Rapporto Debito/Pil: sui nostri conti pesano i 60 miliardi di contributi dati all’Europa per la stabilità finanziaria degli altri Paesi

NOTA

L’Italia è contributore netto degli strumenti di stabilità finanziaria europei per ben 60 miliardi di euro. Lo rivela un’elaborazione del Centro Studi “ImpresaLavoro” su dati Bankitalia. Negli ultimi 4 anni, infatti, il nostro Paese ha contribuito con 60 miliardi di euro alla creazione e all’avvio dell’EFSF (European Financial Stabilty Facilty) e dell’ESM (European Stability Mechanism): tutte iniziative di cui l’Italia non ha mai usufruito, pur essendo uno dei principali soggetti contributori.
In termini concreti questo ha un impatto rilevante sui nostri conti pubblici: al netto di quei contributi, infatti, il nostro Paese avrebbe oggi un debito di 60 miliardi più basso, con ovvie conseguenze per la finanza pubblica. Innanzitutto un miglior rapporto tra Debito e Pil, che passerebbe dal 131.6% al 127.9% e in secondo luogo un miglioramento del rapporto tra Deficit e Pil che si assesterebbe al 2.9% allontanandosi dalla soglia limite del 3%.
Non si tratta di un mero esercizio contabile perché gli investitori e gli osservatori internazionali guardano il dato numerico del nostro debito e dei suoi rapporti con il Prodotto Interno Lordo e non analizzano la “bontà” di quel debito e la natura che lo ha generato. Senza considerare che, volendo lasciare invariato l’equilibrio tra disavanzo e prodotto interno lordo, si libererebbero 2,16 miliardi di risorse disponibili derivanti da minore spesa per interessi da destinare ad altre finalità.
«Oggi l’Europa è chiamata a validare i nostri conti pubblici – osserva il presidente di “ImpresaLavoro” Massimo Blasoni – ma sarebbe altrettanto importante che, al rigore necessario, si applicasse una buona dose di buonsenso: non si può ignorare il fatto che l’Italia, con un debito pubblico consistente e una ripresa difficile da agganciare, stia contribuendo più che proporzionalmente rispetto alle sue possibilità a strumenti di solidarietà economica tra Paesi da cui non ricava nessun beneficio».

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