Semplificare a metà non serve allo sviluppo

Dino Pesole – Il Sole 24 Ore

Nel suo ultimo rapporto «Going for growth», l’Ocse invita il nostro paese a migliorare l’efficienza della struttura del fisco semplificando le norme e combattendo l’evasione. E al tema delle semplificazioni è dedicato proprio il primo decreto attuativo della delega fiscale, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri lo scorso 20 giugno e attualmente all’esame delle competenti commissioni parlamentari. Apprezzabile l’intento, poiché è del tutto evidente che un fisco più semplice e a «misura di contribuente» è la precondizione per accrescere quella che i tecnici definiscono la «tax compliance», vale a dire l’adesione spontanea all’obbligo tributario. Potente antidoto antievasione, al tempo stesso, almeno di quella fetta di evasione che sicuramente va imputata a un sistema fiscale complesso e caratterizzato da un eccesso di adempimenti. Se l’obbligo tributario si trasforma in una corsa a ostacoli per i contribuenti onesti, in un confuso e contraddittorio rincorrersi di norme, accresce la propensione ad evadere.
La semplificazione fiscale è in effetti la madre delle riforme fiscali. Presuppone in primo luogo che i relativi decreti legislativi vengano attuati pienamente, ed è questa – come del resto per gran parte della legislazione primaria – l’incognita maggiore. Senza un’attenta vigilanza, senza un monitoraggio costante dell’intero processo attuativo (a partire dai regolamenti), anche i più apprezzabili intenti di snellimento di adempimenti e procedure rischiano di non produrre gli effetti sperati. Pare quindi quanto mai opportuno l’invito, rivolto ieri da Andrea Bolla, presidente del Comitato tecnico per il Fisco di Confindustria, in un passaggio dell’audizione davanti alla Commissione Finanze del Senato: per semplificare il sistema fiscale non basta eliminare adempimenti inutili o razionalizzare quelli onerosi, occorre una normativa lineare, coerente e di facile interpretazione. In questa direzione dovranno muoversi gli ulteriori decreti delegati, a partire da quelli sui temi della stabilità e certezza del diritto relativi, in particolare, alla revisione del sistema sanzionatorio e alla necessità di introdurre una norma generale che definisca l’abuso di diritto.
Se – come ha documentato il Sole 24Ore – la mancata attuazione delle riforme costa almeno 5 miliardi, di certo le semplificazioni fiscali consentirebbero di accrescere la base imponibile, sia per effetto dell’accresciuta tax compliance che grazie al recupero implicito di evasione. L’intera partita delle semplificazioni amministrative, se effettivamente si traducesse nell’eliminazione dei vincoli che soffocano l’intero sistema imprenditoriale, di certo immetterebbe linfa finale nel motore inceppato della crescita. È lo stesso Governo, nel «Programma nazionale di riforma» presentato a Bruxelles lo scorso aprile, a indicare nello 0,8% l’effetto sul Pil delle misure di semplificazione e liberalizzazioni nel 2015, che salirebbero al 2,2% nel 2020 e al 4,5% nelle stime di «lungo periodo».
All’interno di questo percorso, le semplificazioni fiscali giocano un ruolo determinante. Rendere meno complessi gli adempimenti fiscali per famiglie e imprese – si legge nel «Pnr» – «è la precondizione per un riavvicinamento del fisco ai cittadini». Nel 2015 partirà in via sperimentale la trasmissione diretta del 730 precompilati, che di certo semplificherà la vita a milioni di contribuenti persone fisiche, ma che rischia – come ha rilevato Bolla – di complicare quella delle persone giuridiche («occhio che queste norme non implichino maggiori oneri per i sostituti d’imposta»). Un motivo in più per vigilare attentamente su tutti gli aspetti e le implicazioni delle novità in arrivo.
Perché le semplificazioni producano pienamente i propri effetti, occorre un’amministrazione pronta ed efficiente. Non a caso fin dal 1965, in vista del varo della «grande riforma» del 1973, un personaggio del calibro di Cesare Cosciani ammoniva: «Rimontare la corrente che ha portato gli uffici in tale delicata situazione è opera difficile, paziente, lunga e ingrata per il ministro che deve attuarla. Ma è il presupposto per ogni riforma». Come dire che reiterati interventi legislativi possono anche naufragare, se non sostenuti da una profonda riorganizzazione della macchina fiscale. Strada imboccata alla fine degli anni Novanta con la nascita delle Agenzie, e che ora va ulteriormente rafforzata.