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CNEL: la Legge di Stabilità blocca il suo funzionamento ma non gli sprechi

CNEL: la Legge di Stabilità blocca il suo funzionamento ma non gli sprechi

NOTA

Si può essere più o meno d’accordo sulla necessità di tenere in vita il CNEL, che verrebbe ‘soppresso’ nel disegno di legge costituzionale approvato dal Senato e tra breve all’esame della Camera. Tuttavia, il secondo comma dell’art. 25 del disegno di Legge di Stabilità contiene misure che ne rendono impossibile il funzionamento poiché prescrive che «l’espletamento di ogni funzione connessa alla carica di Presidente o Consigliere del CNEL così come da qualsiasi attività istruttoria finalizzata alle deliberazioni del Consiglio non può comportare oneri a carico della finanza pubblica ad alcun titolo».
Non solo vengono eliminate le indennità (circa 25.000 euro lordi l’anno per consigliere) ma anche i rimborsi dei viaggi per i consiglieri che risiedono fuori Roma. In questo modo si rende impossibile il raggiungimento del numero legale nelle Commissioni ed in Assemblea. Al limite sarebbe vietato anche accedere la luce. Appare davvero molto dubbia la costituzionalità di una norma che rende impossibile il funzionamento di un organo di rilevanza costituzionale.
Al tempo stesso, però, il Segretariato generale e l’ottantina di dipendenti attualmente in organico resterebbero comunque a Villa Lubin. Non è chiaro a fare cosa. È invece chiarissimo che in questo modo, ‘risparmiando’ solo un milione di euro del bilancio annuale del CNEL, andrebbero sprecati i restanti 12 milioni. Non sarebbe meglio sopprimere questo comma della Legge di Stabilità e procedere invece speditamente con la riforma costituzionale che prevede anche la soppressione del CNEL?
L’eroica resistenza del Cnel

L’eroica resistenza del Cnel

Gaetano Pedullà – La Notizia

Cosa non si fa per salvare la poltrona. Se poi con la poltrona c’è un signor stipendio per non produrre assolutamente nulla se non un inutile montagna di carte, allora si può pure sfidare il ridicolo. Esattamente quello che ha fatto ieri il Cnel, sigla che sta per Consiglio nazionale dell’economia e lavoro. L’ente, pensato nella Costituzione come camera di compensazione delle istanze dei diversi soggetti economici, di fatto è stato per decenni il cimitero degli elefanti di sindacati e associazioni di ogni genere. Le sue proposte di legge si contano sul palmo di una mano, ma nel tempo ha bruciato centinaia di milioni, buona parte solo per mantenere il personale e una sede regale nel cuore di Villa Borghese, a Roma. Naturale che un Governo deciso a fare alcune riforme e a tagliare i tanti sprechi di denaro pubblico proponesse di cancellare questo carrozzone.

Dalle parti di Villa Lubin – la sede del Cnel – ovviamente non l’hanno presa bene e prima si sono messi a sparare tutta l’artiglieria per bloccare la soppressione in Parlamento. Poi, visto che di questo Ente in realtà non ne può più nessuno, da ieri hanno cominciato a fornire piombo ai nemici del premier. E qui non si è badato a spararle grosse. Proprio mentre il Governo rischia l’osso del collo per varare una riforma del lavoro che ha nell’abolizione dell’articolo 18 (divieto di licenziamento) uno dei punti qualificanti, il Cnel sforna un rapporto secondo cui licenziare un dipendente a tempo indeterminato in Italia è più facile niente di meno che in Germania. Ora al Consiglio dell’economia ecc. ecc. o non hanno mai parlato con un solo imprenditore oppure non hanno idea dell’immenso contenzioso che scoraggia le imprese a fare nuove assunzioni. Ma chissà quanto c’è costato questo ultimo imperdibile rapporto.