Renzi alla conquista delle imprese

Stefano Menichini – Europa

Dalle tartine confindustriali Matteo Renzi si tiene lontano, ma ormai è chiaro chi siano i veri referenti dello sforzo comunicativo nel quale impegna se stesso in persona. Da settimane il premier batte gli stabilimenti industriali, quelli afflitti dalla crisi e quelli salvati da oculate scelte di nicchia, quelli enormi come la Fiat Chrysler e quelli più piccoli in Puglia o nel Bergamasco. Dopo la prova di forza sull’articolo 18, le contestazioni dirette organizzate dalla Fiom hanno preso il posto delle proteste legate a situazioni locali. Ma Renzi non si fa dissuadere, la campagna continua e agli operai si rivolge in maniera indiretta, attraverso i loro datori di lavoro: sono loro, gli imprenditori piccoli, medi e grandi, il target del tour renziano. E del resto sono loro, messa in sicurezza l’operazione 80 euro, i destinatari delle misure della legge di stabilità e del decreto sblocca-Italia. E, di nuovo, sono loro – con artigiani, commercianti, professionisti – il bacino elettorale fin qui irraggiungibile per la sinistra nel quale il Pd sta crescendo negli ultimi mesi secondo le ricerche più aggiornate.

Le anticipazioni sulla legge di stabilità fornite ieri a Bergamo faranno discutere per tre motivi. Perché le cifre sono ingenti, 30 miliardi di euro di manovra ma con ben 18 miliardi di tagli di tasse rispetto allo scorso anno: dove saranno reperite le risorse? Poi perché il testo è in realtà lontano dall’essere completato, ancora oggetto del consueto andirivieni tra palazzo Chigi e ministero dell’economia. Infine, perché le indicazioni di Renzi appaiono decisamente pro-business, orientate a soddisfare antiche e recenti richieste delle imprese (innanzi tutto sul taglio dell’Irap per la parte legata al lavoro) in cambio dello sblocco delle assunzioni, con l’obiettivo di muovere un mercato molto più fermo di quanto il governo sperasse ancora agli inizi dell’estate. Tre anni di totale decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato causeranno uno stress alle casse previdenziali: è lo shock che Renzi ritiene necessario, misure più blande non hanno sortito effetti. Il menu delle misure è condito dalle spezie anti-establishment e anti-burocrazia: imprenditori veri quelli che danno il buon esempio, non quelli che partecipano ai seminari; le opere di manutenzione del territorio che danno più lavoro agli avvocati che ai manovali (come a Genova). È il preannuncio di nuovi tormentoni utili a far passare il messaggio. Il Jobs Act pare già alle spalle, come cosa fatta.