Intanto Roma scivola sempre più verso Atene – Editoriale di Massimo Blasoni
di Massimo Blasoni – Metro
Pur strangolata dal debito pubblico e scossa da una profondissima crisi economica e sociale, la Grecia riesce a battere l’Italia sul fronte del mercato del lavoro e delle tasse sulle imprese. Analizzando le classifiche stilate dal World Economic Forum si scopre infatti che questa occupa nel rank mondiale una posizione migliore della nostra per quanto riguarda l’efficienza generale del mercato del lavoro (è 118esima mentre l’Italia è 136esima), la collaborazione nelle relazioni traimprese e lavoratore, la flessibilità nella determinazione dei salari, l’efficienza nelle modalità di assunzione e di licenziamento, il legame tra salari e produttività, l’effetto della tassazione sull’incentivo a lavorare, il merito nella scelta delle posizioni manageriali e infine la capacità del sistema sia nel trattenere talenti sia nell’attrarli. Il rapporto “Doing Business 2015” della Banca Mondiale ci svela inoltre che in Grecia il Total TaxRate sulle imprese (49,9%) è nettamente inferiore al nostro (65,4%) e che la Repubblica ellenica si dimostra meno matrigna della nostra per il numero sia degli adempimenti (8 contro 15) sia delle ore impiegate in media ogni anno da ciascuna azienda (193 contro 269) per pagare le imposte. Senza contare che un’impresa greca riscuote poi il suo credito dalla Pa in appena un terzo del tempo sopportato da un’impresa creditrice italiana (49 giorni invece di 144 giorni). Non è tutto. Perdiamo il confronto anche nel comparto cruciale dell’edilizia sia per i giorni necessari a ottenere un permesso di costruzione (233 contro 124) sia per ottenere l’allacciamento dell’energia elettrica (124 contro 62). Tra l’altro, a una media impresa italiana la bolletta energetica costa il 34% in più che non a una media impresa greca: 0,1735 centesimi di euro per Kwh (chilowattora) invece di 0,1298 centesimi di euro per Kwh. Intendiamoci, l’Italia ha fondamentali economici decisamente più solidi di quelli greci. Tuttavia liberare le nostre aziende da un fardello fiscale ormai insostenibile e produrre regole sul lavoro semplici e certe sono due passaggi non più rimandabili, su cui il governo si dovrebbe impegnare maggiormente. Altrimenti il rischio è che Roma scivoli sempre più verso Atene.