luigi grassia

Una stangata sulle bollette dell’acqua

Una stangata sulle bollette dell’acqua

Luigi Grassia – La Stampa

L’Autorità per l’energia elettrica e il gas è responsabile anche (dal 2012) del settore acqua, e ieri in questa sua funzione ha approvato lo schema delle nuove tariffe idriche. Per la prima volta il Garante di settore ha stabilito un criterio omogeneo in tutta Italia, che interesserà le bollette circa 40 milioni di utenti. Con quali conseguenze sui bilanci delle famiglie? In massima parte ne risulteranno dei rincari, condizionati però a investimenti delle aziende idriche per migliorare la qualità del servizio e ridurre 1’impatto ambientale. Se si guarda ai numeri medi (che nascondono una realtà locale frastagliatissima) l’Authority di Guido Bortoni ha deciso rincari di quasi il 10% in un biennio, sommando il +3,9% del 2014 e il +4,8% nel 2015. Però, come detto, questo non varrà per tutti: quasi 6 milioni di consumatori avranno non un aumento ma una riduzione di tariffa, addirittura del 10%.

Scomponendo i numeri in maniera più precisa, dai numeri dell’Autorità si scopre che in Italia le aziende che forniscono l’acqua sono più di 1.600. Una minoranza di queste, circa 350 con 34 milioni di clienti, si vedrà riconosciuto un aumento della remunerazione di quasi il 10% cumulativo attraverso le bollette. Invece le rimanenti 1.250 aziende idriche, che sono quasi tutte municipalizzate piccole o piccolissime, con 6 milioni di utenti, avranno tariffe ridotte in misura quasi speculare del 10%. Come mai quei 6 milioni di clienti sono cosi fortunati? La loro fortuna corrisponde alla sfortuna delle compagnie. Infatti le 1.250 compagnie i cui utenti pagheranno meno sono quelle che non hanno comunicato all’Autorità i dati necessari a determinare le tariffe (per esempio le cifre degli investimenti); quindi queste compagnie vengono punite della loro inadempienza.

Ma perché agli altri 34 milioni di utenti bisogna infliggere un rincaro in bolletta? Il fatto è, spiega l’Authority, che gli investimenti nel settore idrico erano fermi da decenni, e questo ha portato a molti disguidi: forti perdite d’acqua dalle tubature, in certi casi interruzioni del servizio, soprattutto d’estate quando dell’acqua c’è più bisogno, e anche problemi di impatto ambientale (ne creano tutte le attività industriali e di servizio, comprese quelle che sembrano più neutre, come appunto l’acqua). Nei prossimi quattro anni, in cambio dei rincari in bolletta saranno attivati 4,5 miliardi di investimenti, divisi in vari capitoli: le nuove infrastrutture, il miglioramento dei servizi esistenti e la tutela dell’ambiente. Grosso modo l’importo di questi investimenti sarà pari al valore totale degli impianti finora realizzati.

Se si tiene conto dello schema deciso dall’Autorità, si ridimensiona anche una storia particolare come quella di Torino dove l’acqua (è stato detto) rincarerà perché i consumi sono calati e l’azienda idrica locale vuole garantire comunque i suoi introiti. In realtà le compagnie non possono fare quello che vogliono: l’Autorità offre loro una specie di menù, nel quale le aziende possono scegliere il modello tariffario più congruente con gli investimenti fatti e quelli da fare. Fra le associazioni dei consumatori, l’Adusbef calcola che sul complesso delle famiglie italiane si abbatterà «una stangata tariffaria di oltre 130 euro a famiglia nel 2014-2015». L’Autorità non conferma. Quanto al canone Rai da inserire nella bolletta elettrica (come ipotizzato), il garante Bortoni ha ripetuto che sarebbe una scelta «impropria e molto difficile». Adesso spunta l’ipotesi di inserire il canone nella dichiarazione dei redditi.

«Troppi oneri»: il Tfr in busta non convince

«Troppi oneri»: il Tfr in busta non convince

Luigi Grassia – La Stampa

Continuano ad arrivare stime sulla propensione dei lavoratori italiani a incassare subito il Tfr maturato nel 2015 anziché aspettare la fine del rapporto d’impiego, nonostante lo svantaggio fiscale per chi sceglie la prima soluzione. Un’indagine della Confcommercio e della società Format Research rivela che i dipendenti che vogliono prendere i soldi al più presto sono una quota abbastanza piccola, solo il 18,1%. Peraltro questo già basta a preoccupare le aziende sul piano finanziario. Il campione riguarda i dipendenti delle imprese fino a 49 addetti; sono quelle per cui la scelta farà la differenza, infatti fino a ora trattenevano tutte le somme accantonate per il Trattamento di fine rapporto e le usavano come liquidità propria – mentre le aziende da 50 dipendenti in su versano i fondi all’Inps, quindi per loro niente cambia con una diversa destinazione del Tfr.

L’indagine si occupa in via preliminare di un problema di informazione e rivela che il 91,9% dei lavoratori dipendenti sa della possibilità di ricevere in busta paga il Tfr che maturerà nel 2015. Quanto alle intenzioni, il 18,1% dice di voler approfittare di questa opportunità, il 18% è indeciso e ben il 63,9% dei lavoratori dice di non volerlo assolutamente fare. Ma queste sono cifre medie, che vanno scomposte. L’intenzione di anticipare l’incasso del Tfr è più forte della media fra i lavoratori di sesso maschile, fra i giovani fino a 34 anni, fra i dipendenti delle imprese del Nord-Ovest, fra i «single», fra coloro che vivono ancora con la famiglia di origine, e fra chi è operaio o comunque svolge mansioni a carattere esecutivo. Come saranno usate le somme che i lavoratori incasseranno in anticipo? Il 60% di chi vuole subito il Tfr lo utilizzerà per maggiori consumi o per spese di cui ha necessità urgente, mentre l’altro 40% dice che ritirerà il denaro extra per risparmiarlo. Se ne deduce che un certo effetto di espansione dei consumi, come spera il governo, dovrebbe esserci. Naturalmente lo scotto è che peggioreranno le prospettive previdenziali.

Le imprese italiane con un numero di addetti fino a 49 sono circa un milione e mezzo. Una parte di queste nel 2015 dovrà versare un extra a una parte dei dipendenti e questo peggiorerà la condizione finanziaria media delle aziende, che sono già provate da anni di crisi economica e da una domanda interna ferma. Difficile valutare l’impatto positivo dei maggiori consumi, ma è certo che l’eventuale beneficio andrà a tutte le imprese, anche a quelle sopra i 50 addetti, mentre l’aggravio finanziario sarà solo per le più piccole. Dall’indagine risulta che a trovarsi più in difficoltà per le nuove regole sul Tfr saranno le aziende con un numero di dipendenti compreso fra 20 e 49, quelle che operano nel ramo industriale (anziché nel terziario) e quelle collocare nelle regioni del Nord Ovest e del Nord Est. Fra le imprese dell’industria (cioè manifattura e costruzioni) il 34,3% (circa 170 mila) subirà richieste di anticipo del Tfr in busta paga da parte di alcuni dipendenti. La quota sarà invece più bassa, attorno al 10%, fra le aziende del terziario (cioe commercio, turismo e servizi) e questo corrisponderà ad altre 110 mila imprese coinvolte, in totale 280 mila.