Sanità digitale, senza investimenti impossibile colmare il gap con l’Europa

di Marcello Longo – AboutPharma

Si fa presto a parlare di “rivoluzione digitale” per la sanità italiana. Ma abbiamo fatto bene i conti? C’è un ampio gap fra noi e l’Europa, per colmarlo servono investimenti. Molte più risorse di quante se ne investano oggi: da due a 7,8 miliardi in più entro il 2020, per una spesa complessiva fra i 9,5 e i 15,2 miliardi di euro. A ipotizzare queste cifre è uno studio presentato a luglio da Censis e Centro Studi ImpresaLavoro.

Una forbice così ampia dipende dalla percentuale di spesa per eHealth sul totale della spesa sanitaria pubblica che ci si pone come obiettivo: i numeri si basano infatti su tre scenari diversi – con percentuali dal 2 fino al 4% sul totale della spesa sanitaria – proiettati nell’arco temporale 2016-2020. Dal primo al terzo, scenari che appaiono oggi tutti molto ambiziosi, visto lo stato dell’arte: il processo di digitalizzazione della sanità italiana è in netto ritardo rispetto alla maggioranza dei Paesi Ue e le performance insufficienti rispecchiano il basso livello di spesa eHealth dell’Italia, pari nel 2015 all’1,2% della spesa sanitaria pubblica, rispetto alla media che oscilla fra il 2 e il 3%, con punte vicine al 4% in Paesi come Finlandia e Regno Unito. Dati comunque al di sotto delle previsioni ottimistiche del Piano d’azione Ue per la sanità elettronica del 2004, dove si diceva che la spesa per l’eHealth avrebbe assorbito “il 5% del bilancio complessivo della sanità dei 25 Stati membri”. Non a caso, la versione più recente del Piano (2012-2020) non indica previsioni in merito.

Gli scenari ipotizzati dallo studio mostrano l’impegno finanziario aggiuntivo richiesto al Servizio sanitario nazionale (Ssn) per stare al passo con i Paesi europei più avanzati in questo settore rispetto al tendenziale della spesa per eHealth così come risulterebbe dalla serie storica 2010-2015. Per il calcolo del fabbisogno finanziario eHealth tendenziale sono state utilizzate le stime del ministero dell’Economia e delle finanze (Mef) sul Pil e sulla spesa sanitaria pubblica al 2019. Senza interventi ad boc e quindi “a invarianza di politiche pubbliclic per la sanità digitale”, l’incidenza della spesa eHealth sulla spesa sanitaria totale crescerà nel 2020, ma non andrà oltre l’1,36%, pari a un fabbisogno finanziario cumulato di 7.483 milioni di euro.

Il primo scenario dello studio, di tipo più “conservativo”, ipotizza il raggiungimento entro il 2020 di un target del 2% di spesa eHealth sulla spesa sanitaria pubblica: in questo caso al Ssn si richiederebbe di soddisfare un fabbisogno finanziario cumulato 2016-2020 per la sanità digítale di 9.559 milioni di euro, con un investimento aggiuntivo cumulato pari a 2.076 milioni di curo.

Il secondo scenario ipotizza un target intermedio pari al 3%: il fabbisogno finanziario 2016-2020 arriverebbe a 12.503 milioni, con un investimento aggiuntivo cumulato richiesto alle politiche pubbliche pari a 5.021 milioni di euro.

Il terzo scenario prende in esame un target più espansivo (4%), come indicazione di un “deciso salto di qualità” dell’impegno pubblico nel settore: il fabbisogno finanziario 2016-2020 sarebbe pari a 15.243milioni di euro, con un investimento aggiuntivo richiesto di 7.767 milioni. Soltanto in questo caso – sottolinea lo studio – l’ltalia si ritaglierebbe “un ruolo di leadership in Europa sulla sanità digitale alla pari con gli altri Paesi battistrada, che già adesso prevedono di avvicinarsi alla quota del 4%”. Tuttavia, non è detto che, da soli, gli investimenti bastino a determinare un cambio di rotta di radicale.

Secondo lo studio Censis-ImpresaLavoro bisogna affrontare almeno altre quattro questioni. La prima è il “ridisegno complessivo” del sistema salute: “Il nodo centrale non è tanto la tecnologia in sé e la digitalizzazione dell’esistente, quanto la riorganizzazione del sistema per favorire la continuità assistenziale ospedale-territorio, l’empowerment di medici e pazienti, l’integrazione socio-sanitaria, il potenziamento della prevenzione, lo sviluppo di forme domiciliari di assistenza, la riprogettazione delle cure primarie e la definizione di adeguati percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali (Pdta)”.

Poi c’è una questione socio-culturale, quella che riguarda “la partecipazione degli utenti al processo, la facilitazione dell’acquisizione di una avanzata cultura digitale dei servizi e il contrasto a forme di divide culturale”.

La terza priorità, invece, riguarda la definizione di una diversa governance di sistema: “La sanità digitale ha bisogno di svilupparsi ad un passo cbe la burocrazia non regge. Per questo va realizzata una governance nazionale dell’innovazione che coinvolga i diversi livelli regionali e territoriali e che definisca una griglia di indicatori per la misurazione dell’efficacia degli investimenti in ICT, sia in termini di output e uutcuine sanitari, sia a livello organizzativo.

Infine, ciò che servirebbe è “la definizione di una chiara politica della sicurezza e della privacy per i dati sanitari trattati in ambiente digitale, come presupposto per creare fiducia nei pazienti verso l’uso di questi strumenti”. Senza investimenti e politiche adeguate per l’eHealt, non solo l’Italia rinuncia a competere con i Paesi europei che già da tempo hanno colto il senso di questa sfida, ma sacrifica i vantaggi che la sanità digitale può portare all’intero sistema: “Senza un cambio di policy – si legge nello studio – il Ssn non potrà avvalersi pienamente dei benefici attesi dai servizi e dagli strumenti di sanità digitale, che – attraverso una più evoluta condivisione delle informazioni e una più avanzata interazione fra pazienti, medici, operatori e strutture sanitarie – consentono un guadagno di efficienza, un’ottimizzazione nell’erogazione dei servizi, una riduzione dell’errore medico, un incremento della sicurezza del paziente, un miglioramento della gestione delle patologie croniche”.

Lo sviluppo dell’eHealth viene annoverato tra le azioni prioritarie della “Strategia per la crescita digitale 2014-2020” messa a punto dal governo per “portare l’Italia entro il 2020 in linea con gli altri Paesi europei”. In particolare, la digitalizzazione della sanità viene descritta come “passaggio fondamentale per migliorare il rapporto costo-qualità dei servizi sanitari, limitare sprechi e inefficienze, ridurre le differenze tra i territori, nonché innovare le relazioni di Front-end per migliorare la qualità percepita dal cittadino”. In questa direzione vanno una serie di iniziative avviate dal ministero della Salute su Fascicolo sanitario elettronico (Fse), ricetta elettronica (ePrescription), dematerializzazione di referti medici e cartelle cliniche, Centri unici di prenotazione (Cup) e telemedicina. Così come il Patto per la sanità digitale – previsto dal Patto per la Salute 2014-2016 – approvato a luglio dalla Conferenza Stato-Regioni. Dopo una lunga attesa.