La nuova sfida dei lavoratori

Maurizio Sacconi – Il Tempo

Poco tempo fa un grande leader del sindacato nord americano ha assegnato alle organizzazioni che rappresentano gli interessi dei lavoratori la elementare ma efficace missione di «fare ceto medio». Ed ha aggiunto che il maggiore benessere può essere conquistato dai lavoratori non soltanto ottenendo una migliore distribuzione della ricchezza una volta prodotta ma concorrendo responsabilmente alla sua stessa produzione. «La soddisfazione del cliente – ha ancora affermato – è affare anche nostro e non solo di chi possiede o dirige l’impresa». È una bella lezione per il sindacato italiano che in alcune sue componenti continua ad avere l’obiettivo «di cambiare il mondo» nella convinzione che il mondo stesso cammini sulla base di un fertile conflitto tra classi sociali contrapposte.

È evidente invece che nella competizione globalizzata i lavoratori sono chiamati certamente a condividere il rischio d’impresa per i suoi profili negativi e devono avere per questo l’ambizione di voler partecipare di quello stesso rischio anche per la buona sorte. Il salario, definita per legge una sua dimensione minima, può e deve essere sempre più negoziato quindi nella dimensione dell’azienda ancorandolo alla produttività, ai risultati, agli utili. E la stessa azienda può configurarsi sempre più come una comunità di persone che si riconoscono e si accettano in relazione ad un destino comune, sostenuto anche da istituti integrativi di protezione sociale dei lavoratori e delle loro famiglie.

In questa dimensione il sindacato non ha più titolo a poteri di veto su norme di legge o su politiche pubbliche. Esso si esprime liberamente e liberamente viene ascoltato insieme a tutti gli altri corpi intermedi che rappresentano interessi. La riforma del lavoro sarà l’occasione per dimostrare che governo e Parlamento ascoltano tutti ma responsabilmente decidono nella loro autonomia istituzionale per un mercato del lavoro inclusivo, nel quale l’occupabilità di ciascuno è la conseguenza del diritto di accedere alle conoscenze e alle competenze e non di un freddo articolo di legge.