Renzi diventa il leader del rinvio

Laura Della Pasqua – Il Tempo

Dopo l’accelerazione il rinvio. Non volendo ammettere di aver abbondato nelle promesse e di non riuscire a mantenerle, Renzi non fa altro che spostare in avanti il traguardo delle riforme. Il piatto forte della legislatura avrebbe dovuto essere il decreto Sblocca Italia salvo scoprire, alla vigilia del Consiglio dei ministri, che i soldi in cassa non ci sono. Se ne riparlerà con la legge di Stabilità, è il ritornello che Renzi e la sua squadra di governo continuano a ripetere mostrando anche un certo fastidio se qualcuno gli ricorda che avevano prospettato ben altri ritmi.

A furia di rinviare e di accantonare provvedimenti che avrebbero dovuto essere prioritari per il rilancio dell’economia, la legge di Stabilità si è trasformata in un imbuto. Ma se ora i soldi per finanziare le riforme mancano e se finora nessuno ha avuto il coraggio di attuare i tagli suggeriti dal commissario alla spending review Cottarelli, sarà difficile trovare entrambi nel giro di poche settimane. La legge di Stabilità va presentata a Bruxelles il 15 ottobre e quindi va varata dal Consiglio dei ministri qualche giorno prima. Quindi Renzi ha a disposizione poco più di un mese per dare consistenza alla manovra economica. Questa, secondo la logica del rinvio, dovrebbe contenere tagli alla spesa pubblica per 17 miliardi per il 2015 che dovrebbero addirittura diventare 32 nel 2016. Un’impresa ardua.

Dovrebbe rientrare nella legge di Stabilità anche l’ampliamento della platea di chi ha diritto al bonus da 80 euro. Renzi aveva promesso che l’avrebbero avuto anche i pensionati, gli incapienti (reddito sotto gli 8 mila euro). Inoltre, altra promessa, la soglia del reddito sarebbe stata portata fino a 50mila euro l’anno. Ma questo vorrebbe dire un conto che oscilla tra 1,5 e 2 miliardi.

Rinviato anche il Jobs Act. Potrebbe vedere la luce entro la fine dell’anno. Renzi questa volta durante la conferenza stampa per il decreto Sblocca Italia, si è ben guardato dall’indicare una data precisa. Ma non doveva essere una priorità?

Slitta anche il provvedimento per i 4 mila lavoratori della scuola con quota 96, che non sono potuti andare in pensione a causa della riforma Fornero. Doveva occuparsene la riforma della pubblica amministrazione, poi il governo disse che forse con il pacchetto di misure sulla scuola si sarebbe trovata una via d’uscita. Oggi Renzi presenterà solo alcune linee guida sulla riforma della scuola e l’anno scolastico sta per cominciare.

Rinviata alla legge di Stabilità anche la regolarizzazione dei centomila precari della scuola. Uno slittamento determinato dalla mancanza di risorse. Come trovarle nel giro di un mese?

Nella manovra economica dovremmo trovare quella parte del piano casa che il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi non è riuscito ad inserire, per il solito problema di fondi, nello Sblocca Italia. Si tratta del rinnovo dell’ecobonus (lo sgravio Irpef del 65%) per le riqualificazioni energetiche degli edifici.

Rinviata al dibattito parlamentare la norma che prevede la deducibilità ai fini Irpef di una percentuale pari al 15% del prezzo di acquisto dell’immobile fino ad una soglia massima di 100mila euro. Il provvedimento è stato inserito all’interno del decreto Sblocca Italia ma con la clausola «salvo intese»: questo significa che dovrà essere ancora esaminata in Parlamento la sua opportunità di una sua applicazione alla luce delle coperture finanziarie disponibili.

Nulla di fatto ancora per il taglio delle municipalizzate. Anche in questo caso dovrà essere la legge di Stabilità ad occuparsene. Il commissario Cottarelli ha da tempo pronto tutto il piano ma l’operazione è apparsa subito molto difficile per la resistenza delle amministrazioni. Tant’è che Cottarelli ha suggerito di introdurre un meccanismo di sanzioni per colpire le partecipate recalcitranti all’abolizione. Il commissario ha addirittura prospettato la chiusura già nel 2015 di duemila municipalizzate. Infine sono slittati i tempi perla riforma della giustizia penale e per la legge elettorale. Sull’«annuncite» di Renzi è intervenuto D’Alema: il vocabolo non è un neologismo. L’Italia ne ha sofferto moltissimo: nel corso dei governi di Berlusconi era un’attività costante.