centrale è appena agli inizi. Diventa sempre più stretta la via per chi amministra e deve rispettare i nuovi parametri di bilancio. Risultato: andiamo verso un nuovo aumento a orologeria. Lo stesso ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, a una domanda su questo rischio ha risposto con un laconico «Può darsi». Speriamo che si sbagli.