La politica croce e delizia di chi innova

di Giuseppe Pennisi – Avvenire

L’inchiesta sulle “idee per riaccendere l’Italia” e sull’innovazione e le vere e proprie eccellenze, inducono a chiedersi se e come “la politica industriale” possa contribuire ad accelerare il rinnovamento. Per decenni, una linea di pensiero ha ritenuto che l’intervento dello Stato potesse non incoraggiare ma addirittura frenare l ‘innovazione: in un volume del 1972 ( “Il Governo dell’industria in Italia”, il Mulino 1972) definiva la pubblica amministrazione in supporto dell’innovazione «impicciona» e «pasticciona». A un giudizio quasi analogo si giunge dalla lettura di un recente volume di Franco Debenedetti. Il titolo è eloquente: “Scegliere i vincitori, salvare i perdenti: l’insana idea della politica industriale” (Marsilio, 2016).

Un punto di vista differente è quello di Salvatore Zecchini, presidente del Comitato Piccole e Medie Imprese dell’Ocse e vice segretario generale Ocse, nonché direttore esecutivo del Fondo monetario: “La politica per l’innovazione in Italia: criticità e confronti” (Centro Studi ImpresaLavoro, 2016). Il volume confronta gli interventi, da un lato con la realtà del fare innovazione in Italia, e dall’altro lato con le politiche e strategie attuate dai Paesi di maggior successo ed indica misure specifiche per chiudere le falle: a) dare al pubblico il ruolo di coordinatore e facilitatore; b) stimolare ricerca e innovazione in azienda; c) creare un contesto favorevole all’innovazione; d) sviluppare la domanda di R&I sia privata sia pubblica; e) rendere più efficaci le modalità d’intervento e di finanziamento; f) potenziare la valutazione economica degli interventi. Per ciascuno di questi temi vengono declinati provvedimenti puntali che saranno presto oggetto di un dibattito a Roma.