Per dare ossigeno ai negozi servono incentivi ai consumi

Bruno Villois – Libero

La stagione più difficile per il commercio e i servizi non accenna a modificarsi, ogni azione messa in atto dai vari governi degli ultimi 2 anni, non ha prodotto nulla, anzi si sono innescare illusioni, come quella degli 80 euro che si sono sgonfiate in un batter d’occhio.

Il presidente di Confcommercio, Sangalli, ha lanciato continui inviti ad attivare iniziative pro consumi, che sono stati totalmente inascoltati dalla politica. Le piccole partite Iva sono oltre 5 milioni, commercio e servizi ne raccolgono poco meno della metà, insieme all’artigianato (che al suo interno ha anche la grande maggioranza degli edili) e all’agricoltura costituiscono oltre il 90% del totale. Numeri fondamentali per l’economia reale, che purtroppo, per il mondo politico, contano solo con l’approssimarsi delle scadenze elettorali, superate le quali, vengono totalmente dimenticati, mentre la grande industria, grazie al suo peso economico e al rapporto con i sindacati, ottiene dalla politica ben più attenzioni e sovente favori, le diminuzioni dell’Irap, e del costo dell’energia, sono prettamente di interesse della grande impresa e non certo del commercio, servizi e artigianato, nonostante che i tre settori, tra titolari e lavoratori, rappresentino un numero maggiore di cittadini di quelli espressi dall’industria. Il manifatturiero resta il perno della nostra economia, la grande maggioranza di tali produzioni è esclusivamente indirizzata al mercato interno, purtroppo i nostri consumi, di ogni tipo sono tornati ai livelli di trent’anni fa.

Industria e commercio sono collegati in maniera indissolubile, inutile favorirne la prima se non si sostiene il secondo. Da inizio crisi le chiusure di esercizi commerciali, artigianali e di servizi hanno sfiorato il 20% del totale, oltre 400 mila esercizi, altrettanti sono in sofferenza, in tutti i settori, ma soprattutto abbigliamento, arredi ed elettrodomestici ne sono le vittime principali. Discorso a parte merita l’alimentare, in cui piccoli esercizi hanno cominciato a scomparire, ben prima di inizio crisi e adesso sono rimaste solo vere boutique del cibo collocate nei centri delle grandi città. La grande distribuzione ha fatto piazza pulita, stessa situazione ha riguardato gli ambulanti dei mercati rionali.

A fronte di una così sconvolgente Caporetto del commercio e dei servizi, la politica non ha messo in atto nessuna vera azione a sostegno di un comparto essenziale sia per i cittadini che per i produttori. La pressione fiscale per le Pmi è cresciuta soprattutto a livello locale, con Imu, tassa rifiuti e acqua a tirare la volata, stessa cosa è avvenuta per i contributi previdenziali, in continuo aumento, mentre il lavoro nei migliori casi si è bloccato, nei tanti peggiori, è crollato.

Per ridare ossigeno al commercio servirebbe una incisiva azione a favore dei consumi, uno stimolo a spendere favorito da bonus fiscali concessi ad ogni contribuente sarebbe una manna del cielo. Oggi chi potrebbe fare acquisti, avendo reddito e certezza di occupazione, lo fa sempre meno, perché è disincentivato, grazie a strumenti come lo Spesometro, che fa scattare controlli fiscali a chi intende mettere mano al portafoglio. Una situazione che dovrebbe essere impensabile per uno stato dove il rapporto fiduciario tra cittadino e amministrazione dovrebbe essere alla base del sistema Paese, ma purtroppo così non è.

La deflazione è figlia del crollo dei consumi, il ricorso a continui sconti, saldi, 3×2, sono emergenze a cui ricorrono i commercianti per non essere sopraffatti dall’enormità delle incombenze, di ogni genere, a cui sono soggetti. Il governo per rianimare realisticamente i consumi, ed evitare il definitivo tracollo del commercio e dei servizi, ha solo più l’arma degli incentivi fiscali, un’arma che più passa il tempo e più diminuisce la fiducia per il futuro, rischia anch’essa di diventare spuntata. Agire subito è indispensabile, ogni ulteriore ritardo produrrà altri danni, forse irrecuperabili, al più bel paese del Mondo, che è il nostro.