Matteo si riprende gli 80 euro con il fumo

Franco Bechis – Libero

Arriva la prima stangata sui fumatori di ogni genere firmata dal governo di Matteo Renzi. In un decreto legislativo trasmesso al Parlamento da Maria Elena Boschi a fine agosto è infatti previsto un riordino delle accise sui prodotti da fumo che non risparmierà né fumatori di sigarette e sigari tradizionali, né gli amanti delle sigarette elettroniche. La manovra consentirà allo Stato di incassare 163 milioni di euro all’anno in più di oggi grazie a un mix di disposizioni favorevoli, tra cui l’abolizione dell’imposta sui fiammiferi e di norme fiscali introdotte nel 2013 (-53 milioni di euro), e il rincaro di sigarette (+48 milioni di euro), di prodotti da fumo diversi (come i sigari: +36 milioni di euro) e soprattutto della sigaretta elettronica (+132 milioni di euro l’anno). Il conto finale è salato, e potrebbe portare a un aumento di circa 20 centesimi a pacchetto di sigarette, e a una vera stangata sulle ricariche con nicotina per le sigarette elettroniche, visto che viene invece esclusa la tassazione sui componenti elettronici.

Ma il mercato dei fumatori ha tirato negli ultimi due anni un brutto scherzo alle casse dello Stato. Il governo cerca infatti di fare quadrare attraverso continui aumenti di accise e di Iva sui prodotti da fumo due elementi che per principio sono in contrasto: la salute degli italiani (disincentivando il fumo) e quella dell’erario (che deve incassare sempre di più anche se si fuma meno). L’operazione per anni è riuscita, anche in tempi molto recenti. Come spiega il nuovo decreto legislativo nella sua relazione introduttiva, nel periodo 2006-2011 «il consumo di sigarette è diminuito di circa 8,3 milioni di chilogrammi (-8,89%), mentre il gettito – a titolo di accisa – è aumentato del 10,65%, con un maggiore gettito, nei sei anni, di 1 miliardo e 25 milioni di euro». Operazione perfetta: meno gente che fumava, più salute in generale (anche quella ha un costo per le casse dello Stato), ma quelli che rimanevano fumatori pronti comunque a mettere mano al portafoglio ad ogni aumento di accisa voluto dallo Stato.

Il sistema perfetto però si è inceppato in questi ultimi due anni, durante i quali sui prodotti da fumo si sono abbattuti contemporaneamente ben tre manovre sulle accise e due aumenti dell’Iva a distanza di poco tempo (prima dal 20 al 21% poi quella varata dal governo di Enrico Letta al 22%). Questa volta i fumatori si sono ribellati, e non hanno operato nemmeno scelte di ripiego tradizionali, come quella di passare a pacchetti di sigarette meno costosi (ma con le stesse accise degli altri, con effetto quindi netto sulle casse dello Stato).

Spiega mestamente il governo Renzi: «Negli ultimi due anni invece è stata registrata una riduzione dei consumi di circa 11,5 milioni di chilogrammi, cui è conseguita una contrazione del gettito – a titolo di accisa – di circa 500 milioni di euro. Metà del guadagno extra dello Stato dei cinque anni precedenti se ne è andato – bisogna proprio dirlo – in fumo nel biennio successivo. E non era mai accaduto. I consumatori per la prima volta si sono ribellati semplicemente non comprando più sigarette o facendosi durare di più il pacchetto acquistato, se proprio non riuscivano a smettere. «Gli aumenti di prezzo sono stati giudicati eccessivi dal mercato, il quale ha quindi registrato una forte riduzione dei consumi e di conseguenza una diminuzione delle entrate erariali», scrive l’esecutivo. E che si inventano per invertire la crisi? Un nuovo aumento delle sigarette. Sembrano schizofrenici, visto quel che hanno appena finito di spiegare, ma è così. Il fatto è che il governo se ne rende conto, e prova a spiegarsi: la manovra sulle accise colpirà soprattutto i pacchetti di sigarette venduti a prezzo più basso, perché i produttori si sono difesi dal calo dei consumi abbassandone il prezzo (e quindi danneggiando l’erario). Non ci dovrebbero essere contraccolpi sulla fascia alta dei fumatori. Vengono colpiti i più poveri quindi, ma secondo il governo non ci sarà effetto negativo per l’erario perché proprio in quella fascia di consumo la capacità reddituale è in aumento negli ultimi mesi. Non è citato direttamente, ma l’aumento è legato ai famosi 80 euro. Che il governo spera vivamente vadano in fumo.