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La guerra tra due concezioni delle infrastrutture

La guerra tra due concezioni delle infrastrutture

Giuseppe Pennisi – Formiche

Al di là degli aspetti giudiziari e politici, occorre riflettere al “sottostante” tra due concezioni di cosa deve intendersi per infrastrutture in un Paese del livello di sviluppo economico e sociale (e dell’orografia) dell’Italia: se “grandi opere” principalmente per la logistica o operazioni ciascuna di piccola portata ma essenzialmente di “manutenzione straordinaria” o di miglioramenti tecnologici e ampliamenti selettivi al parco già costruito in secoli e secoli. Mentre in altri Paesi c’è stato, ed in alcune è ancora in corso, un dibattito per giungere ad una convergenza tra le due “scuole”, evidenziandone le complementare, in Italia è in corso una vera e propria guerra ideologica con ricadute di ogni sorta.Quattro anni fa il servizio studi della Banca Europea per gli Investimenti (Bei) ha analizzato la situazione con grande cura statistica. I dati affermano da anni che il Nord Europa è dove il fabbisogno di grandi opere è maggiore a ragione del sovraccarico della rete dei trasporti. Soffermiamoci, a titolo indicativo, sul nostro Paese.

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Cosa fare dopo Cernobbio

Cosa fare dopo Cernobbio

Giuseppe Pennisi – Formiche

Il governo greco, soprattutto il ministro Yannis Varoufakis, ha dato prova di grande abilità nell’utilizzare il forum di Cernobbio per suscitare simpatie, proprio mentre è impegnato in un “gioco ad ultimatum” con le istituzione europee ed il Fondo monetario in cui rimette in ballo anche le riparazioni che la Repubblica Ellenica dovrebbe ricevere da Germania ed Austria per vicende inerenti la seconda guerra mondiale (vedi Formiche.net del 3 marzo) . Dal canto suo, il governo italiano, in particolare il ministro Pier Carlo Padoan, ha fatto bene nel frenare i fin troppo facili entusiasmi suscitati da alcuni barlumi di ripresa e della possibile fine della deflazione, evidenziati da alcuni indicatori mentre altri mostrano che la produzione industriale continua a crollare.

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L’Italia e il gioco ad ultimatum della Grecia con l’Ue

L’Italia e il gioco ad ultimatum della Grecia con l’Ue

Giuseppe Pennisi – Formiche

Lo avevamo previsto, su Formiche.net, dopo le elezioni in Grecia e l’apertura di nuove trattative tra Atene e le istituzioni internazionali. Nel “gioco a due livelli” tra i partner dell’UE si sarebbe prima o poi arrivati ad un “gioco ad ultimatum”. Ricordiamo di cosa si All’inizio degli Anni Ottanta, furono un libro ed alcuni saggi di Piercarlo Padoan (scritti a quattro mani con Paolo Guerrieri, ora senatore del Pd, entrambi professori alla Università Sapienza di Roma) a portare in Europa questa teoria, che allora stava facendo i primi passi negli Usa. Padoan e Guerrieri ne divennero “capi scuola”. In sintesi, nell’eurozona è in corso un gioco a più livelli in cui ciascuno dei partecipanti deve massimizzare obiettivi di “reputazione” e di “popolarità” differenti (e in certi casi divergenti) di fronte alle altre parti in causa. Tutti devono mantenere una buona reputazione rispetto agli altri soci dell’eurozona e presentarsi come convinti assertori della moneta unica. In termini di popolarità, però, ciascun partner risponde alla propria opinione pubblica.

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L’insostenibile leggerezza della pubblica amministrazione

L’insostenibile leggerezza della pubblica amministrazione

Giuseppe Pennisi – Formiche

Sono stato un public servant per 45 anni. Quindici presso la Banca Mondiale. Nove presso organizzazioni specializzate delle Nazioni Unite e presso istituzioni europee. Il resto in due Ministeri italiani con il grado di dirigente generale e presso la Presidenza del Consiglio/Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, dove per dieci anni ho coordinato i programmi di formazione in economia e finanza.Sulla base di questa esperienza sono molto preoccupato dalle notizie di stampa che leggo sulla riforma in cantiere. Mi auguro che siano false e tendenziose e che il Ministro competente le smentisca al più presto.

Se è vero quel che si legge, la riforma è modellata non sul sistema di spoil system americano, dove il Presidente degli Stati Uniti ha titolo di effettuare 6000 nomine (che vengono peraltro vagliate dal Congresso) su circa cinque milioni di dipendenti, ma su quello del Venezuela e del Paraguay dove ad ogni cambio di Governo, vengono sostituiti anche gli uscieri.

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Inps, cosa richiedono le pensioni flessibili alla  Tito Boeri

Inps, cosa richiedono le pensioni flessibili alla Tito Boeri

Giuseppe Pennisi – Formiche

Una premessa: sono totalmente d’accordo con la “puntura di spillo” di Giuliano Cazzola del 3 marzo secondo cui, a ragione  dell’invecchiamento della popolazione (e di restare in pensione tra i 22 ed i 25 anni), saranno pochi coloro che chiederanno un pensionamento anticipato tale comunque da comportare una riduzione delle spettanze e delle prestazioni. Quindi, trovo davvero di lana caprina i commenti dei cosiddetti tecnici della Commissione Europea secondo cui la misura, se attuata, aggraverà la spesa pubblica almeno nel breve periodo (ma la ridurrebbe nel medio e lungo) facendo addirittura ‘saltare’ i conti dell’Italia.

Comunque, le dichiarazioni del Presidente dell’INPS, Tito Boeri, le aperture spesso fatte dal Ministro del Lavoro e degli Affari Sociali, Giuliano Poletti, e le richieste dei sindacati (soprattutto della CISL), in questo senso suggeriscono che si sta andando verso una previdenza pubblica ‘flessibile’, anche sotto il profilo legislativo ed operativo. Occorre sottolineare “pubblica” o “statale” perché gran parte della previdenza privata (i fondi pensione) ha già forti elementi di “flessibilità” in entrata. I fondi pensione di nuova generazione sono collegati, in larga misura, alla previdenza pubblica in uscita; quindi, sotto questo profilo, il loro futuro è legato a quello delle pensioni INPS.

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Piano Juncker, come verranno scelti i  progetti?

Piano Juncker, come verranno scelti i progetti?

Giuseppe Pennisi – Formiche

Sembra un problema giuridico di lana caprina. Tutti gli addetti ai lavori sanno che un Comitato per gli Investimenti di otto esperti di alto livello farà proposte di finanziamento sulla base di istruttorie ed analisi di valutazione effettuate in sostanza dal personale Bei. Al momento della stesura di questo articolo, il regolamento del Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (Feis) è ancora al vaglio del Parlamento Europeo e le procedure di nomina e di incarico dei componenti del Comitato per gli Investimenti sono ancora in fase negoziale nell’ambito dell’Ecofin. Un negoziato non certo facile, anche perché Francia e Germania sostengono di avere messo il cappello su due degli otto seggi.

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Investimenti pubblici, così Lupi e Madia possono zittire le nuove polemiche

Investimenti pubblici, così Lupi e Madia possono zittire le nuove polemiche

Giuseppe Pennisi – Formiche

Le leggera, e flebile, indicazione di una possibile ripresa economica, e le voci (peraltro incontrollate ed inconsulte data la situazione generale della finanza pubblica) potrebbero fare prospettare un graduale aumento dell’investimento pubblico. In tutta Europa – lo si è visto su Formiche.net del 24 febbraio – la spesa in conto capitale è quella che è stata maggiormente compressa dall’inizio del percorso verso la moneta unica iniziato nel 1992.

Il Piano Juncker – abbiamo visto sempre il 24 febbraio – per ora contiene soltanto alcune promesse e numerose illusioni. “In Italia,- ha scritto Paolo Coccia di Bnl-Bnp su Formiche-net del 15 novembre 2014 – i pochi investimenti pubblici si accompagnano ad un non adeguato livello delle infrastrutture. Su 17mila chilometri di rete ferroviaria, solo il 5,4% è ad alta velocità, mentre in Francia si raggiunge il 6,7% e in Spagna il 13,5%. Il ritardo interessa anche il comparto tecnologico: la fibra ottica risulta ancora poco diffusa e la velocità media per lo scarico dei dati raggiunge livelli pari solo a poco più della metà di quelli francesi”.

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Ma cosa è questa austerità?

Ma cosa è questa austerità?

Giuseppe Pennisi – Formiche

I successi elettorali dei movimenti, se non apertamente anti-europei, quanto meno contrari alle specifiche assunte da politiche, strategie, programmi e misure adottate nell’unione monetarie impongono si approfondire cosa si intenda con austerità, vocabolo centrale nel lessico dei dibattiti di politica economica europei e nazionali in corso in questi giorni. E’ facilmente intuibile che uno degli esiti sarà una differente declinazione del termine austerità.

In questo approfondimento, possono essere di grande aiuto i saggi sul tema prodotti nella letteratura economica. Ma occorre fare attenzione. Il tema dell’austerità è diventato merce di largo consumo tanto nel mondo accademico quanto nella pubblicistica giornalistica. Ha prodotto una vera e propria piccola industria che sforna paper, libri, articoli come se fossero hamburger; occorre distinguere con cura tra quelli che dicono qualcosa di nuovo, basato su vera ricerca, e quelli che scopiazzano i lavori di chi ha pubblicato appena prima di loro. O, peggio ancora, si rivolgono al Prof. Google.

Tra i 150 saggi sull’argomento usciti nell’ultimo mese, tre sono parsi di interesse per i lettori di Formiche. Il primo è un lavoro preparato per l’Economic Policy Panel dell’EIEF (Einaudi Institute of Economics and Finance) tenuto a Roma a fine 2014 ed i cui atti saranno pubblicati tra qualche mese. E’ uno studio collettaneo di Alberto Alesina, Francesco Giavanni e Matteo Paradisi, con la collaborazione di uno stuolo di loro ricercatori. Definita austerity essenzialmente come ‘consolidamento fiscale’ (riduzione della spesa ed aumento dell’imposizione tributaria per ridurre deficit e, quindi, debito), il lavoro analizza, con una strumentazione quantitative, se il ‘consolidamento’ effettuato a partire dal 2009 nell’eurozona ha avuto effetti recessivi sull’eurozona. Le conclusioni sono due: a) gli effetti ci sono stati ma non superiori a quelli quantizzati in altri casi di ‘consolidamento’; b) le implicazioni su produzione ed occupazione sarebbero state notevolmente inferiori a quelle effettivamente computate se si fosse agito sul lato della spesa (riducendola) piuttosto che su quello delle entrate (aumentandole).

Harris Dellas e Dirk Niepelt, ambedue della Università di Berna, partono da una differente accezione del termine austerity – la riduzione dei consumi dai livelli desiderati causata dalla capacità di servizio del debito. In tal modo, austerity diventa essenzialmente uno strumento per ottenere dal mercato migliori condizioni finanziarie (e per il rimborso del debito e per avere fresh money , nuovi finanziamenti). E’ un segnale, quindi, per conquistare credibilità o per migliorare quella che già si ha. Ha funzionato nell’attuale crisi dell’eurozona? Per Dellas e Niepelt è un segnale ‘costoso’, aggettivo qualificativo eloquente.

Molto interessante il saggio rivolto specificatamente ai Paesi dell’Europa centrale, orientale e meridionale pubblicato sul Journal of Economics and Business dell’Università di Rijka, in Croazia, e firmato da Anita Čeh Časni, Ana Andabaka Badurina e Martina Basarac. L’analisi utilizza una batteria di indicatori per il periodo 2000-2011. Il concetto di austerity è strettamente collegato a quello di incidenza del debito pubblico sul Pil, L’esito dei vari test effettuata nell’Università croata è che occorre incidere sulla causa non sui suoi esiti. Le proposte sono che una politica ‘credibile’ di ‘consolidamento fiscale’ deve essere coniugata con politiche che favoriscano crescita ‘duratura di lungo periodo’, quali ‘promuovere lo sviluppo industriale, incoraggiare la crescita e creare un clima per attrarre e favorire investimenti’, unitamente a ‘programmi di riduzione del debito’.

La lezione di Ferrero per Renzi

La lezione di Ferrero per Renzi

Simone Bressan – Formiche

L’episodio è gustoso come un vasetto di Nutella. Lo riferirono i presenti ma da allora – passato di bocca in bocca – è possibile che sia stato confezionato con qualche variante, pur mantenendo intatti i suoi ingredienti principali. Alba, novembre 1994. Il neo presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si reca in elicottero per valutare i danni della tremenda alluvione che ha sconvolto tutto il Piemonte. Appena atterrato scorge tra gli spalatori di fango il cavalier Michele Ferrero, da molti anni uno dei principali inserzionisti delle sue televisioni commerciali. Gli si avvicina sorridente per stringergli la mano, ma questi lo guarda dritto negli occhi e replica secco: «Un presidente del Consiglio prima si reca in visita al Sindaco. Poi, se vuole, va a salutare gli amici». Una piccola storia che però molto rivela tanto del carattere di Berlusconi quanto di quello del grande industriale che da poco ci ha lasciati.
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Quanto è liberale il programma di Tsipras?

Quanto è liberale il programma di Tsipras?

Giuseppe Pennisi – Formiche

Alla fine delle lunghe notti di Bruxelles non sorge sempre il sole. Specialmente a febbraio, quando l’alba è di solito nebbiosa e piovosa. Lo era anche alle 16 del 24 febbraio quando l’Eurogruppo ha approvato il programma presentato dalla Grecia. Se non sorge sempre il sole, cosa si fa dopo giornate (e nottate) di negoziati? Prima di andare a riposare, gli eurocrati usano andare a “La Morte Subite” (un nome che è tutto un programma), una birreria aperta nel 1910 ubicata nel centro storico che è diventata ora ristorante di lusso. Lì si tracannano birra ed alcol più pesanti (oltre che vini di pregio) sino alle ore piccolissime.

L’ultima parola (tedesca)

La sera del 24 febbraio il commento più frequente era, in toni un po’ sprezzanti, “il nouveau bail à court terme avec la Grèce”, letteralmente “il nuovo contratto di locazione a breve termine con la Grecia”. Si sotto-intendeva che era stato firmato per stanchezza, che comunque alcuni Parlamenti nazionali (specialmente quello tedesco) hanno l’ultima parola, che Tsipras non riuscirà a tenere gli impegni con il resto dell’eurozona e, al tempo stesso, mantenere tranquillo il fronte interno.

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