Quando il caos fiscale non aiuta i consumi

Mauro Meazza – Il Sole 24 Ore

Nel dubbio (fiscale) non spendere: l’accostamento tra incertezze tributarie e flessione dei consumi potrà sembrare azzardato, eppure mai come in questi anni di crisi il Fisco è diventato via via più indecifrabile. Proviamo a fare qualche esempio, limitandoci alla tassazione locale su prime e seconde case. Sappiamo dire, oggi, quanto pagheremo di Tasi? E sappiamo quando pagheremo, se a ottobre oppure a dicembre? E quanto ci chiederanno di Tari? E riusciamo a capire, infine, se la nuova Iuc, l’imposta cosiddetta “unica” comunale, sarà più o meno costosa della (incredibilmente) compianta Ici?

A tutte queste domande, per tutti o per molti di noi, la risposta è sempre no. E sono incognite da centinaia e centinaia di euro, incarognite per di più da regole continuamente in manutenzione. Tanto per confondervi le idee: più di quattromila Comuni (oltre la metà del totale) devono ancora decidere le percentuali di prelievo della nuova tassa sui servizi indivisibili, quella che colpisce anche le prime case (si veda «Il Sole 24 Ore» di lunedì scorso); per la tassa sui rifiuti, quella che ora si chiama Tari, l’importo totale del 2014 si conoscerà a fine settembre; e il conto totale per proprietari di case e inquilini lo scopriremo a dicembre quando finalmente avremo chiare le aliquote e le (eventuali) detrazioni.

Già, le detrazioni. Altra parola gravida di incertezze, questa volta in ambito statale e non più locale: le esigenze di bilancio potrebbero infatti imporre la riduzione degli sconti Irpef (ossia, una buona parte delle cosiddette tax expenditures). E una norma già minacciosamente vigente dà al Governo il potere di intervenire se i tagli alla spesa pubblica improduttiva non fossero sufficienti. Per dirla fuori dal fiscalese: il sollievo oggi concesso dall’Irpef per voci di uso comune, come i farmaci o i mutui casa, potrebbe ridursi dall’attuale 19% a un “19 meno X per cento” (non è un refuso, semplicemente non si conosce la nuova percentuale), per un impatto complessivo fino a 3 miliardi. Se succederà, sarà l’anno prossimo ma intanto, nel dubbio, meglio mettere da parte.

Anche perché a questo quadro potremmo aggiungere le chiacchiere estive su ulteriori contributi di solidarietà a carico delle pensioni o persino la revisione del prelievo sui tabacchi, annunciata per il nuovo anno. E dovremmo poi considerare – se dalle possibili uscite vogliamo passare alle entrate – gli stipendi che crescono al rallentatore (a luglio, come riferiamo qui accanto, l’Istat segnala un 1,1%, il valore più basso dal 1982) o magari gli anni di mancati adeguamenti al costo della vita per i pensionati. Ma vogliamo risparmiare anche noi, almeno sulla pazienza dei lettori: serve già parecchio tempo per stimare quanto mettere da parte per i prossimi debiti tributari. E, se non bastasse un commercialista, potremmo sempre chiedere a un astrologo.