Toga toga toga

Davide Giacalone – Libero

Al grido di Toga Toga Toga l’Italia si lancia verso il ridicolo e il ribaltamento di ogni divisione e gerarchia dei poteri. La differenza, rispetto al Tora Tora Tora, con cui i giapponesi comunicarono il successo dell’attacco contro gli americani è che quello fu a sorpresa, mentre qui non si sorprende nessuno.

Il Tribunale amministrativo regionale di Palermo ferma i lavori per la realizzazione, oramai quasi completata, del Muos, sistema di comunicazioni satellitari. Lavori seguiti dalla Marina militare Usa, naturalmente in accordo con il governo italiano. Già a suo tempo fermati dalla Regione Sicilia, dopo che al suo vertice era arrivato il megafonato esponente anti-Muos, Rosario Crocetta. Poi riavviati per ferma volontà del nostro ministero della difesa. Nelle stesse ore i lavori per il Tap (Trans adriatic pipeline), rete necessaria all’approvvigionamento energetico, che erano stati da poco sbloccati dal Tar del Lazio, finiscono oggetto d’inchiesta penale, a cura della procura della Repubblica di Roma, che indaga sulle procedure seguite dal ministero dell’ambiente e che avevano portato al rilascio della Via (valutazione impatto ambientale). Può essere questione militare o economica, riguardare la sicurezza o l’energia, coinvolgere alleati o partners, smentire autorità locali o nazionali, ma tutto finisce in toga.

Se ne potrebbe dedurre, in un eccesso d’ottimismo, che in Italia si largheggia nel tutelare la certezza del diritto. È vero il contrario: si è generosi nell’ingigantire la sua incertezza. Tutti e due i casi citati, del resto, si basano sull’interminabile diatriba circa la nocività dei lavori già autorizzati e in corso. Il che non tutela affatto la salute pubblica, limitandosi a moltiplicare i costi e diluire i tempi dei lavori stessi. Dato che a contraddirsi sono autorità pubbliche, ciascuna teoricamente incaricata di tutela del diritto, della salute e dell’ambiente, il succedersi singhiozzante di decisioni contraddittorie certifica che il diritto tutto è, dalle nostre parti, meno che certo.

Le comunicazioni satellitari funzionano in tutto il mondo, senza generare disastri. Esporsi a emissioni ad alta intensità è certamente pericoloso, non a caso tale genere d’impianti si trovano in zone che dovrebbero essere adeguatamente protette e isolate. Ma pur sempre su questa terra. L’area che si trova a Niscemi, in Sicilia, è stata ripetutamente considerata adeguata nel non creare pericoli per la popolazione civile. La quale, del resto, usa abbondantemente le comunicazioni satellitari per tante cose cui nessuno rinuncerebbe, dalla televisione ai telefoni. Trovi sempre, però, qualcuno pronto a scrivere il contrario, ovvero che qualche pericolo residua. Il che è anche vero, ne sono sicuro, perché il solo modo per sottrarsi ai pericoli connessi allo sviluppo e alla civilizzazione consiste nel vivere da eremiti, lontani da ogni illuminazione e comunicazione, quindi non nel pericolo, ma nella certezza di crepare al primo mal di denti.

In tutto il mondo le tubazioni portano verso i clienti il gas e il petrolio estratto in altro luogo del pianeta. Così come gli elettrodotti portano l’energia con cui alimentiamo le nostre case, stampiamo questo giornale e scrivo questo articolo. I campi di margherite sono più belli da vedersi, non lo discuto, ma dubito assai che la regressione allo stadio pre-energetico suggerisca all’umanità di lanciarsi nella passione per la botanica. Anzi, ora che ci penso, sarebbe impossibile, perché i fertilizzanti e i pesticidi si producono con petrolio, energia e chimica.

Questi procedimenti giurisdizionali, per la natura dei lavori che colpiscono, si proiettano in mondovisione, rendendo chiaro il perché l’Italia della genialità e degli ottimi lavoratori è anche Paese dal quale stare lontani: per le pessime regole. Certo che il cittadino anelante giustizia è bene trovi un giudice che possa dargli ragione, o torto. Male che ne trovi una moltitudine, pronta a smentirsi e riprodursi. Un incubo. La giustizia funzionante, nella sua promessa di equità e nella sua continua minaccia di severità, è un bene non rinunciabile. Ma per farla funzionare va anche riordinata e sfoltita. Il procedimento amministrativo è divenuto una barzelletta che non fa ridere. La giustizia contabile non aspira neanche al rango di barzelletta, è una scemenza. Le sovrapposizioni fra penale, fiscale, civile e amministrativo producono caos. Non ci sono sistemi perfetti, ma non è una buona ragione per tenerci il peggiore, fra quelli civili.