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Efficienza del mercato del lavoro: Italia terz’ultima in Europa

Efficienza del mercato del lavoro: Italia terz’ultima in Europa

Il mercato del lavoro italiano è terz’ultimo per efficienza tra i 28 membri dell’Unione europea e 90esimo su 141 Paesi censiti nel mondo. Nell’ultimo anno perde ben 11 posizioni nella graduatoria internazionale e una in quella europea, ma soprattutto in termini di efficienza ed efficacia si colloca ancora dietro a quello di Paesi come Nigeria, Perù e Uruguay. Lo rivela un’elaborazione del Centro Studi ImpresaLavoro sulla base dei dati contenuti nel recentissimo “Global Competitiveness Report 2019-2020” pubblicato dal World Economic Forum.
L’indicatore dell’efficienza è un aggregato di più voci che bene evidenziano le difficoltà che il nostro mercato del lavoro attraversa. I principali indicatori analizzati ci pongono ormai da anni agli ultimi posti per efficacia nel mondo e, quasi sempre, nelle retrovie della classifica europea.

Per quanto concerne ad esempio la collaborazione nelle relazioni tra lavoratori e datore di lavoro siamo al 114esimo posto al mondo e penultimi tra i Paesi dell’Europa a 28 (ai primi tre posti ci sono Danimarca, Paesi Bassi e Lussemburgo). Nella classifica europea perdiamo quindi una posizione rispetto all’anno precedente. Siamo invece al 135esimo posto al mondo e diventiamo penultimi in Europa (perdendo anche qui una posizione rispetto all’anno precedente) per flessibilità nella determinazione dei salari, intendendo con questo che a prevalere è ancora una contrattazione centralizzata a discapito di un modello che incentiva maggiormente impresa e lavoratore ad accordarsi. E proprio in tema di retribuzioni rimaniamo anche quest’anno il peggior Paese europeo (nonché 130esimo nel mondo) per capacità di legare lo stipendio all’effettiva produttività. Dati questi che vanno letti assieme a quelli sugli effetti dell’alta tassazione sul lavoro: in Europa siamo 20esimi (ma 130esimi nel mondo) per quanto riguarda l’effetto della pressione fiscale sul lavoro (facciamo molto peggio di Paesi come la Danimarca, il Regno Unito e la Slovenia). Su questo indicatore il peggioramento rispetto all’anno precedente è netto: in Europa scendiamo verso il basso infatti di altre 8 posizioni rispetto al 2018. Anche la scarsa efficienza nelle modalità di assunzione e licenziamento mette in luce l’arretratezza del nostro Paese: per quanto riguarda questo aspetto siamo 127esimi al mondo e perdiamo ben due posizioni in Europa (adesso siamo terz’ultimi). Infine, un altro indicatore da considerare è quello che riguarda l’efficienza e l’efficacia delle politiche attive per il lavoro, dove ci collochiamo addirittura all’ultimo posto in Europa (99esimi al mondo).

«Il nostro mercato del lavoro – commenta l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro – contiene difetti strutturali che possono essere risolti solo con politiche di medio-lungo periodo. Occorre favorire un processo di innovazione sul versante della contrattazione e della produttività, incoraggiando contratti di prossimità e un maggior rapporto tra salari e produttività, anche e soprattutto attraverso regimi fiscali di favore nei confronti di accordi che premiano risultati ed efficienza».

Lufthansa ritorna al posto di Delta per fare di Alitalia uno spezzatino

Lufthansa ritorna al posto di Delta per fare di Alitalia uno spezzatino

Questa settimana verrà ricordata come una delle più difficili per il mercato del lavoro italiano. In prima fila ci sono i problemi di Alitalia. Ieri piloti e assistenti hanno scioperato per 24 ore. La Fnta, federazione che riunisce i lavoratori aderenti ad Anpac, Anpav e Anp, ha indetto la manifestazione nella speranza che si trovi una soluzione per salvare l’ex compagnia di bandiera, una speranza arriverebbe da Lufthansa. Due giorni fa la compagnia tedesca avrebbe inviato una lettera a ministero dello Sviluppo economico e Ferrovie dello Stato nella quale si proporrebbe come alternativa all’americana Delta. Non si tratterebbe però di ingresso nel capitale azionario ma di una forte partnership commerciale. Il che lascerebbe pensare che il contraltare sarebbe un drastico taglio del personale e alla necessità di una nuova iniezione di capitale pubblico.

Eventualità che contribuisce ad alzare la tensione, se non bastassero gli altri scioperi come quello dei lavoratori della Embraco. Gli operai hanno manifestato bloccando la rotonda che da Riva di Chieri porta verso la fabbrica nella speranza di trovare un piano alterativo a quello della Venture che ha rilevato l’azienda. I cinoisraeliani della Venture non stanno infatti riuscendo a rispettare gli impegni presi e sembrano non avere le risorse finanziarie per dare corso al piano che prevede la produzione di robottini per pulire i pannelli solari, dispenser dell’acqua, e-bike e giocattoli, Non va meglio ai lavoratori della Whirlpool. Pochi giorni fa anche loro hanno protestato nella speranza di impedire la cessione dello stabilimento di Napoli, mentre ieri hanno incontrato il premier Giuseppe Conte. È chiaro dunque che il ministro Stefano Patuanelli che guida il dicastero dello Sviluppo economico al momento abbia diverse gatte da pelare e che dovrà comprendere che i sussidi sono destinati solo a prolungare l’agonia. «11 nostro mercato del lavoro», spiega l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro, «contiene difetti strutturali che possono essere risolti solo con politiche di medio-lungo periodo. Occorre favorire un processo di innovazione sul versante della contrattazione e della produttività, incoraggiando contratti di prossimità e un maggior rapporto tra salari e produttività. Va detto però che non è solo colpa delle politiche del Mise. Il vero problema è che il mercato del lavoro italiano è fermo al palo da troppi anni. A tracciare una fotografia di questa situazione che si protrae da tempo ci pensa un elaborazione del Centro Studi ImpresaLavoro sulla base dei dati contenuti nel recentissimo «Global competitiveness report 2019-2020» pubblicato dal World Economic Forum. Dall’indagine che misura l’efficienza del mercato del lavoro, emerge che l Italia è terz’ultima in classifica tra i 28 Paesi membri dell Unione europea e novantesima su 141 Paesi censiti nel mondo. L’indicatore dell’efficienza è un aggregato di più voci che bene evidenziano le difficoltà che il nostro mercato del lavoro attraversa. Per quanto concerne, ad esempio, la collaborazione nelle relazioni tra lavoratori e datore di lavoro siamo in cento quattordicesima posizione al mondo e penultimi tra i Paesi dell Europa a 28 {ai primi tre posti ci sono Danimarca, Paesi Bassi e Lussemburgo). Nella classifica Ue abbiamo dunque perso una posizione rispetto al 2018, Siamo invece al cento trentacinquesimo esimo posto al mondo e diventiamo penultimi in Europa (perdendo anche qui una posizione rispetto all’anno precedente} per flessibilità nella determinazione dei salari. In parole povere, ciò significa che spesso i nostri contratti sono spesso frutto di accordi di categoria e quasi mai sono il risultato di un dialogo tra impresa e lavoratore. Dove però l’Italia é particolarmente carente è nella capacità di legare lo stipendio all’effettiva produttività. Su questo punto siamo l’ultimo Paese tra i 28 dell Ue e alla posizione 130 al mondo. In pratica, i datori di lavoro non riescono a premiare i professionisti più produttivi. Non va meglio se si guarda all’effetto della pressione fiscale sul lavoro (facciamo molto peggio di Danimarca e Regno Unito). Su questo indicatore il peggioramento rispetto al 2018 è netto, in Europa scendiamo verso il basso di altre otto posizioni.
Anche la scarsa efficienza nelle modalità di assunzione e licenziamento mette in luce l’arretratezza del nostro Paese: per quanto riguarda questo aspetto siamo alla posizione 127 al mondo e perdiamo ben due posti in Europa (adesso siamo terzultimi). Infine, un altro indicatore da considerare e quello che riguarda l efficienza e l efficacia delle politiche attive per il lavoro, dove ci collochiamo addirittura all’ultimo posto in Europa (al mondo siamo alla posizione 99).

Efficienza del mercato del lavoro: Italia quart’ultima in Europa

Efficienza del mercato del lavoro: Italia quart’ultima in Europa

Il mercato del lavoro italiano è quart’ultimo per efficienza tra i 28 membri dell’Unione europea e 79esimo su 140 censiti nel mondo. Pur guadagnando nell’ultimo anno ben 37 posizioni nella graduatoria internazionale e 3 in quella europea, in termini di efficienza ed efficacia si colloca ancora dietro a quello di Paesi come Perù, Nigeria, India e Uruguay. Lo rivela un’elaborazione del Centro Studi ImpresaLavoro sulla base dei dati contenuti nel “The Global Competitiveness Report 2018-2019” pubblicato dal World Economic Forum.

L’indicatore dell’efficienza è un aggregato di più voci che bene evidenziano le difficoltà che il nostro mercato del lavoro attraversa, nonostante il miglioramento registrato negli ultimi anni. Inoltre, i principali indicatori analizzati ci pongono agli ultimi posti per efficacia nel mondo e, quasi sempre, nelle retrovie della classifica europea.

Per quanto concerne ad esempio la collaborazione nelle relazioni tra lavoratori e datore di lavoro siamo al 114esimo posto al mondo e terz’ultimi tra i Paesi dell’Europa a 28 (ai primi tre posti ci sono Paesi Bassi, Danimarca e Lussemburgo). Nella classifica europea perdiamo quindi una posizione rispetto all’anno precedente. Siamo invece al 135esimo posto al mondo e restiamo terz’ultimi in Europa per flessibilità nella determinazione dei salari, intendendo con questo che a prevalere è ancora una contrattazione centralizzata a discapito di un modello che incentiva maggiormente impresa e lavoratore ad accordarsi. E proprio in tema di retribuzioni rimaniamo anche quest’anno il peggior Paese europeo (nonché 127esimo nel mondo) per capacità di legare lo stipendio all’effettiva produttività. Dati questi che vanno letti assieme a quelli sugli effetti dell’alta tassazione sul lavoro: in Europa siamo 12esimi (ma 100esimi nel mondo) per quanto riguarda l’effetto della pressione fiscale sul lavoro (facciamo molto peggio di Paesi come la Danimarca, il Regno Unito e la Slovenia). Anche la scarsa efficienza nelle modalità di assunzione e licenziamento mette in luce l’arretratezza del nostro Paese: per quanto riguarda questo aspetto guadagniamo due posizioni nel mondo (siamo 125esimi) e una in Europa (adesso siamo quint’ultimi). Altri due indicatori da considerare sono l’efficienza e l’efficacia delle politiche attive per il lavoro, dove ci collochiamo addirittura all’ultimo posto in Europa (97esimi al mondo), e la partecipazione femminile al mercato del lavoro dove ci aggiudichiamo solamente il terz’ultimo posto della classifica europea (60esimi al mondo).

«Il nostro mercato del lavoro – commenta l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro – contiene difetti strutturali che possono essere risolti solo con politiche di medio-lungo periodo. Occorre favorire un processo di innovazione sul versante della contrattazione e della produttività, incoraggiando contratti di prossimità e un maggior rapporto tra salari e produttività, anche e soprattutto attraverso regimi fiscali di favore nei confronti di accordi che premiano risultati ed efficienza».

Sul lavoro Italia ancora in ritardo

Sul lavoro Italia ancora in ritardo

di Massimo Blasoni

Il mercato del lavoro è in grande mutamento. L’innovazione tecnologica rende già oggi molte professioni automatizzabili e la rivoluzione digitale cambia molti dei modelli a cui eravamo abituati. Purtroppo da noi le regole sull’occupazione continuano invece a restare rigide. A sottolineare questo e altri aspetti sono i dati appena pubblicati nel report annuale del World Economic Forum.

Relativamente all’efficienza del mercato del lavoro, su 140 Paesi censiti risultiamo 79esimi al mondo e quart’ultimi in Europa. Per quanto riguarda la collaborazione tra impresa e lavoratore e il legame tra salari e produttività, il report ci attribuisce un ranking pessimo a livello europeo, inferiore a quello di Portogallo e Polonia. Ci collochiamo oltre il centesimo posto anche quanto alla facilità nelle pratiche di assunzione. I nostri contratti restano poi più parametrati alla quantità di tempo impiegata dal lavoratore che non al numero e all’efficienza delle prestazioni rese in quel medesimo tempo.

La scarsa flessibilità nella determinazione dei salari si accompagna inoltre a un’elevata tassazione del lavoro: il cuneo fiscale ci schiaccia al 100esimo posto su 140. Non dobbiamo quindi sorprenderci se non riusciamo a trattenere i nostri talenti né tantomeno a attrarne di nuovi.

Si potrebbe sospettare che l’autorevole studio del WEF sia troppo severo ma la bassa crescita dell’occupazione in Italia rispetto al 2007 (ultimo anno pre-crisi) conferma purtroppo le sue analisi. È vero che rispetto ad allora abbiamo 130mila occupati in più ma questo dato impallidisce di fronte all’aumento, nello stesso periodo di tempo, dei lavoratori in Germania (+2 milioni e 300 mila) e in Gran Bretagna (+1 milione e 600 mila).

Possiamo consolarci osservando come rispetto all’anno scorso il nostro mercato del lavoro abbia scalato, in termini di efficienza ed efficacia, 37 posizioni nella graduatoria internazionale e 3 in quella europea. È senz’altro una nota positiva, ma molto resta ancora da fare.

Lavoro: mercato italiano ancora ultimo per efficienza in Europa

Lavoro: mercato italiano ancora ultimo per efficienza in Europa

Il mercato del lavoro italiano è ultimo per efficienza in Europa e 119esimo su 138 censiti nel mondo. In termini di efficienza ed efficacia si colloca infatti subito dopo quello dell’Honduras, del Brasile, dell’Isola di Capo Verde e del Kuwait. Lo rivela un’elaborazione del Centro Studi ImpresaLavoro sulla base dei dati contenuti nel “The Global Competitiveness Report 2016-2017” pubblicato dal World Economic Forum.

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Il Jobs Act continua ad avere un impatto positivo sulla complessiva performance del nostro sistema: anche nell’ultimo anno l’efficienza del nostro mercato del lavoro è migliorata a livello mondiale, passando dalla 126esima alla 119esima posizione. Nonostante questo segnale positivo, però, il nostro continua a restare il mercato del lavoro meno efficiente tra i 28 paesi dell’Unione Europea.
L’indicatore dell’efficienza è un aggregato di più voci che bene evidenziano le difficoltà che il nostro mercato del lavoro attraversa, nonostante il lieve miglioramento registrato negli ultimi due anni. Inoltre, i principali indicatori analizzati ci pongono agli ultimi posti per efficacia nel mondo e, quasi sempre, nelle retrovie della classifica europea.

Per quanto concerne ad esempio la collaborazione nelle relazioni tra lavoratori e datore di lavoro siamo al 111mo posto al mondo e penultimi tra i Paesi dell’Europa a 28 (ai primi tre posti ci sono Danimarca, Svezia e Olanda). Siamo invece al 131esimo posto al mondo e quart’ultimi in Europa per flessibilità nella determinazione dei salari, intendendo con questo che a prevalere è ancora una contrattazione centralizzata a discapito di un modello che incentiva maggiormente impresa e lavoratore ad accordarsi. E proprio in tema di retribuzioni siamo il peggior Paese europeo (nonché 127esimo nel mondo) per capacità di legare lo stipendio all’effettiva produttività. Dati questi che vanno letti assieme a quelli sugli effetti dell’alta tassazione sul lavoro: in Europa siamo 22esimi (e 130esimi nel mondo) per quanto riguarda l’effetto della pressione fiscale sull’incentivo al lavoro (facciamo peggio di Paesi come Lituania, Polonia e Portogallo). Anche la scarsa efficienza nelle modalità di assunzione e licenziamento mette in luce l’arretratezza del nostro Paese: per quanto riguarda questo aspetto siamo 124esimi nel mondo e quart’ultimi in Europa, mentre recuperiamo qualche posizione con riferimento alla capacità di trattenere talenti (107esimi nel mondo e 21esimi in Europa) e di attrarre talenti (105esimi nel mondo e 18esimi in Europa).

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«Il nostro mercato del lavoro – commenta Massimo Blasoni, imprenditore e presidente del Centro studi ImpresaLavoro – ha certamente difetti strutturali che possono essere risolti solo con politiche di medio-lungo periodo. Il Jobs Act ha invertito la tendenza all’irrigidimento delle regole che si era verificata con la cosiddetta Riforma Fornero, generando un positivo effetto sulla nostra competitività. Adesso è importante favorire un processo di innovazione anche sul versante della contrattazione e della produttività, incoraggiando contratti di prossimità e un maggior rapporto tra salari e produttività, anche e soprattutto attraverso regimi fiscali di favore nei confronti di accordi che premiano risultati ed efficienza».

 

Efficienza del mercato del lavoro: Italia ancora ultima in Europa

Efficienza del mercato del lavoro: Italia ancora ultima in Europa

Il mercato del lavoro italiano è ultimo per efficienza in Europa e 126esimo su 140 censiti nel mondo. In termini di efficienza ed efficacia si colloca infatti subito dopo quello del Marocco, di El Salvador e dell’Isola di Capo Verde e a un livello leggermente superiore a quelli di Turchia, Uruguay e Bolivia. Lo rivela un’elaborazione del Centro Studi ImpresaLavoro sulla base degli dati contenuti nel “The Global Competitiveness Report 2015-2016” pubblicato dal World Economic Forum.

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Il Jobs Act ha avuto un impatto certamente positivo sulla complessiva performance del nostro sistema: lo stesso rapporto segnala, infatti, che proprio grazie alla riforma del mercato del lavoro la competitività complessiva dell’economia italiana migliora. L’efficienza del nostro mercato del lavoro migliora a livello mondiale di dieci posizioni in un anno, passando dalla 136esima alla 126esima posizione. Nonostante questo segnale positivo, però, il nostro continua ad essere il mercato del lavoro meno efficiente tra i 28 paesi dell’Unione Europea.
L’indicatore dell’efficienza è un aggregato di più voci che bene evidenziano le difficoltà che il nostro sistema attraversa e rendono plasticamente l’idea del peggioramento delle condizioni del nostro mercato del lavoro negli ultimi tre anni. Inoltre, i principali indicatori analizzati ci pongono agli ultimi posti per efficacia nel mondo e, quasi sempre, all’ultimo posto in Europa.
Per quanto concerne ad esempio la collaborazione nelle relazioni tra lavoratori e datore di lavoro siamo al 127mo posto al mondo e penultimi tra i Paesi dell’Europa a 28 (ai primi tre posti ci sono Danimarca, Austria e Svezia). Siamo invece al 134esimo posto al mondo e terz’ultimi in Europa per flessibilità nella determinazione dei salari, intendendo con questo che a prevalere è ancora una contrattazione centralizzata a discapito di un modello che incentiva maggiormente impresa e lavoratore ad accordarsi. E proprio in tema di retribuzioni siamo il peggior Paese europeo (nonché 131esimo nel mondo) per capacità di legare lo stipendio all’effettiva produttività. Dati questi che vanno letti assieme a quelli sugli effetti dell’alta tassazione sul lavoro: in Europa soltanto la Slovenia fa peggio di noi sia per quanto riguarda l’effetto della pressione fiscale sull’incentivo al lavoro sia per l’efficienza nelle modalità di assunzione e licenziamento. Anche la qualità del personale impiegato mette in luce l’arretratezza del nostro Paese: siamo 119esimi nel mondo e ultimi in Europa per la capacità di affidare posizioni manageriali in base al merito e non invece a criteri poco trasparenti (amicizia, parentela, raccomandazione) mentre recuperiamo qualche posizione con riferimento alla capacità di trattenere talenti (113esimi nel mondo e 22esimi in Europa) e di attrarre talenti (115esimi nel mondo e 20esimi in Europa).

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«Il nostro mercato del lavoro – commenta Massimo Blasoni, presidente di “ImpresaLavoro”- ha certamente difetti strutturali che possono essere risolti solo con politiche di medio-lungo periodo. Il Jobs Act ha invertito la tendenza all’irrigidimento delle regole che si era verificata con la cosiddetta Riforma Fornero e abbiamo visto come modifiche che si applicano solo ai nuovi assunti, quindi ad una platea tutto sommato ristretta, abbiamo già generato un positivo effetto sulla nostra competitività. Con più coraggio si sarebbe potuto estendere la nuova disciplina anche ai contratti in essere e al pubblico impiego, avvicinando il nostro mercato del lavoro a quello dei paesi più avanzati e dinamici. Ora – conclude Blasoni – è importante favorire un processo di innovazione anche sul versante della contrattazione e della produttività, incoraggiando contratti di prossimità e un maggior rapporto tra salari e produttività, anche e soprattutto attraverso regimi fiscali di favore nei confronti di accordi che premiano risultati ed efficienza”.