Stavolta si deve passare, sul lavoro schizzò il sangue dell’ideologia: basta!

Giuliano Ferrara – Il Foglio

Lo scontro con i sindacati e con le sinistre classiste e d’apparato è la regola dei governi. Almeno dopo la fine del regime democristiano, che sapeva come fare: rinviava, faceva debito, garantiva la democrazia dell’indecisionismo, e prosperava su quel nulla opulento e affidato all’estro della società (una soluzione, intendiamoci, ma autarchica, incompatibile con la concorrenza e i mercati aperti nel mondo, incompatibile con la moneta unica, insomma fuori della storia). Craxi sfidò la Cgil e fu sfidato dai sindacati, da pezzi ingenti di padronato e di establishment politico, sulla scala mobile, oltre che dalle Brigate rosse molto impegnate nella questione del diritto del lavoro e del salario (Ezio Tarantelli). Berlusconi fece il patto per l’Italia con Cisl e Uil, e fu tramortito dalla diserzione dei padroncini all’italiana, i grandi sculettatori opportunisti che vanno sempre dietro a chi pensano possa vincere e distribuire piccoli vantaggi, e dalla battaglia d’arresto di Cofferati nel Circo Massimo mediatico-sindacale, e dalle Brigate rosse sopravvissute agli anni Ottanta (Marco Biagi, oltre alle molotov per quel pover’uomo di Pezzotta della Cisl eccetera). D’Alema ci provicchiò, ma essendo piccino e parvenu, fu un coito interrotto prima che si passasse dai preliminari all’atto, e comunque ci fu chi pagò per lui (Massimo D’Antona).

È la volta di Renzi. Non pensavano a questa sorpresa. Uno scout di trent’anni. Uno con una sua squadra postideologica. Il nemico delle fregnacce d’antan. Il giovane uomo di governo fattosi da sé senza troppa malizia, solo con quel tanto di expertise politica, che gli appartiene, necessaria a rottamare le vecchie cariatidi che furono protagoniste delle antiche battaglie di retroguardia. I magistrati lo puntano, come al solito via famigliari e amici, e tutto il resto del mondo di ieri, quello torvo, gli fa contro il comizio demagogico. Ma stavolta trovano duro. Ha il 41 per cento alle europee. Berlusconi lo appoggia. Era anche lui un osso duro, ma era il capo di una coalizione un po’ merdosa, esposto al tradimento, alla cultura democristiana del suo consigliere politico, il grandissimo Gianni Letta. Renzi invece un Letta piccolissimo l’ha licenziato, senza nemmeno aver ancora riformato l’articolo 18, ed è dunque meglio “posizionato”, come si dice tra noi commesse dell’informazione. Ce la farà? Non ce la farà? Monti fece retromarcia, e la brava Fornero non dovrebbe ora uscire dal magnifico riserbo in cui è entrata dopo che le imposero la rima baciata con Cimitero. Non importa se Renzi ce la possa fare o no, importa che combatta a viso aperto, e che molto dantesco sangue si sparga per l’Arbia. Quelli che ci hanno sempre preso da dietro, e che ce l’hanno messo in quel posto a tradimento, stavolta devono pagare il fio, vendetta, tremenda vendetta, della loro malaccorta e fessa gigionaggine di difensori dei lavoratori.

Renzi ai lavoratori dipendenti ha dato il più forte aumento contrattuale degli ultimi trent’anni: il beneficio fiscale diretto degli 80 euro. E la Camusso deve ancora imparare il mestiere, mentre Landini deve finirla di ammannire in televisione i suoi comiziacci, si guardi le Iene dove si dimostra che oltre a evasori, esportatori di capitali, imprenditori pigri che non investono, politici incapaci di pianificazione industriale, ci sono a carico dei lavoratori parecchi sindacalisti, spesso della pubblica amministrazione ma non solo, che si inventano le pensioni integrative privilegiate e lucrano su lavoro mai lavorato a spese nostre, fiscalità generale e contributi onestamente versati. Si occupi della società, visto che di economia e mercati capisce un tubo vuoto. E date il sindacato alla giovane Sorrentino, una che (mi pare di aver capito) sa di che cosa parla, non tira fuori lo spettro della Thatcher, benedetta rivoluzionaria che la Camusso le sue realizzazioni per il popolo e il ceto medio e i pensionati e i lavoratori se le sogna, allo scopo di colpire con un colpo basso il capo del Pd e premier del governo italiano.

Giù le mani dai nazareni! Insisto. La Confindustria si dia una mossa, oppure facciamo manifestazioni di populazzo liberalmercatista sotto le sue sedi, mobilitiamo i giovani precari non contro lo stato, o il governo, che non c’entrano, ma contro il sistema grandi-imprese-grandi-banche che li opprime con la complicità dei sindacati e dei direttori di giornale e giornalisti che lavorano per loro. Fanculo, stavolta si deve passare. Basta. Non voglio morire di sindacalese e di noia mortale, e il paese merita di vivere creando convenienza per l’assunzione, per il lavoro vero, per quel che si può ottenere da un paese così scassato come questo, e non da Renzi.