gaetano pedullà

Lavoro, una riforma prematura

Lavoro, una riforma prematura

Gaetano Pedullà – La Notizia

Una riforma che guarda a sinistra ma non vede lontano. L’abolizione dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, gli ormai famosi co.co.co., insegue un principio giusto: basta con le scappatoie che favoriscono il precariato. E basta con il lavoro palesemente subordinato spacciato per prestazione autonoma o a progetto. Detto questo, il successo delle forme contrattuali nel mirino del ministro Poletti testimoniano come le imprese ancora oggi non abbiano molta scelta nelle assunzioni. La rigidità nella prosecuzione del rapporto anche in caso di difficoltà da parte delle aziende, scoraggiano le assunzioni a tempo indeterminato. E siccome non è vero che le famiglie (e le imprese) si stanno arricchendo – come sostiene il premier – la rincorsa del giusto obiettivo di ridurre la precarietà rischia di rivelarsi un boomerang. La ripresa infatti è ancora lontana e smantellare con tanta fretta uno dei maggiori elementi di flessibilità contrattuale è una mossa prematura. Partiti di sinistra e sindacati ne faranno una bandiera, ma l’effetto concreto sul mercato del lavoro rischia di essere negativo, proprio mentre la crescita all’orizzonte spingerebbe le imprese a investire di più. Un azzardo.

FCA assume, il successo delle riforme

FCA assume, il successo delle riforme

Gaetano Pedullà – La Notizia

Chi dice ancora che le riforme servono a poco, che tanto questo Paese è infetto e prima di cambiare le nostre regole c’è sempre qualcos’altro di più urgente da fare, si fermi a contare fino a milleecinquecento. Tanti sono i posti di lavoro che la Fca (il nuovo nome della Fiat) attiverà nel giro di poche settimane in Italia. Ora è chiaro che Marchionne, per quanto possa essersi legato a Renzi, mai avrebbe annunciato un tale piano se dietro non ci stava il successo commerciale di alcuni modelli (ed era ora che la Fiat ricominciasse a farne di appetibili per il mercato!). Ma la possibilità di utilizzare strumenti nuovi, come quelli previsti dal Jobs Act, ha dato certamente una spinta in più. Gli investitori esteri d’altronde è questo che vogliono: regole chiare e comparabili sul piano internazionale, oltre ad alcune condizioni di base come le infrastrutture, l’accesso al credito e la sicurezza. Pensiamo allora a quanti altri investimenti guadagneremmo se le riforme procedessero più spedite e se dopo quelle non sempre drastiche del primo anno di governo Renzi riuscissimo a farne altre più decise ed efficaci. Insieme alla Fiat qui tornerebbe a fare impresa tutto il mondo.

L’addio al segreto, ultima possibilità

L’addio al segreto, ultima possibilità

Roberto Lugano e Salvatore Pedullà – Il Sole 24 Ore

La firma dell’accordo per lo scambio di informazioni tra Italia e Svizzera, attesa nelle prossime settimane, ha un duplice significato e lancia un importante messaggio. Nell’immediato, consente di sapere quali saranno le regole e i costi per la regolarizzazione delle attività e degli investimenti detenuti dai cittadini italiani nella confederazione elvetica. In una prospettiva più generale, le nuove regole di cooperazione in arrivo segnano probabilmente la fine di un’epoca: un’epoca caratterizzata da un lato dall’esportazione di ricchezza oltre confine e dall’altro dall’assoluta riservatezza che il sistema del segreto bancario elvetico ha fin qui largamente garantito.

Si tratta di due aspetti importanti rafforzati dal messaggio di fondo che questa nuova prospettiva di collaborazione finisce per trasmettere. Qui, probabilmente, non cade solo il segreto svizzero ma viene messa in dubbio l’idea stessa che nel mondo attuale possano ancora esistere territori sicuri dove occultare ricchezze sottratte a tassazione in Italia (o in qualsiasi altro paese). D’altra parte, l’offensiva lanciata dall’Ocse e dai maggiori Paesi per la trasparenza fiscale qualche risultato lo sta producendo. Gli accordi sottoscritti a livello internazionale spesso prevedono addirittura lo scambio automatico di informazioni. Certo, servirà ancora un po’ di tempo per mandare tutto a regime ma non si può ignorare che tra i firmatari di queste intese figurano Paesi quali il Lussemburgo, San Marino, il Lichtenstein, le isole Cayman, Hong Kong, Singapore, Monaco, la stessa Svizzera. Sono gli stessi Paesi che in questi anni hanno offerto un rifugio sicuro dai controlli del Fisco, e che oggi si dichiarano pronti a trasmettere tutte le informazioni su conti correnti e movimentazioni finanziarie.

È una prospettiva alla quale molti non credevano. Basti pensare agli scudi fiscali del 2002 e del 2009-10. Nonostante la grande convenienza alla regolarizzazione e al buon successo di quelle operazioni, molti contribuenti scelsero comunque di non aderire perché convinti che mai e poi mai i Paesi “opachi” – la Svizzera ma non solo – avrebbero rinunciato al segreto e reso di fatto trasparente il rapporto con i clienti italiani. Molti hanno scelto di continuare a rischiare e a detenere oltre confine le ricchezze senza segnalarne provenienza, proventi e consistenza nella dichiarazione dei redditi.

La legge sul rientro dei capitali sta in qualche modo accelerando un processo di per sé irreversibile. La necessità di chiudere ulteriori accordi bilaterali per lo scambio di informazioni entro 60 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento (e quindi entro il 2 marzo) ha dato solo l’impulso per accelerare la sottoscrizione dei patti. E a ben giudicare, anche la circostanza che l’accordo con la Svizzera (senza dubbio il più importante) sia prossimo alla firma ha una valenza ulteriore, quasi a significare che si è fatto in fretta perché questa è l’unica strada percorribile in un sistema globale moderno.

La voluntary disclosure rappresenta la nuova e, presumibilmente, ultima opportunità per regolarizzare la propria posizione. Il mondo sta diventando una scatola trasparente, i pochi Stati che ancora non si sono adeguati saranno costretti a farlo, è solo questione di tempo. Scegliere oggi di mantenere le attività illegalmente in questi luoghi presenta incognite enormi: dal rischio–paese all’impossibilità pratica di recuperare le somme estere. Si può obiettare che in alcuni casi il costo della disclosure può essere elevato, ma d’altro canto non approfittarne espone a un duplice effetto negativo: perdere la disponibilità concreta dei propri mezzi finanziari ed esporsi ai sempre maggiori rischi di essere accertati e sanzionati (anche penalmente) in modo ancor più aspro.

Un passo avanti e due indietro

Un passo avanti e due indietro

Gaetano Pedullà – La Notizia

Un passo avanti e due indietro, anche il Job Act si avvia a diventare legge. Doveva essere una rivoluzione, sarà invece una riforma zoppa. Per renderla meno indigesta a sinistra Pd e sindacati, torna infatti il reintegro in caso di licenziamento disciplinare senza giusta causa. Quali saranno queste giuste cause lo vedremo nei decreti delegati, ma dall’entusiasmo con cui si è ricompattata la minoranza Dem c’è da scommettere che le maglie saranno larghe. Renzi incassa così la sua riforma e, come effetto collaterale, un maggiore isolamento della Camusso, ormai mollata da Cisl e Uil. Alla politica e al sindacato che fa politica sfugge però che mentre ci si accapiglia per definire nuove regole (in questo caso del lavoro), c’è un’Italia vasta che delle regole (tutte) se ne sbatte. Le occupazioni abusive degli alloggi popolari a Milano e Roma – dove ieri c’è quasi scappato il morto – sono una prassi. Così come la violenza nelle periferie. E la rivolta degli abitanti di Tor Sapienza, nella Capitale, con i residenti che si fanno giustizia da soli per i furti degli immigrati, è il certificato di morte di uno Stato che continua a mettere e togliere regole. Senza la forza però di applicarle.

Bertelli, la Camusso della moda

Bertelli, la Camusso della moda

Gaetano Pedullà – La Notizia

Patrizio Bertelli è da ieri la Camusso della moda. Non che si sentisse bisogno di nuovi sindacalisti, ma il personaggio più noto al pubblico come Mr. Prada (dal cognome della moglie, la stilista Miuccia) non ha resistito a bombardare la giornalista Gabanelli. L’inchiesta sulle oche spennate vive per produrre a due euro i piumini Moncler ha messo in agitazione i padroni delle griffe. E dopo essersi morso la lingua per dieci giorni alla fine Bertelli è scoppiato. Il servizio di Report – ha detto – è la dimostrazione della stupidità umana. Ora, premesso che informare i cittadini fa cultura (come la moda, d’altronde), l’imprenditore diventato ricchissimo con il marchio di famiglia (e molta finanza) si è preso una sacrosanta bastonata dalla stessa Gabanelli. Mr. Prada è infatti indagato per un’elusione fiscale da mezzo miliardo. Naturale che sia un signore che non ami certa pubblicità, preferendo acquistarne per milioni sui giornali, così da promuovere il brand e – mentre ci siamo – far dimenticare le sue pendenze tributarie. La moda è una cosa seria, ma certa arroganza non è di moda. E l’informazione – quella vera – non è pubblicità che si compra come una borsetta.

I veri gufi sono i banchieri

I veri gufi sono i banchieri

Gaetano Pedullà – La Notizia

Napolitano lascia o il Patto del Nazareno raddoppia, agli italiani i giochi della politica interessano poco quando in tasca non c’è un euro. E di euro, appunto, se ne vedono sempre meno. Ieri a confermarlo è stata Bankitalia: anche a settembre sono diminuiti i prestiti delle banche a famiglie e imprese. Così non c’è Governo, non c’è politica e non c’è cacciatore di gufi che tenga: la nostra economia non può ripartire. Questa ultima flessione è infatti la più inquietante, perché a metà settembre la Bce aveva offerto credito illimitato e quasi gratuito a tutte le banche europee. Quelle italiane avevano preso pochi miliardi (preoccupate per gli imminenti stress test) ma i nostri banchieri si erano impegnati a riaprire i cordoni della borsa. E fare il loro mestiere: prestare un po’ di soldi a tanti e non montagne di milioni solo a pochi. Alla prova dei fatti invece i prestiti sono calati ancora, i potenti come De Benedetti, che ha fatto un buco da due miliardi con Sorgenia, come sempre sono stati salvati. E migliaia di piccoli artigiani sono stati fatti fallire per pochi euro. Le riforme servono, ma chiamare alla loro responsabilità questi minuscoli banchieri è urgente. Una priorità.

L’Europa dei burocrati ci ha tradito

L’Europa dei burocrati ci ha tradito

Gaetano Pedullà – La Notizia

Dovrebbero fargli una statua a Renzi. E invece a Bruxelles fanno gli offesi a sentirsi chiamare euroburocrati. Spiegano che se avessero dovuto valutare i conti italiani burocraticamente ci avrebbero bocciato. Dunque, sostengono, la loro è una valutazione politica. Una bella politica quella che ci impone da anni tasse a non finire, che ci ha messo in ginocchio, che ha innescato un ciclo recessivo da cui chissà quando e come ne usciremo. Questa Europa che ha tradito i suoi Paesi, non aprendo l’ombrello quando la Grecia affondava, continuando a tenere la Banca centrale inerte mentre Usa e Giappone stampano moneta e oggi possono dare ai loro giovani prospettive ben diverse da quelle che abbiamo noi qui in Europa. A questi burocrati – perché questo sono e non c’è nulla di male a chiamarli con il loro nome – per la prima volta un governo italiano sta chiedendo rispetto. Abbiamo avuto premier che hanno fatto i camerieri alla Merkel e a Barroso. È chiaro che non sono abituati a vederci con un po’ d’orgoglio nazionale. Renzi poi sarà discutibile e pieno di sé, ma visto cosa hanno portato a casa i suoi ultimi predecessori più buio di mezzanotte non può fare.

Uno stato che non vuole dimagrire

Uno stato che non vuole dimagrire

Gaetano Pedullà – La Notizia

Resistere, resistere, resistere. Più si rischia di finire asfaltati dalla storia – prima ancora che dalle riforme – e più l’imperativo è alzare le barricate per non sparire. E conservare i privilegi di sempre. Guardiamo all’ultimo allarme della Banca d’Italia. Il Governo prova a mettere il Tfr in busta paga per sostenere i consumi e Palazzo Koch cosa fa? Boccia tutto, gettando nel panico chi potrebbe essere presto chiamato a scegliere, avvisando che le pensioni saranno più povere. Beh, è evidente anche al più sprovveduto che le risorse utilizzate oggi non ci saranno domani. Quello che appare meno chiaro è cosa ci stia a fare oggi la Banca d’Italia, priva di competenze sulla moneta e sulla vigilanza bancaria. Buon senso vorrebbe che si sciogliesse, anche per risparmiare i molti milioni che brucia strapagando dal governatore all’ultimo dei suoi privilegiatissimi impiegati. Un rischio concreto, che bisogna scongiurare, magari prima che a qualcuno venga voglia di cambiare verso pure su via Nazionale. Una musica identica a quella che si sente dalle parti dei sindacati, delle Regioni, di una burocrazia che sa di aver fatto il suo tempo. Ma che di mollare non ci pensa proprio.

I colpi sotto la cintura del sindacato

I colpi sotto la cintura del sindacato

Gaetano Pedullà – La Notizia

Ripetere cento volte una menzogna non la farà diventare verità. Ma per Camusso, Landini e compagni non ci sono dubbi: «Il Presidente del Consiglio dovrebbe provare ad abbassare i manganelli dell’ordine pubblico» ha detto la segretaria Cgil, come se la decisione di manganellare i lavoratori delle acciaierie di Terni fosse partita dal Governo. Ora a Renzi si possono fare molte critiche, ma travestito da picchiatore folle non è facile immaginarlo nemmeno a carnevale. E allora bisogna rafforzare la menzogna. Il leader delle tute blu ammonisce: «Non si ripeta più». E i metalmeccanici della Fiom proclamano 8 ore di sciopero generale. Le manganellate nello scontro della politica volano anche sotto la cintura. Il giochino però è chiaro: c’è una parte di questo Paese che le riforme non le vuole. Dunque bisogna togliere al premier l’abito del rottamatore per fargli indossare quello dello squadrista, del garante dei poteri forti, del nemico dei lavoratori. Siamo con le pezze al sedere, ma invece di tirare tutti insieme la carretta, in questo povero Paese c’è un sindacato che non sa fare altro se non frenare e denigrare. Dove ci hanno portato questi signori è sotto gli occhi di tutti.

A chi giova paralizzare il paese

A chi giova paralizzare il paese

Gaetano Pedullà – La Notizia

Quattro lavoratori disperati feriti, altrettanti poliziotti in ospedale. Il bollettino di una inutile guerra tra poveri segnala che l’autunno caldo sarà lungo. Troppo forte il disagio sociale, troppe le aziende in crisi. Le manganellate ai manifestanti che volevano dirigersi senza autorizzazione alla stazione Termini fanno male però anche al Governo. Sindacati e minoranza del Pd, ormai in rotta totale con Palazzo Chigi, hanno preso la palla al balzo per dimostrare un fantomatico accanimento contro le incolpevoli vittime della crisi. Ovviamente non c’è niente di più lontano dalla realtà, ma quando la politica scade a certi livelli ogni argomento è buono per colpire l’avversario. E nessuno – con Renzi in testa – si è mai illuso che le riforme in questo Paese possano essere fatte a costo zero. Poveri poliziotti minacciati hanno reagito alla tensione della piazza, ma senza sporcarsi le mani solo poche ore prima la Camusso aveva accusato il premier di essere stato messo a Palazzo Chigi dai poteri forti. Con questo continuo avvelenare i pozzi, dopo venti anni di referendum su Berlusconi rischiamo di continuare a paralizzare il Paese. Quello che vogliono Camusso & C. Non possiamo permettercelo.