Con un occhio al quadro interno

Stefano Folli – Il Sole 24 Ore

Può esistere oggi un’alleanza in funzione anti-austerità fra le cancellerie europee che soffrono il rigore tedesco? Fino a ieri era un’ipotesi di scuola e anche ora, nonostante le apparenze, non sembra che una tale svolta sia a portata di mano. Ma la mossa di Parigi che decide di non rispettare il parametro del deficit ha una portata politica e Renzi l’ha colta al volo. Con una sottolineatura che però fa tutta la differenza: a differenza della Francia, dice il presidente del Consiglio, l’Italia intende rispettare il vincolo del 3 per cento. Questo significa che non c’è una vera alleanza strategica fra due capitali che hanno problemi molto diversi: se ci fosse, le conseguenze sui mercati sarebbero poco piacevoli per entrambe (lo ha spiegato bene Carlo Bastasin su queste colonne).

Quella che appare una convergenza anti-tedesca è più che altro una congiuntura vissuta da ogni paese a suo modo e in base a specifiche convenienze. Il governo socialista di Parigi deve puntellare se stesso e tenere a bada l’estrema destra di Marin Le Pen. E il nostro Renzi, cui invece il consenso interno non manca, si gioca una partita fatta di rapide incursioni e di frasi memorabili. La sentenza di ieri («Non siamo scolari a cui si deve impartire una lezione») è ovviamente indirizzata ad Angela Merkel ed è resa possibile dal varco aperto da Hollande. Quindi, nel momento in cui fa capire che la questione del deficit divide Parigi da Roma e che l’Italia intende attenersi nella sostanza all’ortodossia europea, Renzi dimostra di voler sfruttare fino in fondo l’occasione mediatica offerta dalla mossa francese.

Non solo. C’è un terzo soggetto sul palcoscenico ed è l’inglese Cameron che ieri ha incontrato il collega italiano. Anche il governo di Londra, come è noto, ha bisogno di recuperare terreno nell’opinione pubblica e di tenere a bada i laburisti. Senza cedere troppo terreno ai nazionalisti di Farage, ossia – grosso modo – all’equivalente britannico di quel partito anti-euro che in Germania sta creando non pochi pensieri alla Merkel. Vale la pena ricordare che poco tempo fa la stampa inglese espresse grande delusione verso il premier italiano che aveva rinunciato a sostenere la campagna di Cameron contro la nomina di Juncker a presidente della Commissione. Il che significa che anche in questo caso, al di là delle dichiarazioni di facciata, non esiste un’ipotesi di asse strategico con la Gran Bretagna, paese che fra l’altro non aderisce all’euro.

In parole povere, Renzi si è affrettato a cavalcare anche a Londra l’onda provocata dal colpo di coda francese. La Merkel registrerà il sussulto, ma è dubbio che voglia o possa cambiare qualcosa nelle politiche europee. Vedrà quello che vedono tutti: e cioè che la polemica Francia-Italia-Gran Bretagna è la somma di tre diversi risentimenti. Tutti a vario titolo giustificati, ma insufficienti nel loro insieme a imporre una virata a Berlino. Tanto più che l’ascesa degli anti-euro potrebbe indurre la Cancelliera a indurire l’atteggiamento verso i partner, non ad addolcirlo con il rischio che gli elettori tedeschi la prendano male. Come dire che ognuno recita una parte con la mente rivolta alla politica interna. Renzi su questo terreno non è da meno degli altri. Così nel giorno in cui i mercati si mostrano assai delusi dall’intervento di Draghi, il nostro premier si prepara a un’altra pagina della sua personale battaglia combattuta con un occhio e mezzo all’elettorato. È dubbio che egli riesca a cambiare verso all’Europa, ma certo dopo il passo francese il palcoscenico è più animato.