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Meno prestiti e più depositi in Fvg, aumenta il risparmio di famiglie e imprese

Meno prestiti e più depositi in Fvg, aumenta il risparmio di famiglie e imprese

Udine Today

Nei primi dieci mesi del 2014 i prestiti del sistema bancario del Friuli Venezia Giulia ad imprese e famiglie sono scesi di 6,3 miliardi di euro, a fronte di un aumento dei depositi presso le banche di 5,1 miliardi di euro: lo rende noto un report del Centro Studi ImpresaLavoro che ha analizzato l’andamento dell’attività bancaria in regione.

Secondo l’istituto fondato da Massimo Blasoni, non si allenta quindi la morsa del credit crunch e questo nonostante il sistema bancario abbia ricevuto dal 2011 ad oggi fortissime iniezioni di liquidità. In parte si è trattato di trasferimenti effettuati dalla BCE ma una buona fetta di quelle risorse derivano dall’incremento del risparmio di famiglie e imprese.

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Più risparmi, ma la Crisi del credito non si allenta

Più risparmi, ma la Crisi del credito non si allenta

La Vita Cattolica

Nei primi dieci mesi del 2014 i prestiti del sistema bancario del Friuli-Venezia Giulia ad imprese e famiglie sono scesi di 6,3 miliardi di euro, a fronte di un aumento dei depositi presso le banche di 5,1 miliardi di euro: lo rende noto un report del Centro Studi ImpresaLavoro che ha analizzato l’andamento dell’attività bancaria in regione.

Secondo l’istituto fondato da Massimo Blasoni, non si allenta quindi la morsa del credit crunch e questo nonostante il sistema bancario abbia ricevuto dal 2011 ad oggi fortissime iniezioni di liquidità. In parte si è trattato di trasferimenti effettuati dalla Bce ma una buona fetta di quelle risorse deriva dall’incremento del risparmio di famiglie e imprese.

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Banche: ImpresaLavoro, meno prestiti e più depositi nel 2014

Banche: ImpresaLavoro, meno prestiti e più depositi nel 2014

Udine20.it

Nei primi dieci mesi del 2014 i prestiti del sistema bancario del Friuli Venezia Giulia a imprese e famiglie sono scesi di 6,3 miliardi di euro, rispetto a un aumento dei depositi di 5,1 miliardi. Il dato emerge da un report del Centro Studi ImpresaLavoro, che ha analizzato l’andamento dell’attività bancaria in regione.

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Un anno di governo Renzi: il fact checking definitivo passo dopo passo

Un anno di governo Renzi: il fact checking definitivo passo dopo passo

Angelo Romano, Antonio Scalari, Vincenzo Marino – La Gazzetta di Reggio

«I tempi delle riforme non possono più essere considerati una variabile indipendente», così aveva esordito Matteo Renzi, un anno fa, nel discorso di fiducia al Senato. Da qui, l’annuncio di un cronoprogramma che prevedeva una riforma al mese, che Valigia Blu ha seguito con il countdown . Poi il successo alle elezioni europee e il cambio di passo. Dalla frenesia di promesse con brevi scadenze al piano dei mille giorni , da verificare passodopopasso . A marzo 2014 il governo si presentò agli italiani con le slides della “Svolta Buona”. Molte le riforme e gli interventi previsti. Se alcuni provvedimenti, come il “bonus 80 euro”e il rafforzamento del fondo di garanzia per le PMI, sono stati rispettati, altri lo sono stati solo in parte. Per altri ancora, gli obiettivi che il governo si era proposto rimangono lontani, come per il piano per l’edilizia scolastica o lo sblocco dei debiti della Pa.

[…]

Marzo 2014: «Sblocco immediato e totale pagamento debiti PA, 68 miliardi entro luglio». Matteo Renzi, a Porta a Porta , promette di pagare tutti i debiti della Pubblica Amministrazione entro il 21 settembre. A Febbraio 2015, il Ministero dell’Economia annuncia che i pagamenti effettuati ai creditori ammontano a 36,5 miliardi. Secondo ImpresaLavoro si tratterebbe di meno della metà di quanto dovuto dalla Pubblica Amministrazione ai creditori.

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Le imprese non incassano e Renzi si dà del buffone

Le imprese non incassano e Renzi si dà del buffone

Marco Palombi – Il Fatto Quotidiano

Alla fine al monte Senario non c`è andato nessuno e ai “Servi di Maria”, nel senso dei frati a cui appartiene il relativo convento, non è restato altro che continuare a pregare, lavorare e distillare il liquore “Gemma d’Abeto” come fanno dal 1865. Può sembrare strano, ma il tema di cui si parla è il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione. Breve antefatto. È il 13 marzo 2014 e Matteo Renzi è comodamente assiso sulle poltroncine di Porta a Porta. Bruno Vespa lo titilla sui soldi che lo Stato deve alle imprese, gli propone un suo contratto con gli italiani. Il premier rifiuta, ma s’abbandona alla promessa circostanziata: “Se entro la fine dell’estate, diciamo il 21 settembre che è San Matteo, saranno pagati tutti i debiti della Pubblica amministrazione lei (nel senso di Vespa, ndr) andrà a piedi da Firenze a Monte Senario”. E se lei perde? Chiede speranzoso il conduttore. “So dove mi mandano gli italiani…”, toscaneggia l’ex sindaco: “Il minimo che mi aspetto è che mi chiamino buffone”.

Ecco, il 21 settembre è arrivato e Vespa e Renzi non sono riusciti a mettersi d’accordo su chi aveva vinto e chi perso. Geniale la soluzione svelata dall’uomo della Rai via Twitter il 22 settembre scorso: “Matteo Renzi ha accettato sportivamente di salire con me e altre persone in data da destinarsi al santuario di Monte Senario. Entrambi siamo infatti convinti di aver vinto la scommessa”. La carovana, però, non è ancora partita: entrambi forse sono convinti di aver già fatto la scampagnata. La vita, nell’anno secondo dell’era renziana, è soprattutto una questione di opinioni e pure i frati dovranno farsene una ragione. Resta una domanda: è lecito per gli italiani, col permesso dell’interessato, definire Renzi “buffone”? Insomma, li ha pagati o no questi debiti della Pubblica amministrazione?

I numeri, si sa, sono un po’ freddi, ma lasciano poco spazio a quel tipo di dibattito in cui ci si mette d’accordo sul fatto di non essere d’accordo. Tradotto: la risposta è no, non li ha pagati tutti. Per affermarlo basta prendere per buoni i numeri presenti sul sito del ministero del Tesoro. La cifra da cui partire è la stima fornita da Banca d’Italia sui debiti di Stato e enti locali: 91 miliardi al 31 dicembre 2012, oltre la metà dei quali considerati un picco anomalo dovuto a enormi ritardi nei pagamenti delle fatture (invece di 30 giorni la P.A. pagava a 170 e a volte non lo faceva proprio). Com’è la situazione oggi? A dati aggiornati al 30 gennaio 2015, i soldi stanziati per pagare il dovuto maturato entro il 2012 – che risalgono quasi tutti ai governi di Monti e Letta – sono complessivamente 56 miliardi. Questa cifra, però, esiste solo sulla carta: le risorse effettivamente messe a disposizione degli enti debitori (ministeri, Asl, regioni, enti locali e chi più ne ha più ne metta) ammontano a 42,81 miliardi, vale a dire il 76% dello stanziamento.

E non è finita. Non tutti i soldi esistenti sono già finiti nelle tasche delle imprese: di quei quasi 43 miliardi sono stati pagati davvero 36,483 miliardi, cioè i1 65% del totale ( a ottobre si era fermi a 32,5 miliardi). Ne mancano insomma almeno una ventina persino rispetto a quanto pianificato dal governo. Nel dettaglio, lo Stato centrale ha pagato 5,7 miliardi su sette totali stanziati; le regioni 21,6 su 33; province e comuni 9 su 16,1 miliardi. I settori più colpiti sono quello della sanità e dell’edilizia: recentemente l’associazione dei costruttori (Ance) ha parlato di 10 miliardi di debiti ancora da pagare alle imprese del settore. Poi c’è l’operazione lanciata dal governo Renzi nell’aprile 2014: la certificazione dei crediti maturati entro il 31 dicembre 2013 con apposito modulo sul sito del Tesoro scontabili in banca grazie a una garanzia statale e, in alcuni casi, all’intervento di Cdp. Anche qui la situazione è in chiaroscuro: a fine 2014 risultano registrate alla piattaforma di certificazione dei crediti 20.945 imprese che hanno presentato 91.423 istanze di certificazione per un valore di quasi 9,8 miliardi di euro. Non tutte le istanze digitali, però, risultano già evase dagli enti debitori: esiste, sempre sul sito del Tesoro, una lista di “istanze senza risposta” che ne elenca a migliaia per cifre superiori al miliardo di euro.

Ecco il riassunto di un report realizzato da Impresalavoro su dati Eurostat: “Meno della metà di quanto dovuto è stato pagato: i debiti commerciali maturati dalla P.A. nel 2013 ammontano a 74,2 miliardi di euro, quindi rimangono fuori dall’intervento del governo altri 37,7 miliardi”. La brutta notizia è questa: “Sbaglia, in ogni caso, chi pensa che questi interventi contribuiscano a ridurre sensibilmente lo stock di debito complessivo che lo Stato ha nei confronti delle imprese private. I debiti commerciali si rigenerano con frequenza: liquidare i debiti pregressi di per sé non riduce pertanto lo stock complessivo”. Già nel 2014, dice il report, “stimiamo che nel 2014 siano già stati consegnati alla P. A. beni e servizi per un valore di circa 158 miliardi di euro e che, in forza dei tempi medi di pagamento, lo stock complessivo del debito rimane fermo a circa 75 miliardi”. Insomma, se il pubblico non comincia a rispettare i tempi di pagamento delle fatture, il traffico a Monte Senario – almeno quello mentale – aumenterà esponenzialmente.

Bluff sui debiti PA: la metà è ancora da pagare

Bluff sui debiti PA: la metà è ancora da pagare

Stefano Re – Libero

Allarme per le imprese italiane: malgrado le promesse fatte da Matteo Renzi, che il 13 marzo, a Porta a Porta, si era impegnato a saldare tutti i debiti della Pubblica amministrazione entro settembre, gli ultimi dati dicono che i debiti pagati dalla pubblica amministrazione sono ancora meno della metà del dovuto. Lo stock del debito, intanto, resta inchiodato attomo a quota 75 miliardi. Venerdì il governo ha annunciato un ulteriore passo avanti nello smaltimento dei debiti scaduti delle Pubbliche amministrazioni, comunicando di aver erogato ai creditori, al 30 Gennaio 2015, 36,5 miliardi di euro, con un incremento di 4 miliardi rispetto all’ultimo monitoraggio effettuato a fine ottobre.

Tutto bene, dunque? Non proprio. Intanto perché questi pagamenti si riferiscono ai debiti maturati fino al 31 dicembre 2013 e non ai ritardi che la Pubblica amministrazione ha accumulato in tutto il 2014. E comunque, anche limitandosi ai debiti accumulati sino al 2013, i calcoli fatti da ImpresaLavoro su dati Eurostat e Intrum Justitia dicono che sinora è stato pagato meno della metà di quanto dovuto sino ad allora. I debiti commerciali maturati dalla Pubblica amministrazione al 2013, infatti, ammontano a 74,2 miliardi di euro: devono dunque essere pagati dal governo altri 37,7 miliardi.

Lo stock di debito complessivo che la Pubblica amministrazione ha nei confronti delle imprese private resta peraltro ingentissimo. I debiti commerciali infatti si rigenerano con frequenza, dal momento che beni e servizi vengono forniti di continuo. Liquidare i debiti pregressi di per sé non riduce quindi lo stock complessivo: questo può avvenire soltanto nel caso in cui i nuovi debiti creatisi nel frattempo risultano inferiori a quelli oggetto di liquidazione. Una condizione che non potrà crearsi fino a quando il livello di spesa della pubblica amministrazione e i suoi tempi medi di pagamento (che al momento sono di 170 giorni) non subiranno una drastica diminuzione. Purtroppo nessun indicatore, avverte ImpresaLavoro, permette di dire che vi è stata una diminuzione dei tempi di pagamento. Ciò significa che l’intervento del governo è servito soltanto ad impedire che lo stock aumentasse.

Il Centro studi stima che nel 2014 siano già stati consegnati alla Pubblica amministrazione beni e servizi per un valore di circa 158 miliardi di euro e che, in forza dei tempi medi di pagamento della nostra Pa, lo stock complessivo del debito è pari a circa 75 miliardi: di poco superiore, dunque, a quello di fine 2013. Si tratta, peraltro, di stime prudenziali, che non tengono conto di altri debiti commerciali, tra cui quelli delle imprese partecipate dallo Stato e dagli enti locali. L’universo di società che vedono nel proprio capitale sociale la partecipazione di amministrazioni pubbliche locali e centrali contribuiscono infatti ad aumentare in misura rilevante lo stock dei debiti commerciali della nostra Pa, per una quota difficile da stimare. Secondo uno studio condotto dal Cerved sui dati del 2013, le imprese partecipate da Regioni e Autonomie locali registrano pessime performance in termini di fatture non pagate sullo scaduto. Si stima che a giugno 2013 le partecipate regionali non abbiano pagato addirittura l’82,2% delle fatture scadute, registrando un forte peggioramento rispetto agli anni precedenti.

Secondo il presidente del centro studi ImpresaLavoro, Massimo Blasoni, «sono gli stessi dati che il governo comunica a certificare che Renzi non ha mantenuto la promessa di saldare tutti i debiti della pubblica amministrazione entro il 21 Settembre dello scorso anno. Il presidente del Consiglio aveva garantito di saldare tutto il pregresso entro San Matteo: 146 giorni dopo siamo anche a meno di metà del percorso. La Pubblica amministrazione onora i propri impegni in tempi lunghissimi, 170 giorni: il governo, per non essere da meno, sembra adeguarsi a questi tempi nel mantenere le sue promesse. Le imprese, però, non possono più permettersi di aspettare».

Debiti PA: pagato meno della metà di quanto dovuto

Debiti PA: pagato meno della metà di quanto dovuto

NOTA

Ieri il governo ha annunciato un ulteriore passo avanti nello smaltimento dei debiti scaduti delle Pubbliche Amministrazioni, comunicando di aver erogato ai creditori, al 30 Gennaio 2015, 36,5 miliardi, con un incremento di 4 miliardi rispetto all’ultimo monitoraggio effettuato a fine ottobre.
Va ricordato che tali pagamenti si riferiscono ai debiti maturati fino al 31 dicembre 2013 e non ai ritardi che la Pubblica Amministrazione ha accumulato in tutto il 2014. Anche fermandoci solo a questi, secondo quanto elaborato da ImpresaLavoro su dati Eurostat e Intrum Justitia, non si può fare a meno di rilevare che meno della metà di quanto dovuto è stato pagato. Questo perché di debiti commerciali maturati dalla Pubblica Amministrazione nel 2013 ammontano a 74,2 miliardi di euro. Rimangono quindi fuori dall’intervento del governo altri 37,7 miliardi per i soli debiti già esistenti alla fine del 2013.

tabella

La nostra stima, come del resto quelle di altre indagini, va considerata come prudenziale, poiché non tiene conto di altri debiti commerciali, tra cui quelli delle imprese partecipate dallo stato e dagli enti locali. L’universo di società che vedono nel proprio capitale sociale la partecipazione di amministrazioni pubbliche locali e centrali, contribuiscono infatti ad aumentare in misura rilevante lo stock dei debiti commerciali della nostra PA, per una quota comunque difficilmente stimabile. Secondo uno studio condotto da Cerved (2013) le imprese partecipate da Regioni e Autonomie locali registrano delle pessime performance in termini di fatture non pagate sullo scaduto. Si stima che a giugno 2013 le partecipate regionali non abbiano pagato addirittura l’82,2% delle fatture scadute, registrando un forte peggioramento rispetto agli anni precedenti. Ad aggravare il quadro si aggiungerebbe il fatto che queste società registrano delle performance reddituali negative.
Sbaglia, in ogni caso, chi pensa che questi interventi contribuiscano a ridurre sensibilmente lo stock di debito complessivo che la PA ha nei confronti delle imprese private. I debiti commerciali si rigenerano con frequenza, dal momento che i beni e servizi vengono forniti in un processo di produzione continuo e ripetitivo. Ogni giorno infatti, le imprese che lavorano con la PA consegnano i beni ed erogano i servizi richiesti; ogni giorno, le imprese incassano i crediti per le forniture chiuse in passato.
Lo stock di debito commerciale si modifica così continuamente, dal momento che ogni giorno vengono liquidati debiti pregressi e al tempo stesso ne sorgono di nuovi. Liquidare i debiti pregressi di per sé non riduce pertanto lo stock complessivo dei debiti commerciali: questo può avvenire soltanto nel caso in cui i nuovi debiti creatisi nel frattempo risultano inferiori a quelli oggetto di liquidazione. Una condizione che non potrà crearsi fino a quando il livello di spesa della pubblica amministrazione e i suoi tempi medi di pagamento (che al momento sono di 170 giorni) non subiranno una drastica diminuzione. Nessun indicatore oggi a disposizione ci permette di dire che vi è una diminuzione dei tempi di pagamento. Ciò significa che lo stock complessivo del debito è ad oggi invariato e che l’intervento del governo, pur meritorio, è servito soltanto ad impedire che lo stock aumentasse ulteriormente.
Nel caso concreto, stimiamo che nel 2014 siano già stati consegnati alla Pubblica amministrazione italiana beni e servizi per un valore di circa 158 miliardi di euro e che, in forza dei tempi medi di pagamento della nostra PA, lo stock complessivo del debito della PA rimane fermo a circa 75 miliardi.
Secondo il presidente del Centro Studi ImpresaLavoro, Massimo Blasoni “sono gli stessi dati che il governo comunica a certificare che Renzi non ha mantenuto la promessa di saldare tutti i debiti della Pubblica Amministrazione entro il 21 Settembre dello scorso anno. Il Presidente del Consiglio aveva garantito di saldare tutto il pregresso entro San Matteo: siamo a San Valentino, 146 giorni dopo, e siamo anche a meno di metà del percorso. La Pubblica Amministrazione onora i propri impegni in tempi lunghissimi, 170 giorni: il governo, per non essere da meno, sembra adeguarsi a questi tempi nel mantenere le sue promesse. Le imprese, però, non possono più permettersi di aspettare”.
Rassegna stampa
Libero
Il Fatto Quotidiano
Si poteva raddoppiare il taglio Irap riorganizzando il sistema di contributi alle imprese

Si poteva raddoppiare il taglio Irap riorganizzando il sistema di contributi alle imprese

NOTA

Tra trasferimenti correnti e contributi in conto capitale il Friuli Venezia Giulia ha erogato nel 2013 al sistema della imprese 230 milioni di euro suddivisi tra contributi erogati ad aziende private e trasferimenti concessi ad aziende pubbliche. Una cifra consistente, pari allo 0,62% del PIL regionale e sensibilmente superiore.
Un paper di Paolo Ermano dell’Università di Udine ha analizzato per ImpresaLavoro il fenomeno ed, elaborando dati SIOPE, ha ricostruito la composizione di questi dati. Nel 2013 – al netto dei contributi per servizi sanitari – la nostra Regione ha trasferito complessivamente 108 milioni di € ad imprese private (56 milioni in trasferimenti correnti e 52 in contributi in conto capitale) e 121 milioni di € ad imprese pubbliche (34 milioni di € in trasferimenti correnti e 87 milioni di € in conto capitale).

tabella 1

Elaborazione ImpresaLavoro su dati SIOPE. www.siope.it

E’ tanto o poco? Secondo il Centro Studi fondato da Massimo Blasoni si tratta di una cifra di tutto rispetto che in rapporto al PIL regionale è tre volte quanto eroga la Regione Veneto e cinque volte quanto distribuisce la Lombardia anche se con il nostro 0,62% siamo dietro tutte le altre regioni speciali, esclusa la Sardegna (0,51%). Il Trentino Alto Adige, infatti, eroga risorse alle imprese per il 2% del proprio PIL, la Valle d’Aosta per l’1,06%, la Sicilia per lo 0,78%.

tabella3

Per capire l’impatto di queste misure basta confrontarle con due tasse regionali, l’IRAP e l’addizionale IRPEF. Partiamo da quest’ultima che, secondo la Corte dei Conti, ha generato nel 2013 196 milioni di euro derivanti dalle aliquota all’1,23% per i redditi sopra i 15.000€ e dello 0,70% per i redditi sotto tale soglia. L’IRAP regionale ha garantito nel 2013 un gettito di 681 milioni, di cui 440 da aziende private.
Durante il dibattito su Rilancimpresa, la Regione ha più volte spiegato di non essere in grado di andare oltre il taglio dell’IRAP di circa 7 milioni di euro previsto nel provvedimento in discussione. Secondo ImpresaLavoro, invece, un’ipotesi di revisione del sistema dei contributi alle imprese avrebbe permesso di estendere sensibilmente i beneficiari del taglio, fino a raddoppiarne l’impatto.
E’ questo, infatti, il vero tema in discussione. Il dibattito sulla fuga delle imprese Regionali in Carinzia o in Slovenia ruota intorno a due fattori: di là le imposte sono più basse e c’è meno burocrazia. Tagliando con decisione l’IRAP il Friuli Venezia Giulia potrebbe diventare fiscalmente competitiva, quantomeno rispetto alle altre regioni italiane e ridurrebbe il divario fiscale con Slovenia e Carinzia semplificando il sistema e immettendo risorse senza la necessità di dedicare ore preziose alla burocrazia per richiedere un contributo.
Scarica il paper di Paolo Ermano per ImpresaLavoro “Dare a tutti per dare meglio“.

La Puglia è terza in Italia per fondi alle imprese

La Puglia è terza in Italia per fondi alle imprese

La Gazzetta del Mezzogiorno

Tra trasferimenti correnti e contributi in conto capitale ogni anno le Regioni italiane trasferiscono al sistema delle imprese circa 6 di euro, suddivisi tra contributi erogati ad aziende private e trasferimenti concessi ad aziende pubbliche. Una cifra consistente, pari allo 0,36% del Pil nazionale. Lo rivela una ricerca del Centro studi «ImpresaLavoro», evidenziando che – nel dettaglio – a fare la parte del leone è il Trentino Alto Adige, che trasferisce annualmente al suo sistema delle imprese circa 762 milioni di euro, seguito dalla Sicilia con 683 e dalla Puglia, con 591 milioni.

Sulla base del Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici del Ministero delle Finanze, gli ultimi dati disponibili certificano che nel 2013 le Regioni italiane hanno trasferito complessivamente 3,3 miliardi di euro a imprese private (1 miliardo in trasferimenti correnti e 2,3 miliardi in contributi in conto capitale) e 2,5 miliardi di euro a imprese pubbliche (1,1 in trasferimenti correnti e 1,4 miliardi in conto capitale). E dal punto di vista dei contributi che ogni regione eroga rapportati alla popolazione, il Trentino Alto Adige risulta ancora di gran lunga il territorio più generoso: con 736 euro per ogni cittadino residente quasi doppia la Valle d’Aosta che si classifica al secondo posto. Terza la Basilicata con 200 euro a cittadino e quarto il Friuli Venezia Giulia, che trasferisce ogni anno alle sue imprese 186 euro per cittadino residente. Molto meno generose sono la Toscana (37 euro), la Lombardia (41 euro) e il Lazio (42 euro).

Anche con riferimento al Pil Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Basilicata si confermano le regioni in cui vengono erogati più contributi alle imprese: nelle province di Trento e Bolzano, infatti, la contribuzione regionale ad aziende pubbliche e private raggiunge i 2 punti di Pil: il doppio di quanto avviene in Valle d’Aosta e Basilicata e 20 volte l’impatto che queste misure hanno in regioni importanti come Lombardia, Toscana, Lazio e Veneto.

Quanto alla composizione dei contributi al sistema delle imprese, diviso tra aziende private e imprese pubbliche, Liguria ed Emilia-Romagna primeggiano nel primo caso: in Liguria quasi il 93% dei contributi erogati finisce al pubblico mentre in Emilia-Romagna le aziende di stato si portano a casa l’82% del totale. Terza, anche in questo caso, è la Puglia con il 64% dei contributi erogati, seguita dalla Campania con il 63,5% e dalla Sardegna con il 54,1%. Al contrario, si dimostrano particolarmente attente al sistema delle aziende private Molise, Campania e Sicilia che stanziano a loro favore rispettivamente il 94,4%, il 90,7% e l’86% delle risorse disponibili per contributi alle imprese.