L’Italia non tema la vigilanza

Alberto Quadrio Curzio – Il Sole 24 Ore

I ministri finanziari della Uem e della Ue, nelle recenti riunioni milanesi, hanno prefigurato “nuove” politiche economiche per ricomporre crescita, riforme, rigore e per evitare all’Europa una lunga stagnazione-deflazione. Il ministro dell’economia Padoan, quale presidente di turno di Ecofin, vi ha contribuito non poco malgrado la nostra debole posizione. Per favorire la crescita e l’occupazione sono stati messi al centro gli investimenti (a dimensione prevalentemente europea) e la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro(nei singoli Paesi). Speriamo che si passi presto all’azione.

Finanziamento degli investimenti. Per le politiche europee si è rafforzata la posizione che il rilancio della crescita passa da un partenariato pubblico-privato con un ruolo più importante della Bei che assuma anche maggiori gradi di rischio su varie filiere precisate da proposte franco-tedesche ed italiane. Si tratta dei finanziamenti agli investimenti sia delle imprese sia delle infrastrutture con ampio coinvolgimento del settore privato e creando anche un fondo ad hoc in cui convogliare risorse e potenziando le Casse depositi e prestiti dei vari Paesi. La complementarietà di queste posizioni, la loro natura di interventi a scala prevalentemente europea, che ricadono positivamente sui singoli Paesi membri, è chiara e non è nuova. La novità è invece politica perché in passato è stata proprio la concordia (sotto la guida e la vigilanza tedesca) dell’Eurogruppo e dell’Ecofin, della Commissione e del Consiglio Europeo che ha consentito l’affermarsi della linea del rigore senza attenzione alla crescita e all’occupazione. Se adesso davvero si darà un forte impulso agli investimenti in infrastrutture (materiali e immateriali, purchè di qualità) raccogliendo risorse finanziarie nel mercato attraverso Enti Pubblici Europei e/o con garanzie pubbliche, allora l’Europa uscirà ben presto dalla crisi. Su queste colonne Beda Romano ha segnalato che anche la Germania dovrebbe aver capito la necessità di questi interventi sia pure come ponte pubblico per ovviare le carenze del mercato. Bisogna inoltre evitare che l’enorme liquidità in circolazione (e che aumenterà con i prefigurati interventi della Bce) crei pericolose bolle finanziarie che darebbero un’altra mazzata all’Europa.

Progetti e Commissione. Bisogna anche evitare di perdere tempo ad elaborare nuovi progetti essendoci già i programmi di Europa 2020, quelli sulle TransEuropean networks, quelli del quadro finanziario pluriennale 2014-2020. Negli stessi si tratta, in modo diretto o indiretto, di investimenti infrastrutturali europei nell’ordine dei 2.000 miliardi di euro nei prossimi 15-20 anni. È positivo che di questo abbia tenuto conto il neo presidente della Commissione europea Juncker nel suo “programma per l’occupazione, la crescita, l’equità e il cambiamento democratico” dove si è data una forte rilevanza ai sistemi europei di infrastrutture integrate con un potenziamento dei finanziamenti (via bilancio comunitario, Bei, partenariato pubblico-privato, nuovi strumenti finanziari di impresa) per mobilitare 300 miliardi di investimenti in tre anni. Preoccupa invece che la Vice presidenza della Commissione europea per l’occupazione, la crescita, gli investimenti e la compatitività sia stata affidata a Jyrki Katainen che coordinerà, anche con poteri di veto, l’attività di tutti gli altri commissari con competenze economiche. Prudenza vuole che i giudizi non siano affrettati anche se nel suo breve periodo quale Commissario agli affari economici e finanziari Katainen ha fatto di tutto per rafforzare il plateale rigorismo del suo predecessore Olli Rehn in tal modo facendo di fatto leva sul sostegno dei rigoristi tedeschi. Qui non possiamo tacere il nostro rammarico che a quella carica di vice presidente, il Presidente Renzi non abbia candidato Marco Buti che in un ruolo di coordinamento di altri Commissari non avrebbe probabilmente trovato ostacoli date le sue forti credenziali europee.

Detassazione, rigore, riforme. Qui è stata netta la posizione dell’Eurogruppo (che amplia quella di luglio) sulla necessità di ridurre il cuneo fiscale sul lavoro anche perché nella Uem si combina con una tassazione totale ben sopra quella della media Ocse. Questo danneggia la ripresa economica e dell’occupazione, i consumi e l’offerta di lavoro, la competitività e la profittabilità delle imprese. La proposta dell’Eurogruppo viene ben collocata in quattro coordinate da declinare sui singoli Paesi. E cioè: quella della semplificazione tributaria e della selezione di componenti del cuneo da ridurre per tipologie di lavoro e per massimizzarne l’effetto; quella delle riforme per l’efficienza dei mercati del lavoro; quella della consenso politico e sociale, da ottenere con la giusta gradualità, per la riallocazione del gravame fiscale; quella del rispetto dei vincoli di bilancio prescritti dal Patto di stabilità e di crescita o aumentando altre imposte o riducendo le spese pubbliche improduttive. Qui l’Italia ha un grosso problema visto che negli anni passati ha continuato ad aumentare la pressione fiscale invece di ridurre gli sprechi pubblici con effetto molto negativo sulla crescita. Riteniamo quindi che una mera riallocazione della pressione fiscale senza tagli agli sprechi avrebbe effetti limitati sulla crescita e la competitività italiana. Così come sappiamo che l’Italia necessita di tante altre riforme su cui regolarmente il Sole 24 Ore si intrattiene e su cui il Governo Renzi deve impegnarsi a fondo lasciando in secondo piano successi pura immagine.

Una conclusione italiana. Ciò detto, visto che l’economia italiana va male, dobbiamo contrattare adesso e subito con le Istituzioni europee margini di flessibilità nel bilancio a fronte di rigorosi impegni contrattuali a fare le riforme sotto il controllo della Ue. Polemiche o dichiarazioni che facciamo da soli non bastano. La Francia sta contrattando il suo rientro del deficit sul Pil sotto il 3% al 2017 con l’impegno a riforme vigilate in base ad un impegno ammissibile a termini giuridico-politici. Non per emulazione politica ma per necessità di sopravvivenza, anche noi dobbiamo contrattare con le Istituzioni Europee più flessibilità sotto la condizione di riforme specifiche vigliate dalla Ue e sotto il vincolo di destinare le risorse a ridurre (subito e non simbolicamente) il cuneo fiscale e contributivo specie per la nuova occupazione giovanile orientata all’innovazione e alla produttività.