marco rogari

Una dote ridotta

Una dote ridotta

Marco Rogari – Il Sole 24 Ore

Rispetto al target di 16 miliardi di tagli indicato nel Def di aprile, sarà una “spending” in formato ridotto quella che troverà posto nella legge di stabilità. A confermarlo è l’obiettivo minimo di 3 miliardi, come effetto sull’indebitamento netto Pa, che si sono dati i ministeri con le loro proposte di riduzione della spesa.

A sostenere il peso maggiore dei tagli sembrano destinati ad essere, ancora una volta, le Regioni e gli enti locali. Dopo aver deciso di azionare la leva del deficit per 11,5 miliardi, rimanendo comunque sotto il tetto del 3%, il Governo per completare la prossima legge di stabilità da 23-24 miliardi dalla fisionomia “espansiva” conta di recuperare almeno 10 miliardi dalla spending. E quasi la metà dei questa dote, ovvero 4-4,5 miliardi, dovrà essere garantita dai Governatori e dai sindaci. Questi ultimi avranno comunque in cambio un allentamento del Patto di stabilità interno per un miliardo. Il risultato dei ministeri, anche se dovesse essere superiore all’obiettivo minimo di 3 miliardi, appare quindi al di sotto delle aspettative, anche alla luce del pressing del premier per rendere operativa sulla maggior parte delle voci di spesa la regola del taglio secco del 3%. Regola che comunque in molti casi è stata recepita, come al ministero dell’Economia dove proprio con questo strumento sono fine nel mirino Agenzia fiscali e Guardia di finanza.

La mappa, ancora non definitiva, confezionata sulla base delle ipotesi di intervento mese a punto dai singoli dicasteri, e sulla quale sono chiamati a operare le scelte finali il premier Matteo Renzi e il ministro Pier Carlo Padoan, mette comunque in evidenza un atteggiamento non passivo come in passato rispetto alla necessità di scovare sprechi e spesa inefficiente. Non a caso le proposte di intervento arrivate a palazzo Chigi produrrebbe un effetto superiore ai 6 miliardi sul saldo netto da finanziare. Anche se con contributi diversi: molto più alto e con scelte non sempre semplici da parte di ministeri come il Lavoro e l’Istruzione che hanno elaborato un pacchetto di tagli non del tutto soft, e a volte non proprio mirati, come dimostra l’ipotesi di intervento sugli sgravi contributivi per la contrattazione di secondo livello; ridotto al minimo e con proposte di intervento non proprio numerose da parte dei ministeri della Salute e delle Infrastrutture.

Salta il taglio delle partecipate locali

Salta il taglio delle partecipate locali

Marco Rogari – Il Sole 24 Ore

Salta l’operazione in due tappe per il disboscamento della giungla delle partecipate. Tutto il piano di riorganizzazione delle municipalizzate scatterà con la prossima legge di stabilità. In extremis, infatti, sono usciti dalla versione finale dello Sblocca-Italia i primi interventi per incentivare la quotazione in Borsa e la privatizzazione di aziende in house di trasporto locale e rifiuti in cambio di un allungamento della concessione fino a 22 anno e sei mesi. Ed è stata congelata per qualche settimana la cancellazione delle 1.250 municipalizzate che risultano non operative ma con i loro dirigenti ancora in carica. 

In due fasi potrebbe invece essere sviluppato l’intervento per utilizzare una parte della dote Inail destinata a investimenti immobiliari pubblici per l’immediato completamento di opere di pubblica utilità. Il decreto varato ieri prevede che vengano impiegati già nel 2o14 2oo milioni (fino ieri senza “mission” precisa) a disposizione dell’ente e altri 6-7oo nel biennio successivo. La prossima “stabilità” potrebbe rendere permanente questa misura facendo salire a quasi 3 miliardi nei prossimi tre anni la dote Inail spendibile per opere di pubblica utilità. 

Tornando alle partecipate, il rinvio del primo pacchetto sarebbe dovuto alla necessità di calibrare meglio con i Comuni l’operazione e di valutare tutte le soluzioni per scogliere il nodo del personale delle società oggetto di chiusura. «La parte municipalizzate sarà affrontata organicamente nella legge di stabilità», ha detto il sottosegretario alla presidenza, Graziano Delrio, confermando il rinvio delle prime misure preparate per lo Sblocca-Italia. La partita insomma resta complessa. Con i Comuni che vogliono dire la loro nell’affinamento del piano tracciato nelle scorse settimane dal commissario per la spending review, Carlo Cottarelli, e con i sindacati pronti a dare battaglia sulla questione del personale. Di qui la rinuncia all’operazione in due tappe. A questo punto nella “stabilità”, che prevederà i nuovi dispositivi per favorire le cessioni e gli accorpamenti delle partecipate non di pubblica utilità o pesantemente in perdita, confluiranno anche le misure messe a punto per il Dl varato ieri.

Con la legge di stabilità dovrebbe anche diventare permanente il meccanismo che lo Sblocca-Italia al momento attiva in via temporanea per destinare una fetta consistente della dote a disposizione dell’Inail per gli investimenti immobiliari al completamento di interventi di pubblica utilità. Si tratterebbe di circa 900 milioni ricavati dagli oltre 1,3 miliardi di risorse per il triennio 2014-2016 solo già in parte programmate dall’Inail per interventi immobiliari. Risorse già disponibili che, se non venissero subito impiegate, rischierebbero di restare senza destinazione. Con il Dl sono subito impiegabili 200 milioni nel 2014 non per la realizzazione di grandi opere ma per un’ampia gamma di interventi di pubblica utilità: dagli ospedali alle scuole. A individuare le opere da finanziare prioritariamente con urgenza con la dote Inail sara un apposito Dpcm. Questo intervento potrebbe essere esteso nel tempo dalla “stabilità” anche tenendo conto dei fondi per interventi immobiliari previsti dal piano triennale Inail 2o15-2017. Tra l’altro dal 2015 l’Inail non dovrebbe più destinare parte degli investimenti indiretti a operazioni per immobili pubblici tramite Invimit, la società del Tesoro, alla quale nel 2014 sono stati “girati” oltre 1,3 miliardi.

Una partecipata su 4 con rendimento negativo

Una partecipata su 4 con rendimento negativo

Marco Rogari – Il Sole 24 Ore

Una società partecipata dagli enti locali su quattro presenta un’indice di redditività negativo rispetto al capitale investito (Roe). È quanto emerge dalla mappa aggiornata al 2012 contenuta nella banca dati del dipartimento del Tesoro del ministero dell’Economia che è stata pubblicata dal commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, a pochi giorni dal probabile avvio dell’operazione di potatura della giungla delle partecipate con il decreto “Sblocca Italia” in arrivo venerdì. L’operazione dovrebbe essere poi completata con la prossima legge di stabilità. Anche se resta ancora in piedi l’ipotesi (al momento meno gettonata) di un intervento in un’unica soluzione a ottobre con la “ex Finanziaria”.
La mappa diffusa da Cottarelli è tra l’altro parziale visto che i bilanci 2012 di 1.075 società sono risultati “off limits” per il Mef, che è riuscito a catalogare 5.264 partecipate di cui 1.424 con un rendimento negativo nel rapporto percentuale tra risultato netto e mezzi propri. Le municipalizzate che presentano un patrimonio negativo o nullo sono 143: a guidare questo elenco pubblicato come gli altri sul sito della spending review è la Cmv Spa di Venezia che gestisce il casinò (segno meno di 20,3 milioni di euro), seguita da Fiera di Roma Spa (-15,7 milioni di euro) e da Cotral, partecipata della Regione Lazio e del Comune di Roma (segno meno per circa 15 milioni). Nel censimento rientrano 1.242 società non operative (molte già in liquidazione) e 86 con incoerenze di bilancio. Oltre alle 1.424 partecipate con una redditività in negativo, la mappa presenta 2.708 società con un Roe superiore a zero ma inferiore a 10 e 1.172 con una forte redditività (Roe a due cifre). Utilizzando il parametro della grandezza patrimoniale emerge che le società censite con un capitale fino a 10mila euro sono solo 130, di cui 67 con un Roe negativo; quelle con un capitale tra 10 e 100mila euro sono 1.182 (una su tre con redditività sotto lo zero) mentre le partecipate tra i 100mila euro e 1 milione sono 1.662 (408 con Roe in negativo). A superare la soglia del milione di capitale nel 2012 sono state 2.290 società (612 con un Roe con segno meno).
«La pubblicazione di indici che misurino l’efficienza delle partecipate – si afferma sul sito web dedicato alla spending – può costituire un importante stimolo al miglioramento delle attività di queste società». Cottarelli non arriva, almeno sul sito, ad alcuna conclusione ma fa notare come il Roe (Return on equity) sia «un fondamentale indice di efficienza».
Quanto all’operazione per dare il via allo sfoltimento della giungla delle partecipate, sollecitato ieri anche da molti sindaci, il governo punta sulla quotazione in Borsa (Mercato telematico italiano) delle società che oggi gestiscono in house servizi di trasporto pubblico locale, di igiene e ambiente, di raccolta dei rifiuti. L’obiettivo è molteplice: privatizzazione per attrarre nuovi capitali finanziari e capacità industriali, destinare le somme incassate dagli enti locali a riduzione del debito e al rilancio degli investimenti, ridurre gli sprechi e dare soluzione innovativo a un regime di monopoli in house che si trascina da dieci anni. La carota che Palazzo Chigi ha studiato per incentivare i comuni ad aderire è il prolungamento delle attuali concessioni, che verrebbero a scadenza già il prossimo anno, con varie ipotesi di gradazione fino a un massimo di 22 anni e sei mesi (termine presente nel regolamento comunitario 1370/2007).

Il testo del decreto sblocca-Italia diramato da Palazzo Chigi domenica scorsa conferma le indiscrezioni delle settimane scorse (si veda Il Sole 24 Ore del 20 agosto) ma aspetta il vaglio decisivo del Mef, che potrebbe anche preferire il veicolo della legge di stabilità per intervenire sulle partecipate. La quotazione può avvenire con due modalità per accedere alle agevolazioni: gli enti locali collocano il 60% del capitale oppure tengono il 50,01% delle azioni, collocando una quota inferiore e destinando la quota restante a un partner industriale scelto con gara europea. Il presidente dell’Anci, Piero Fassino (si veda l’intervista al Sole 24 Ore del 25 agosto) ha già detto che la modalità è interessante, anche se se ne devono ovviamente precisare meglio molti aspetti. La relazione allegata alle norme diramate da ultimo domenica scorsa conferma che l’operazione potrebbe portare a un maggior valore per gli enti locali dell’ordine dei dieci miliardi se tutti aderissero.
Nell’ultimo testo una novità interessante riguarda l’attribuzione dei poteri regolatori nel settore dei rifiuti all’Autorità dell’energia elettrica, il gas e i servizi idrici, come successo tre anni fa proprio per l’acqua. Oltre alle norme principali ci sarebbero per gli enti locali numerose altre agevolazioni in caso di fusione di aziende di modeste dimensioni, lo svincolo delle somme incassate dal patto di stabilità interno e anche un contributo per interventi infrastrutturali della stessa dimensione della dismissione fatta, fino a un limite complessivo di 300 milioni per il 2014 e 300 per il 2015.

Un premio ai comuni “virtuosi”

Un premio ai comuni “virtuosi”

Marco Rogari – Il Sole 24 Ore

C’è un filo rosso che unisce il “vecchio” federalismo fiscale con la “nuova ” spending review. È quello dei fabbisogni standard degli enti locali. Pensati nel 2009 per mandare in soffitta la spesa storica i nuovi indicatori sulle uscite di Comuni e Province si materializzano sotto forma di banca dati unica e accessibile da subito per le amministrazioni pubbliche e, da ottobre, per tutti i cittadini. Con una precisa mission: identificare in tempo reale le aree di spreco nelle uscite locali. E con un doppio ambizioso obiettivo: riformare a partire dal 2015 il sistema di perequazione portando dal 10% attuale (rimasto però sulla carta) al 40% la quota del fondo di solidarietà ripartito sulla base dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali dei diversi territori; superare nel giro di due-tre anni il patto di stabilità interno dopo un anno di sperimentazione nel 2015 mantenendo fermo il pareggio di bilancio obbligatorio dal 2016. Un’operazione che dovrebbe essere avviata con la prossima legge di stabilità. E che, come evidenzia il sottosegretario alla presidenza, Graziano Delrio, dovrebbe anche consentire di abbandonare l’antica prassi dei tagli lineari.

Il punto di partenza è rappresentato dalla nuova banca dati OpenCivitas presentata al ministero dell’Economia, che è stata elaborata dalla società Sose in collaborazione con il dipartimento delle Finanze, guidato da Fabrizia Lapecorella. Banca dati che contiene le spese relative al 2010 dei Comuni delle Regioni a statuto ordinario e che viene proposta dal Mef come uno strumento tecnico a disposizione delle amministrazioni comunali e provinciali per confrontare le performance di tutti gli enti locali e gli scostamenti rispetto ai fabbisogni standard. Ma il presidente dell’Anci, Piero Fassino, fa subito notare che i dati non sono freschissimi e non tengono conto della stretta patita dai Comuni per le manovre dell’ultimo triennio.
Dalla fotografia, seppure un po’ datata, di OpenCivitas emergono dati inaspettati anche per la mancata comparazione del diversi impegno di risorse da parte dei Comuni per i singoli servizi (dall’istruzione al trasporto pubblico locale). Andrebbe ad esempio a Perugia la “palma” del Comune con il più ampio scostamento negativo nel 2010 tra i fabbisogni standard per abitante e la spesa storica (-31%), seguita da Brindisi (-29%), Taranto e Potenza. Il Comune più virtuoso sarebbe Lamezia Terme (+41%) mentre tra i capoluoghi di Provincia è Torino a guidare la classifica degli scostamenti positivi (7%) preceduta da Campobasso (+15%) ma seguita da Milano (+1%). Segno negativo per Roma (-7%), Firenze (-10%), Bologna (-5%) e Napoli (-4%).
A far capire che il Governo intende accelerare il più possibile sui fabbisogni standard, attivando entro l’autunno l’ingranaggio ancora mancante del meccanismo, ovvero quello della capacità fiscale standard, è il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta: «L’operazione che abbiamo in mente è quella di superare il patto di stabilità interno». Con l’entrata in vigore del pareggio di bilancio obbligatorio per tutti gli enti «dobbiamo studiare sanzioni per chi non lo rispetta ma – aggiunge Baretta – mantenere anche il patto di stabilità interno sarebbe una cappa inutile». Per Delrio con la banca dati parte «un’operazione di grande trasparenza che concretizza un pezzo importante di federalismo amministrativo». Il commissario alla spending, Carlo Cottarelli, definisce OpenCivitas «un esempio di best practice che molti Paesi ci invidieranno» e sottolinea che i fabbisogni standard «servono per un’operazione di efficientamento della spesa». Cottarelli conferma gli obiettivi minimi di risparmio delle sue proposte (5-800 milioni nel 2015 e 2 miliardi nel 2016) ma aggiunge che i dati possono essere aggiornati sulla base di nuove informazioni. Per Fassino il calcolo dei fabbisogni standard «è un esercizio prezioso, ma solo uno strumento tecnico che deve fare i conti necessariamente con la volontà politica».