Inps, sui conti pesano i crediti non riscossi
Raffaella Cantone – L’Occidentale
Brutte notizie per INPS. Secondo uno studio di ImpresaLavoro, la perdita di bilancio di INPS dal 2012 ammonterebbe a oltre 11 miliardi l’anno, da quando cioè l’istituto ha incorporato l’Enpals e Inpdap, perdita che secondo le stime dovrebbe registrarsi anche al termine del 2016. Il patrimonio netto di INPS, che cinque anni fa misurava oltre 40 miliardi di euro, si sta quindi erodendo progressivamente, compresi i 21 miliardi di euro incassati tramite un intervento straordinario di ripianamento delle perdite fatto negli anni scorsi.
Secondo il Centro studi ImpresaLavoro, a fine 2016 i conti dell’Istituto potrebbero essere ancora peggiori: negli esercizi 2015 e 2016 il disavanzo è ancora una previsione, e, sempre secondo gli esperti di ImpresaLavoro, in passato i consuntivi hanno fatto registrare delle perdite ben più ampie di quelle inizialmente preventivate. Il patrimonio netto fotografato al 31 dicembre 2016 non andrebbe oltre gli 1,8 miliardi, comportando quindi un nuovo intervento di ripiano da parte dello Stato. Un costo che INPS continuerebbe a sottostimare è quello della svalutazione dei crediti, quella parte dei contributi che l’ente previdenziale si attende inizialmente di riscuotere ma che nei fatti viene persa.
Non si tratta solo di evasione, ma anche di debitori falliti o liquidati oppure deceduti senza eredi, o ancora crediti caduti in prescrizione o per i quali ne viene accertata l’insussistenza. La massa dei contributi non incassati, secondo le stime, dovrebbe superare a fine anno per la prima volta la quota dei 100 miliardi, crescendo al ritmo medio di 740 milioni di euro al mese. Al momento i crediti non incassati corrisponderebbero a 104 miliardi, di cui oltre la metà (56,3) sottoposti a svalutazione. Due i parametri su cui si calcolano questi crediti, l’anno di riferimento e la gestione specifica a cui si riferisce.
ImpresaLavoro ha scoperto che proprio negli ultimi bilanci questi criteri sono stati rivisti al ribasso. Quelli risalenti fino al 2009, vengono svalutati al 99%, riconoscendone quindi la sostanziale irrecuperabilità salvo episodi del tutto sporadici. Per il triennio successivo la svalutazione è del 55% per le gestioni dei lavoratori dipendenti e gli agricoli, mentre è del 30% per gli artigiani e i commercianti e si limita al 10% per la gestione separata. Sui crediti relativi all’ultimo triennio è proposta una svalutazione media del 10%.
Secondo ImpresaLavoro le gestioni che mostrano le più basse probabilità di recupero sono quelle più rilevanti: 56,7 miliardi di crediti non incassati (il 54,3% del totale) si riferiscono alle gestioni dei lavoratori dipendenti (incluso le prestazioni temporanee) mentre in minoranza troviamo quelle dei commercianti (20,7%) e artigiani (15,3%). Solo per il 2,3% dei mancati incassi (e con anzianità dei crediti piuttosto bassa) pesa la gestione separata di parasubordinati e autonomi.
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