Tagli agli stipendi: giusti con giudizio

Giancarlo Mazzuca – Il Giorno

Al netto delle pensioni e degli interessi, la spesa pubblica ha iniziato a diminuire da noi nel 2011, con un calo che è stato però la metà di quello della Spagna e un terzo dell’Irlanda e del Portogallo. In Spagna sono state tagliate persino le tredicesime, in Grecia si è fatto molto peggio. Quindi dire, come fa Renzi, che nella pubblica amministrazione italiana “c’è troppo grasso che cola”, non è sbagliato. Anzi è corretto. Quindi il ricorso ai possibili tagli e al blocco degli stipendi è senz’altro una misura spiacevole ma giusta. Certo, si tratta di capire dove tagli e dove blocchi. Sarebbe un’azione molto positiva dare una robusta sforbiciata agli stipendi dei tanti politici (a tutti i livelli) che con la politica hanno trovato il paese della cuccagna e un posto di lavoro quando fare politica non dovrebbe essere una professione. Sarebbe invece una carognata bloccare lo stipendio a un poliziotto che prende 1.400 euro al mese e rischia ogni giorno la vita mentre potrebbe essere una soluzione positiva l’accorpare in qualche modo i 5-6 (ma quanti sono?) corpi di polizia.

In questa battaglia contro gli sprechi e la spesa pubblica, il pié veloce Renzi si è mosso in ritardo. Ha sbagliato cioè i tempi di intervento dopo avere avuto vari mesi per identificare nella spending review di Cottarelli i tagli che avrebbe dovuto fare ma non ha fatto. E solo di fronte al bisogno di trovare 20 miliardi in seguito ai calcoli sbagliati dei tecnici del suo governo, ha deciso il blocco degli stipendi della PA (ma nello stesso tempo l’annuncio di migliaia di assunzioni nella scuola per il prossimo anno, tutto da verificare) e i tagli lineari nei vari capitoli di spesa dei ministeri sulla scia di quanto fatto da qualche suo predecessore. Sbagliando un ‘altra volta perché il blocco dei contratti abbinato al blocco del turnover, rischia di rendere ancora meno motivato chi lavora nel settore.

Renzi ha commesso anche un altro errore. Nella sua strategia va avanti a muso duro, come un panzer, quando la tattica dovrebbe suggerirgli un po’ di buon senso: non può ignorare del tutto le parti sociali, i sindacati, che infatti sono già sul piede di guerra. E qui s’innesca un altro errore, questa volta dei sindacati che non possono più difendere l’indifendibile ma possono invece essere propositivi e fare pressing perché si aumenti la qualità del lavoro, si eliminino gli sprechi, si cambino norme vecchie, si puniscano gli illeciti. Sarebbe per il sindacato darsi quel nuovo ruolo che finora è mancato.