Renzi escluso dal tavolo Grecia, l’Ue ci gira un conto da 40 miliardi

Davide Giacalone – Libero

È grave che l’Italia sia stata esclusa dal vertice europeo sulla situazione greca. Sono ridicoli quelli che vogliono sempre andare a battere i pugni da qualche parte, ma la nostra esclusione ha a che vedere con interessi vitali del Paese, mica con questioni d’etichetta o fasulla prosopopea. Il fatto che si siano visti i capi dei governi francese e tedesco, assieme ai vertici della Banca centrale europea e del Fondo monetario inoltre, non trova legittimità in alcun trattato europeo. In attesa di aggiornarli si dovrebbe rispettarli.

Qualche numero è utile a capire la nostra posizione, nonché l’inaccettabilità dell’esclusione. Il debito greco ammonta a 330 miliardi di euro. Il 60% è detenuto da fondi europei Efsf ed Esm. L’8% dalla Bce. Il 5% sono altri prestiti. Il 12% dal Fmi. Sommando le prime tre voci si arriva al 73%. Noi italiani siamo i terzi contributori di quei fondi e di quelle istituzioni, giacché si paga in ragione del prodotto interno lordo (Germania 27, Francia 20, Italia 18%). Già questo basterebbe e avanzerebbe per essere invitati non a colazione, ma a parlare di una Grecia la cui sorte ci riguarda tutti. Ma questi dati sono in parte ingannevoli, perché l’Italia è si il terzo creditore, ma, forse, è il primo netto.

Al momento del primo default greco (2010) i sistemi bancari erano cosi esposti rispetto al montante del debito greco: Germania 42%, Francia 32, Olanda 11, Belgio 8 e Italia 5. Quei titoli del debito greco non venivano acquistati per generosità, ma perché ad alto rendimento. Si pensava senza rischio, sbagliando alla grande. A quel punto i più esposti gridarono aiuto, altrimenti sarebbe saltato il sistema bancario europeo. Il primo fondo di salvezza (Efsm) fu finanziato con il meccanismo solito, quindi noi pagammo per il 18 del totale, essendo esposti per il 5%. Si disse che era sperimentale, ma poi quella regola restò. Quindi: sì, siamo i terzi creditori, ma considerato che il primo e il secondo sono quelli che hanno preso più soldi per le loro banche, è probabile si sia i primi netti. E stiamo fuori dall’uscio?

Poi c’è l’altra faccia della medaglia, ovvero il nostro mostruoso debito pubblico. Che è una colpa, Però è anche la ragione per cui siamo più interessati di altri. Il risalire degli spread (nonostante la morfina Bce) lo paghiamo noi più di tutti. E va anche detto che dal 2008 al 2013 l’incremento del valore monetario del nostro debito è stato del 24%, mentre quello tedesco è cresciuto del 30 e quello francese del 44. Il che contribuisce (solo in parte) a capire come abbiamo fatto ad avere la recessione più lunga e dura.

Dunque: sulla base di quale superiorità politica e in virtù di quale articolo dei trattati due governi europei trattano come cosa loro un problema collettivo? Hanno ricevuto un mandato? Da chi? Considerato che al tavolo sedevano una istituzione internazionale (Fmi) e due europee (Bce e Commissione), si sono prese decisioni, o anche solo orientamenti? Perché la loro legittimità non sarebbe dubbia, bensì inesistente. Dopo due guerre mondiali l’asse franco-­tedesco fu un bene, ma dopo la nascita dell’Unione europea e dell’euro (in particolare), quell’esclusività sa di usurpazione. Non è un modo per rendere più dinamica e autorevole l’Unione, ma per garantirsi l’esatto contrario, alimentando il vittimismo na­ zionalista di quanti si sentono prede della forza teutonica. Dall’Italia si lanciano appelli, a cominciare da quello del Presidente della Repubblica, affinché gli inglesi anticipino il loro referendum sull’Ue, previsto per il 2017. Ma perché? Capisco lo facciano francesi, spagnoli e tedeschi, che hanno varie scadenze elettorali, ma a noi converrebbe il contrario: usare la pendenza di quell’arma (così concepita dagli inglesi) per innescare negoziati seri e rivedere quel che non va nell’ingranaggio europeo. Si può essere per la fine dell’Ue e l’uscita dall’euro. Trovo siano errori, ma ne capisco il senso (temendo che sfugga a chi li propone). Da europeista, però, vedo quel che s’è inceppato e so per certo che se non riparato porterà tutto alla rovina, sicché, quando si tengono riunioni come quella di Berlino, mi domando se c’è ancora un governo italiano e se pensa, con calma, di dovere dire qualche cosa. Anche per non dare l’impressione che si taccia per avere indietro l’elemosina dell’elasticità sui conti, ovvero un favore da somari che aiuta il governo in quel momento in carica senza essere di alcuna utilità all’Italia.