emigrazione

Emergenza migranti: una potenziale bomba per i conti pubblici

Emergenza migranti: una potenziale bomba per i conti pubblici

di Massimo Blasoni – Panorama

Il nostro Paese sconta la scarsissima trasparenza sugli ingenti costi pubblici sostenuti in questi anni per la gestione degli sbarchi così come sui contributi economici che a nostro favore potrebbero essere stanziati in sede comunitaria. Emerge con chiarezza che i costi stanno crescendo esponenzialmente di anno in anno. L’effetto è generato in parte dall’aumento degli sbarchi, in parte dalla lentezza con cui il nostro sistema esamina le richieste di asilo e dispone gli eventuali rimpatri. Senza un’accelerazione su questo fronte e una politica europea comune di redistribuzione dei profughi tra tutti i Paesi rischiamo di ritrovarci con una pericolosa bomba nei nostri conti pubblici. L’Italia non può più essere lasciata sola di fronte a questo dramma epocale.

Renzi fa ponti d’oro ai profughi e noi scappiamo dal Belpaese

Renzi fa ponti d’oro ai profughi e noi scappiamo dal Belpaese

di Massimiliano Lenzi – Il Tempo

Siamo tornati ad essere un popolo di emigranti, di gente che fa la valigia e se ne va in cerca di fortuna all’estero, altro che gli sbarchi in Sicilia dal Nord Africa e la retorica dell’accoglienza a prescindere, per aiutare chi sta peggio di noi, anche se a gran parte delle nazioni europee (Austria, Ungheria, Inghilterra e Danimarca) solo a sentir parlare di quote di profughi da accogliere viene l’orticaria e non ne vogliono sapere. La crisi economica, in questi anni, ha fiaccato la resistenza e le speranze di futuro di una parte consistente delle famiglie italiane, portando quasi 600mila nostri connazionali, dal 2008 ad oggi, ad andarsene via dal Belpaese in cerca di lavoro e di una vita migliore.

I numeri sugli italiani che tornano, come nella scorsa metà del secolo scorso, li ha raccolti (su elaborazione dei dati Eurostat) una ricerca del Centro studi ImpresaLavoro. «Dal 2008 al 2013 – si legge – gli emigrati italiani sono stati complessivamente 554.727, di cui 125.735 soltanto nel 2013 con una crescita rispetto al 2008 del 55% su base annua. Il 39% di questi italiani (214.251, di cui 47.048 soltanto nel 2013) sono giovani di età compresa tra i 15 e 34 anni». Anche in questo caso si segnala un trend in rapida crescita: rispetto al 2008 i giovani che hanno scelto di trasferirsi oltre confine sono aumentati del 40%. Si tratta di numeri importanti che dovrebbero interrogare la politica, a cominciare da Govrno Renzi, troppo impegnata a far della facile retorica sui doveri dell’accoglienza che avrebbero gli italiani verso i migranti che sbarcano dall’Africa, per ricordarsi invece degli italiani che se ne vanno dall’Italia. Volendo calcolare un numero annuale, vien fuori che in questi sei anni se ne sono andati via dal nostro Paese 92.455 italiani all’anno, in pratica la popolazione di una città media italiana.

Dove vanno i nostri connazionali a cercar fortuna? Secondo i dati della ricerca, in questi ultimi sei anni la destinazione più gradita è stata la Germania (che ha accolto 59.470 nostri connazionali, di cui 13.798 solo nel 2013), seguita dal Regno Unito (51.577 emigrati, di cui 14.056 solo nel 2013), dalla Svizzera (44.218 emigrati, di cui 10.537 solo nel 2013), dalla Francia (38.925 emigrati, di cui 9.514 solo nel 2013) e dalla Spagna (25.349 emigrati, di cui 4.537 solo nel 2013). Si ratta insomma di Paei europei che non saranno il paradiso ma offrono, per chi se ne va, maggiori opportunità di farcela (con, ovviamente, tutte le difficoltà che essere fuori dal proprio Paese comporta) e un sistema, a cominciare da quello fiscale, più semplice del nostro. La graduatoria dei Paesi di destinazione, poi, cambia se guardiamo ai più giovani, di età compresa tra i 15 e 34 anni: per loro la meta preferita è il Regno Unito (27.263 emigrati, pari al 53% del totale), che precede la Germania (24.445, pari al 41% del totale), la Svizzera (16.653), la Francia (14.682) e la Spagna (11.377).

Altri Paesi di destinazione dei nostri emigranti sono poi il Belgio (12.064 connazionali, di cui 4.457 giovani), l’Albania (9.470, di cui 3.442 giovani) e la Slovenia (1.629, di cui 351 giovani). Emigrare dall’Italia in Albania, una via della speranza che sarebbe stata impensabile fino a pochi anni fa quando eravamo noi il Paese sognato dagli albanesi. Furi dall’Europa la parte del leone la fanno gli Stati Uniti: 26.072 italiani (fra questi 9.104 giovani), di cui 5.560 soltanto nel 2013.

«I nostri emigranti – spiega Massimo Blasoni, imprenditore e presidente del Centro Studi ImpresaLavoro – scelgono in larghissima parte di continuare a vivere all’interno dell’Unione europea, spostandosi in Paesi che garantiscono loro un sistema formativo e un mercato del lavoro decisamente superiori a quelli italiani». Maggiore riconoscimento del merito, migliore formazione e più facilità, se si ha talento, di farcela. C’era una volta, in Italia.

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Dal 2008 al 2013 sono emigrati più di mezzo milione di italiani

Dal 2008 al 2013 sono emigrati più di mezzo milione di italiani

ANALISI
Il perdurare della crisi economica costringe un numero crescente di nostri connazionali a trasferirsi stabilmente oltre confine alla ricerca di migliori condizioni di vita e di lavoro. Dal 2008 al 2013 gli emigrati italiani sono stati complessivamente 554.727, di cui 125.735 soltanto nel 2013 con una crescita rispetto al 2008 del 55% su base annua. Il 39% di questi italiani (214.251, di cui 47.048 soltanto nel 2013) sono giovani di età compresa tra i 15 e 34 anni. Anche in questo caso si segnala un trend in rapida crescita: rispetto al 2008 i giovani che hanno scelto di trasferirsi oltre confine sono aumentati del 40%. Lo rivela una ricerca del Centro studi ImpresaLavoro su elaborazione dei dati Eurostat.
TABELLA IMMIGRAZIONE
In questi ultimi sei anni la destinazione più gradita è stata la Germania (che ha accolto 59.470 nostri connazionali, di cui 13.798 solo nel 2013), seguita dal Regno Unito (51.577 emigrati, di cui 14.056 solo nel 2013), dalla Svizzera (44.218 emigrati, di cui 10.537 solo nel 2013), dalla Francia (38.925 emigrati, di cui 9.514 solo nel 2013) e dalla Spagna (25.349 emigrati, di cui 4.537 solo nel 2013). Fra i giovani di età compresa tra i 15 e 34 anni la meta preferita è diventata invece il Regno Unito (27.263 emigrati, pari al 53% del totale), che precede in questa classifica la Germania (24.445, pari al 41% del totale), la Svizzera (16.653), la Francia (14.682) e la Spagna (11.377).
Nello stesso periodo di tempo molti altri nostri connazionali hanno invece preferito stabilirsi negli Stati Uniti: 26.072 italiani (fra questi 9.104 giovani), di cui 5.560 soltanto nel 2013. Sempre dal 2008 al 2013, altre mete di destinazione dei nostri emigrati sono state nell’ordine il Belgio (12.064 connazionali, di cui 4.457 giovani), l’Albania (9.470, di cui 3.442 giovani) e la Slovenia (1.629, di cui 351 giovani).
Tabella emigrazioneper paese
[clicca per ingrandire]
“I nostri emigranti – ha spiegato Massimo Blasoni, presidente del Centro Studi ImpresaLavoro – scelgono in larghissima parte di continuare a vivere all’interno dell’Unione europea, spostandosi in Paesi che garantiscono loro un sistema formativo e un mercato del lavoro decisamente superiori a quelli italiani”.

 

 

Gli italiani in fuga: 82mila emigranti

Gli italiani in fuga: 82mila emigranti

Il Sole 24 Ore

Nel 2013 gli italiani emigrati all’estero sono stati 82mila, il numero più alto degli ultimi dieci anni, il 20,7% in più rispetto all’anno precedente. È uno dei dati che emerge dall’ultimo report Istat su «Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente». Un rapporto che evidenzia anche come l’Italia attragga meno gli immigrati. Nel 2013 gli arrivi dall’estero sono stati 307 mila, 43 mila in meno rispetto all’anno precedente (-12,3%).

Italiani in fuga dal Paese, mai così tanti
Il numero di emigrati italiani è stato nel 2013 pari a 82mila unità, il più alto degli ultimi dieci anni. Migrano soprattutto le persone tra i 20 e i 45 anni. Le principali mete di destinazione dei nostri connazionali sono il Regno Unito (13mila emigrati), la Germania (oltre 11mila), la Svizzera (10mila) e la Francia (8mila). Paesi che accolgono oltre la metà dei flussi in uscita: a lasciare il Belpaese sono soprattutto persone tra i 20 e i 45 anni, e oltre il 30% di loro è in possesso di una laurea. La meta preferita dai laureati (3.300) è sempre la Gran Bretagna.

In pochi tornano in Italia
I connazionali che decidono di tornare in Italia sono in numero molto inferiore a quello degli emigranti: nel 2013 i rientri sono 4mila dalla Germania, quasi 3mila dalla Svizzera e circa 2mila dal Regno Unito e dagli Usa. Il saldo migratorio per gli italiani è negativo per 54mila unità, quasi il 40% in più di quello del 2012 nel quale era risultato pari a -38 mila. Tra il 2007 e il 2013 le emigrazioni complessive sono più che raddoppiate, passando da 51mila a 126mila.

Italia attrae meno immigrati: -12,3%
Non solo. Sempre da quanto emerge dall’ultimo report dell’Istat sulle migrazioni internazionali, l’Italia attrae meno gli immigrati. Nel 2013 gli arrivi dall’estero sono stati 307mila, 43mila in meno rispetto all’anno precedente (-12,3%). Sebbene in calo rispetto agli anni precedenti, l’Italia rimane, tuttavia, meta di consistenti flussi migratori dall’estero. La comunità straniera più rappresentata tra gli immigrati è quella rumena che conta 58 mila iscrizioni. Seguono le comunità del Marocco (20 mila), della Cina (17 mila) e dell’Ucraina (13 mila). Gli italiani di rientro dall’estero sono 28 mila, mille in meno rispetto al 2012.

Fuga da Belpaese, espatriano 94mila italiani in un anno

Fuga da Belpaese, espatriano 94mila italiani in un anno

Nadia Ferrigo – La Stampa

Che sia una buona notizia oppure no, è difficile a dirsi. Di sicuro, per un lavoratore straniero che arriva in Italia, almeno due italiani se ne vanno all’estero. Secondo i dati raccolti nell’ultimo «Rapporto Italiani nel Mondo», pubblicato dalla Fondazione Migrantes, lo scorso anno sono partiti 94.126 italiani, in aumento sul 2012 di circa il 16%. Un altro balzo in avanti che conferma una tendenza che va di pari passo con la crisi economica: nel 2011 gli «expat» nostrani erano più di 60mila, l`anno dopo sfioravano gli 80mila e oggi il saldo delle presenze è ancora positivo, con la soglia dei 100mila sempre più vicina. A cambiare e la classifica delle destinazioni preferite: al primo posto non c’e più la Germania, scivolata in seconda posizione, ma il Regno Unito, con 12.933 nuovi iscritti all’Aire, l’anagrafe italiana dei residenti all’estero. Al terzo posto la Svizzera (con 10.300 presenze, in aumento del 16%) e poi la Francia (8400, più 19%). A preparare le valigie sono più gli uomini delle donne, mentre la classe di età più rappresentata è quella che va dai 18 ai 34 anni (36,2%), a seguire si parte tra i 35 e i 49 (26,8%). Da dove arrivano? Il podio per quest’anno se lo aggiudicano Lombardia, Veneto e Lazio.

Cittadini del mondo
Nel mondo sono 4.482.115 i cittadini italiani iscritti all’Aire, quasi 141 mila in più rispetto allo scorso anno. La maggior parte delle iscrizioni – circa 2 milioni e 300mila – sono per espatrio, seguite dalle nascite, circa un milione e 700mila. L’Argentina è il primo paese di residenza (725mila), seguita da Germania (665mila), Svizzera (570mila), Francia (378mila), Brasile (332mila), Regno Unito (223mila), Canada (136mila) e Australia (134mila). Da dove si parte? Poco più della meta degli italiani iscritti all’Aire è di origine meridionale – più di 1,5 milioni del Sud e circa 800 mila delle Isole – il resto si divide equamente tra Nord e Centro. Ma quali sono le regioni che possono contare sulle comunità più numerose? Domina la Sicilia con il 15 per cento sul totale, seguita da Campania e Lazio, agli ultimi posti Trentino Alto Adige, Umbria e Valle dAosta.

Sempre più i frontalieri
Sono sempre più anche i lavoratori che ogni giorno arrivano in Canton Ticino, una delle mete più ambite. I frontalieri tra il 2003 e il 2008 Sono passati da 33mila a 41mila, e oggi sono circa 59mila. Secondo il dossier della Fondazione Migrantes, anche la mobilità regionale è sempre più
significativa: nel 2012 circa l’85% dei cittadini veneti si è cancellato e reiscritto in un comune diverso della stessa regione. In Lombardia, Piemonte e Friuli Venezia Giulia le percentuali di mobilità sono tra l’80 e l’84%. E tra una regione e l’altra? Basilicata e Molise registrano frequenti spostamenti verso le confinanti, mentre Calabria e Puglia resistono con il più classico dei modelli, che riguarda quasi esclusivamente lo spostamento verso il Nord e il Centro. I poli di attrazione sono soprattutto Lombardia e Piemonte per il Nord Ovest, Veneto ed Emilia Romagna nel Nord Est, Lazio nel Centro.

Già pronti a partire?
Bella ma non ci vivrei. Secondo la ricerca di Coldiretti, realizzata in concomitanza con i risultati del dossier Migrantes, un giovane italiano su due assicura di essere pronto a trasferirsi all’estero per cercare il lavoro che in patria non spera nemmeno più di trovare. Le motivazioni ricorrenti tra chi ha già la valigia se non in mano, sotto il letto? L’Italia è un Paese «fermo», dove non si prendono mai decisioni, poi c’è il problema delle troppe tasse e la cronica mancanza di meritocrazia. I più intenzionati a lasciare mamma e papà sono i giovani tra i 18 e i 19 anni, la percentuale sale di pari passo con il grado di istruzione.

Meno bamboccioni, ma “partire” resta un tabù

Meno bamboccioni, ma “partire” resta un tabù

Gian Maria De Francesco – Il Giornale

La retorica dei «bamboccioni» (o come li chiamava l’ex sottosegretario Michel Martone «sfigati») non è più trendy come un tempo. Eppure la statistica continua a confermare una realtà sotto gli occhi di tutti: ancora molti ragazzi italiani non sono disposti a spostarsi all’estero per ottenere migliori condizioni di lavoro. È quanto emerge dal Global Talent Survey, una ricerca su un campione di oltre 200mila intervistati in tutto il mondo (circa 6mila in Italia) condotta dalla società di consulenza The Boston Consulting Group e da The Network, associazione che riunisce le principali aziende di selezione del personale.

Come detto, il nostro Paese si colloca nei bassifondi della classifica: poco più del 50% del campione ha risposto affermativamente. A farle compagnia ci sono altri Paesi a forte connotazione familistica della società come Argentina, Grecia e Spagna. La situazione macroeconomica, infatti, non è un fattore discriminante: se è vero che in Germania, Usa e Gran Bretagna c’è ancora minore propensione a spostarsi rispetto all’Italia, è altrettanto vero che in il 94% dei francesi e degli olandesi sarebbe felicissimo di lavorare all’estero se ciò comportasse un reddito migliore. Eppure a Parigi e Amsterdam non si sta certamente peggio di Roma. Lo stesso discorso vale per i cittadini degli Emirati Arabi Uniti, nazione tra le più ricche al mondo.

La vicinanza a casa è comunque una condizione necessaria anche per gli italiani che sarebbero disposti a emigrare. A differenza della maggior parte dei Paesi sviluppati, non è l’America la terra promessa dove cercare fortuna, ma la meno distante Gran Bretagna. Gli Stati Uniti vengono solo al secondo posto. In terza e in quarta posizione ci sono la Germania e la Francia. Le economie emergenti come Russia, Brasile, Cina e India sono agli ultimi posti. Fanno eccezione l’Australia (quinta posizione) e il Giappone (settimo). Forse la spiegazione sociologica della minore propensione a lasciare casa risiede nel fatto che per gli italiani un compenso attraente non è tra i fattori principali di scelta. Ciò che conta di più è che il proprio lavoro sia apprezzato, che ci siano possibilità di fare carriera e che si possano avere buoni rapporti con i superiori. Obiettivi non facilmente raggiungibili altrove per una popolazione in età lavorativa che, in media, ha una vera idiosincrasia per le lingue straniere.

La ricerca di The Boston Consulting Group sorprende anche dal lato inverso. Nonostante la crisi economica perenne, infatti, l’Italia continua a essere una delle destinazioni lavorative più apprezzate nel mondo. Si piazza, infatti, al nono posto con il 25% delle citazioni dietro la Spagna (26%) e prima della Svezia. Il nostro Paese si classifica quasi sempre come sesta o settima meta preferita tra i lavoratori delle altre nazioni industrializzate, eccezion fatta per gli statunitensi che la vedono come quarta migliore nazione dove avere un’esperienza lavorativa. Analogamente, tra le città ideali dei lavoratori, al decimo posto, figura Roma (3,5%). Lontanissima dalle prime tre (Londra, New York e Parigi), ma prima di Los Angeles, Tokyo e San Francisco che offrono sicuramente più potenziale di business. Certo, la Capitale piace in tutto il mondo e poi che ne sanno all’estero dell’esistenza di un tal Ignazio Marino?

Quanto ci costa la fuga di quei ragazzi che abbiamo formato

Quanto ci costa la fuga di quei ragazzi che abbiamo formato

Gianna Fregonara – Corriere della Sera

È come se l’intera città di Alessandria o se tutta Lecce si fossero trasferite all’estero nel corso del 2013. Sono partiti quasi in centomila. Non è solo segno di una crescente mobilità degli italiani: sono soprattutto le regioni del Nord, con la Lombardia in testa, e il Lazio quelle da cui se ne vanno i nostri connazionali, che in maggioranza peraltro si spostano dentro i confini dell’Europa: Gran Bretagna, Germania e Svizzera.

Scorrendo i dati e l’identikit che «Migrantes» ha fatto del nuovi emigrati italiani risulta che si tratta soprattutto di giovani (circa 35 mila hanno tra i 18 e i 24 anni), con diploma di scuola superiore o laurea. Due su tre sono diretti in Inghilterra, chi per studiare, chi per lavorare e insieme imparare l’inglese, chi per restare. Si sa che con il 44,2 per cento di disoccupazione giovanile accertato e con il miraggio di uno stipendio più alto all’estero dove la laurea – dati dell’Isfol – può valere fino al 50 per cento di retribuzione in più, la spinta all’emigrazione aumenta. E del resto se si considera la tendenza degli ultimi anni, i dati non sono così stupefacenti: nel 2012 era partito il 30 per cento in più dell’anno prima. Tra i nuovi emigrati di questi anni ci sono sempre di più ricercatori, studenti, talenti vari, «cervelli» in cerca di occupazione.

Il vero problema diventa che molti, forse quasi tutti, non riescono più a rientrare in Italia o non lo trovano conveniente, e finora i tentativi di richiamarli con sconti fiscali e opportunità varie non hanno funzionato a sufficienza. Ma crescere un cittadino educato e col diploma costa, contando i tredici anni di scuola dalle elementari alle superiori, circa 130 mila euro. E il conto presentato ieri da «Migrantes» così non torna.

Troppi disoccupati, e il Comune paga chi va all’estero

Troppi disoccupati, e il Comune paga chi va all’estero

Nicola Pinna – La Stampa

La nuova emigrazione ha uno sponsor istituzionale. Paga tutto il Comune: il viaggio di sola andata, le prime spese di soggiorno e anche un corso d’inglese. Si può andare in qualunque capitale europea, a patto che si viva a Elmas da almeno tre anni e che non sia stata superata la soglia dei cinquant’anni d’età. «Qui i nostri ragazzi non hanno più possibilità e allora perché non aiutarli a trovare un’alternativa altrove? – dice il sindaco Valter Piscedda -. Non è una vergogna cercare un lavoro fuori dalla Sardegna o fuori dall’Italia».

In questa cittadina alle porte di Cagliari, conosciuta soprattutto per l’aeroporto e per lo stadio del Cagliari rimasto aperto pochi mesi, la disoccupazione è il problema numero uno. Il Comune, racconta il sindaco, ha tentato con i piani per il lavoro e i tirocini formativi mai risultati non sono stati incoraggianti. E allora è nata l’idea del progetto “Adesso parto”. «Ogni giorno nel mio ufficio c’è il viavai di disoccupati che chiedono aiuto. In molti mi dicono che vorrebbero andare a trovare fortuna all’estero ma che non hanno neppure la possibilità di pagarsi il biglietto. E allora ci siamo fatti una domanda: perché non incentivare questi ragazzi? D’altronde siamo cittadini d’Europa e non possiamo pretendere che la Sardegna sia in grado di soddisfare tutte le nostre necessità. Certo, avere un lavoro sotto casa sarebbe l’ideale ma dobbiamo prendere coscienza del fatto che la situazione è molto difficile».

L’emorragia di lavoro in Sardegna sembra impossibile da curare e il tasso di disoccupazione, secondo i dati diffusi dall’Istat ad agosto, è già arrivato al 17,5 per cento. L’emergenza più grave è quella che riguarda i giovani: il 54 per cento dei ragazzi, esclusi quelli che studiano, non ha uno stipendio. E in molti hanno già perso le speranze. «Noi non vogliamo incentivare l’emigrazione ma siamo realisti: le politiche del lavoro nella nostra regione hanno fallito – dice il primo cittadino di Elmas -. Con questo progetto diamo un contributo ai ragazzi che non sono disposti ad arrendersi. Non possiamo accettare che passino le giornate a bighellonare al bar: facciamo in modo che vadano fuori, che imparino un’altra lingua, che acquisiscano nuove competenze e che magari tornino in paese con il gruzzolo necessario per costruire casa e metter su famiglia». “Adesso parto” gode già di un finanziamento di 12 mila euro, ma si prevede che le domande saranno molte più del previsto. «Con i nostri ragazzi faremo un patto di fiducia – sottolinea il sindaco Piscedda -. A nessuno chiediamo un contratto di affitto o un contratto di lavoro prima della partenza, perché speriamo che per loro sia davvero una bella avventura».