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Debiti PA, 500 milioni agli investimenti

Debiti PA, 500 milioni agli investimenti

Carmine Fotina Il Sole 24 Ore

Il governo prova ad accelerare sui pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione, attesi dalla scadenza del 21 settembre, giorno di San Matteo, indicato dal premier Matteo Renzi come termine per smaltire tutto l’arretrato. In quest’ottica ieri è stato firmato un protocollo di impegni tra ministero dell’Economia, Conferenza delle Regioni, Anci (Comuni), Upi (Province), Confindustria, Confagricoltura, Ance (costruttori edili), Rete imprese Italia, Consiglio nazionale dei commercialisti, Unioncamere, Abi (banche) e Cassa depositi e prestiti. In pratica tutte le parti in causa, ognuna delle quali dovrà favorire una velocizzazione dei processi, anche se ieri – va sottolineato – il Mef ha indicato come obiettivo lo smaltimento «entro il 2014» senza riferimenti al 21 settembre. 

Punto centrale del protocollo è anche l’impegno ad aprire nuovi spazi per pagare i debiti di parte capitale, finora penalizzati rispetto alla spesa corrente perché, come noto, oltre che sul debito pubblico incidono sul deficit. Non ci sono cifre nel protocollo, ma l’obiettivo sarebbe aggiungere ai circa 7,5 miliardi finora resi disponibili una tranche ulteriore – più vicina a 500 milioni che a 1 miliardo – attraverso nuove misure di allentamento del patto di stabilità interno. Il protocollo – ha commentato Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria – «è un segnale concreto che qualcosa si sta muovendo. Confindustria continuerà a seguire il tema con la massima attenzione e non sarà soddisfatta finché alle imprese non sarà pagato anche l’ultimo centesimo». «Una svolta politica rilevante – ha sottolineato l’Ance – per pagamenti che finora sono stati penalizzati». Un passo avanti anche secondo l’Anci, che invita però a risolvere il nodo strutturale «delle regole del Patto di stabilità interno». «Un’occasione, forse l’ultima, da non perdere» per Rete Imprese.
Sommando i vari provvedimenti emanati dagli ultimi governi (per ultimo il decreto Irpef) le risorse complessivamente stanziate ammontano, per il 2013, a 27,2 miliardi e, per il 2014, a 29,6 miliardi. In totale 56,8 miliardi. Finora, stando all’aggiornamento diffuso ieri, le risorse girate agli enti debitori ammontano a 30,1 miliardi, dei quali 26,1 miliardi sono già stati erogati ai creditori.
Per sbloccare le spese in conto capitale il Mef studia un mix di interventi. Ci sarà un nuovo allentamento del patto di stabilità interno e nel contempo si «verificherà» l’estensione anche a questo tipo di debiti del meccanismo di cessione crediti con garanzia statale. Si punta poi a riproporre anche per il 2015 la norma relativa al patto di stabilità verticale incentivato e a posticipare i termini previsti per il patto “orizzontale” tra le regioni.
Il documento comune nasce dalla consapevolezza di alcuni punti deboli. Diverse Pa locali non hanno richiesto le anticipazioni di liquidità, nonostante queste siano disponibili. Regioni, Province e Comuni si impegnano ora a «sollecitare gli enti rappresentati» su questo punto. Il percorso dei provvedimenti attuativi non sempre è stato celere e adesso il Mef si impegna «ad assicurare l’adozione di tutti gli atti previsti». Allo stesso tempo, l’Abi dovrà sensibilizzare i propri associati a mettere a disposizione delle imprese adeguate risorse per la cessione pro-soluto dei crediti, anche sfruttando il canale creato con il decreto Irpef (venerdì scorso è stata firmata la convenzione con il ministero dell’Economia). Dal canto suo, la Cdp assicura che sarà «adottata celermente» la convenzione quadro con l’Abi per consentire al sistema bancario di cedere alla stessa Cassa i crediti vantati nei confronti delle Pa e assistiti dalla garanzia dello Stato (e già ceduti dalle imprese alle banche).
Grande attenzione viene riposta anche sulla certificazione dei crediti, che le imprese devono presentare tassativamente entro il 23 agosto per far sì che scatti la garanzia dello Stato. «Il numero e il corrispondente ammontare delle istanze» presentate e di quelle rilasciate appare ancora basso, di qui l’impegno di tutte le associazioni di impresa coinvolte a «sollecitare i propri associati a presentare istanza di certificazione». Gli enti territoriali, a loro volta, dovranno assicurare rapidità nel rispondere alle istanze tramite la piattaforma elettronica del Tesoro e, «per quanto possibile, rafforzare la consistenza degli uffici anche nel periodo estivo». Il protocollo preannuncia la «tempestiva nomina» di commissari ad acta in caso di inerzia delle amministrazioni e prevede la creazione di “help desk” dedicati, sia a livello di Pa che di associazioni imprenditoriali, e un’attività di comunicazione per diffondere l’utilizzo della piattaforma elettronica.

L’inutile addio al Registro imprese

L’inutile addio al Registro imprese

Sergio Luciano – Panorama

La Madia lo fa, la Guidi non lo sa. Ma Renzi sì. Si parla del Registro imprese, che un disegno di legge delega allo studio della presidenza del Consiglio su proposta del ministero per la Semplificazione e per la Pubblica amministrazione (gestione Marianna Madia) intende sottrarre alle Camere di Commercio, cui è oggi attribuito da una legge del ’93, e trasferirlo al Mise, il ministero per lo Sviluppo economico (gestione Federica Guidi). Al Mise spetta già la vigilanza del sistema camerale ma per ora nessuno sa nulla di ufficiale su questo trasloco del registro. Surreale, ma c’è di più. Il cosiddetto “Decreto P.A.” si è già occupato del Registro imprese per disporre il dimezzamento, da subito, della tassa annuale che oggi le imprese pagano alla Camera di Commercio. E così il presidente dell’Unioncamere Ferruccio Dardanello si è presentato l’8 luglio alla commissione Affari costituzionali della Camera per chiedere una gradualizzazione del taglio al diritto annuale. Già: ma nel frattempo Palazzo Chigi lavora per sottrarre del tutto il Registro alle Camere, altro che dimezzare la tassa. Un po’ di caos tra Palazzi, insomma. E a favore di chi? Chi, cioè, si avvantaggerebbe del trasferimento del Registro? Al Mise non sarebbero attrezzati per sbrigarsela da soli: non hanno strutture informatiche né reti sul territorio idonee. Un appaltatore esterno scelto a gara? Ovvio. Ma una prospettiva del genere scatena le dietrologie. E c’è chi parla di una cordata confindustriale desiderosa di spolpare l’osso delle Camere di Commercio, scippandogli i flussi di cassa del Registro. Un complotto alla Spectre, ma con una sceneggiatura alla Brancaleone: per ora, soprattutto, uno dei sintomi dello iato che c’è tra l’attivismo del governo e la capacità realizzativa dei suoi esponenti…