Un’Europa liberale è possibile

Questa settimana consiglio la lettura di un libro di Roberto Caporale (con un’introduzione di Paolo Savona): Exeunt: La Brexit e la Fine dell’Europa (Rubettino, pagg. 170, € 13). L’autore è stato ed è un manager di imprese sia a partecipazione statale sia privata. La sua attività gli consente di vedere i problemi dell’Europa con occhi più pratici e più prammatici di quelli abituali nelle aule universitarie.

Il titolo del volume può trarre in inganno. Alla Brexit in quanto tale sono dedicati tre dei cinque capitoli del volume e se ne sviscerano i complessi aspetti giuridici ed economici (senza però entrare in scenari basati su simulazioni econometriche sugli effetti quantificabili dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, UE). È quello che nel lessico accademico anglosassone potrebbe essere chiamato un event study con accento sulle policies e sugli aspetti istituzionali. Il punto centrale non è la fine dell’Europa ma come si può partire per costruire una nuova Europa più snella, più efficace, più dinamica e più equa. Nella quale, soprattutto, ciascuno sia e si senta più libero.

Per molti aspetti quest’opera ricorda Europe Simple Europe Strong di Frank Vibert, della London School of Economics (nonché allora Presidente dell’European Policy Forum). Un testo, pubblicato una quindicina di anni or sono, fondamentale nella letteratura europea ma che non ha trovato un editore disposto a tradurlo in italiano. I che la dice lunga su un’Italia essenzialmente statalista e corporativa.

Nel capitolo del saggio di Roberto Caporale sulla politica dell’armonizzazione in sede UE si afferma che questa ha prodotto «un’incredibile massa di norme europee cui debbono soggiacere produttori e consumatori continentali. […] Esiste da tempo quello che potremmo definire un nuovo genere letterario che descrive la tragica comicità di molti esempi di normativa europea e ne misura chilometricamente l’intrusività.»

La seconda parte del saggio traccia le prospettive che l’UE avrebbe dovuto apprendere dalla Brexit: «Un modello d’Europa desacralizzato ma non per ma non per questo meno “unito” in cui la sovrapposizione di aree di azione collettiva realizza un impianto adattivo con istituzioni forti nel loro ruolo primario di assicurare il rispetto dei principi e delle norme che realizzano uno spazio di mercato libero e aperto.»