Lavoro, Italia ultima nell’Unione europea per efficienza

Repubblica.it

Mentre in Senato ci si appresta ad affrontare il nodo dell’articolo 18 all’interno della discussione sul Jobs Act, alcuni dati mostrano che il mercato del lavoro italiano è ultimo per efficienza in Europa e 136mo su 144 censiti nel mondo. In termini di efficienza ed efficacia si situa infatti a un livello leggermente superiore a quelli di Zimbabwe e Yemen ed inferiore a quelli di Sri Lanka e Uruguay. Lo rivela un’elaborazione del Centro Studi ImpresaLavoro sulla base dei dati pubblicati dal World Economic Forum.

Rispetto al 2011 retrocediamo di 13 posizioni a livello mondiale in termine di efficienza generale del nostro mercato del lavoro e soprattutto perdiamo 19 posizioni con riferimento alla collaborazione tra impresa e lavoratore così come altre 15 per la complessità delle regole che ostacolano licenziamenti e assunzioni (hiring and firing process). L’unico settore in cui non si registra un arretramento dell’Italia è quello relativo alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro: conserviamo infatti la comunque assai deludente 93ma posizione che avevamo raggiunto nel 2011.

L’indicatore dell’efficienza è in realtà un aggregato di più voci che bene evidenziano le difficoltà che il nostro sistema attraversa e rendono plasticamente l’idea del peggioramento delle condizioni del nostro mercato del lavoro negli ultimi tre anni. Inoltre, i principali indicatori analizzati ci pongono agli ultimi posti per efficacia nel mondo e, quasi sempre, all’ultimo posto in Europa. Tra i Paesi dell’Europa a 27, ad esempio, rileva ImpresaLavoro, “siamo ultimi per quanto concerne la collaborazione nelle relazioni tra lavoratori e datore di lavoro (ai primi tre posti ci sono Danimarca, Austria e Olanda). Siamo terz’ultimi per flessibilità nella determinazione del salario, intendendo con questo che a prevalere è ancora una contrattazione centralizzata a discapito di un modello che incentiva maggiormente impresa e lavoratore ad accordarsi. E proprio in tema di retribuzioni siamo il peggior Paese europeo per capacità di legare lo stipendio all’effettiva produttività. Dati questi che vanno letti assieme a quelli sugli effetti dell’alta tassazione sul lavoro: nessun Paese in Europa fa peggio di noi quanto a effetto della pressione fiscale sull’incentivo al lavoro”.


E l’Italia è ancora ultima per l’efficienza nelle modalità di assunzione e licenziamento. Anche la qualità del personale impiegato mette in luce l’arretratezza del nostro Paese: siamo penultimi (davanti alla sola Romania) per la capacità di affidare posizioni manageriali in base al merito e non a criteri poco trasparenza (amicizia, parentela, raccomandazione) e finiamo in coda anche con riferimento alla capacità di attrarre talenti (quart’ultimi) e di trattenere talenti (23mi su 28).

“Questa performance negativa è frutto certamente dei difetti strutturali del nostro sistema ma i provvedimenti legislativi degli ultimi anni non hanno certo aiutato a migliorare la situazione”, commenta Massimo Blasoni, presidente di ImpresaLavoro. “L’elaborazione del nostro Centro Studi – sottolinea Blasoni – chiarisce come i problemi del nostro mercato del lavoro siano da tempo sempre gli stessi e abbiano subìto un peggioramento piuttosto marcato rispetto al 2011, complice con ogni probabilità l’ulteriore irrigidimento delle regole stabilito dalla cosiddetta Riforma Fornero. Gli alti tassi di disoccupazione, soprattutto giovanile e femminile, e i cronici bassi tassi di attività sono una diretta conseguenza di un sistema tributario e di regole che rendono sempre più difficile assumere e creare occupazione”.