Gli immigrati fanno perdere all’Italia 5 miliardi l’anno
di Fausto Biloslavo – Il Giornale
Gli immigrati regolari sono una risorsa economica per la scassata Italia? Non proprio: se le entrate per le casse dell’erario ammontano a 20,6 miliardi di euro, le uscite risultano di 25,6 miliardi con un saldo negativo di 5 miliardi. Per non parlare del fatto che in Italia i posti di lavoro per i cittadini extracomunitari aumentano e quelli per i connazionali diminuiscono. In Europa siamo quasi il fanalino di coda rispetto al 24,8 per cento di differenza a favore dei tedeschi doc in Germania.
La Banca centrale europea, l’Inps, il Papa, fondazioni buoniste varie osannano l’impatto economico positivo degli immigrati. «I nostri ricercatori indicano numeri diversi perché non facciamo finta di non vedere», spiega a il Giornale Massimo Blasoni, imprenditore e presidente del Centro studi ImpresaLavoro. Prendendo spunto dai dati della fondazione Moressa del 2015, che fa parte del coro pro-immigrati come risorsa, risulta che le entrate annue per lo Stato sono di 9,7 miliardi di gettito fiscale e 10,9 miliardi di contributi previdenziali. Il problema è sul calcolo delle uscite riguardo all’impatto economico degli stranieri regolari. Per la sanità, scuola e servizi sociali escono 8,3 miliardi di euro. Per la casa ed ulteriori misure di sostegno vanno calcolati 3,4 miliardi. Tre miliardi sono da aggiungere per carceri e tribunali assieme al lavoro del ministero dell’Interno relativo a sicurezza e permessi. «L’ulteriore dato negativo, che non viene considerato né dalla fondazione, né dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, scaturisce dal debito implicito pensionistico», spiega Blasoni. Una bella cifra quantificata in 10,9 miliardi di euro.
Il debito implicito si basa sul fatto che gli occupati di oggi paganti le pensioni per chi ha già maturato i requisiti per goderne con la promessa, o patto generazionale, che ci sarà qualcun altro a fare lo stesso con il loro vitalizio. «Lo Stato sta di fatto contraendo un debito, non dichiarato, e quindi implicito, nei confronti di chi oggi versa i contributi, con la promessa di saldarlo, un domani, attraverso la pensione», spiegano gli addetti ai lavori. «In termini semplici – sottolinea Blasoni – i contributi che oggi vengono versati dagli extracomunitari si tradurranno in pensioni che dovremmo pagare un domani». Oltre a quelle legate ai contributi effettivamente versati ce ne saranno non poche slegate da questo sistema. «Già oggi su 81.660 pensioni pagate agli stranieri ben 49.852 sono pensioni sociali, che non derivano dal lavoro svolto», spiega. Il risultato è che fra entrate ed uscite, in relazione all’impatto economico degli stranieri in Italia, Pantalone perde ogni anno 5 miliardi.
Il Centro studi ImpresaLavoro fornisce anche altri dati, che dovrebbero far scattare qualche campanello d’allarme sull’aprire troppo le braccia, come vuole il Papa, all’accoglienza. Dal 2008 al 2016 gli occupati italiani sono scesi di 1.043.337 unità. Al contrario gli stranieri regolari hanno registrato un’impennata di 710.826 occupati. E non si tratta solo dello stereotipo legato ai lavori che gli italiani non vogliono più fare. Non è un caso che, secondo una ricerca del Centro studi ImpresaLavoro sui dati Eurostat 2016, «il tasso di occupazione degli italiani tra i 15 e i 64 anni residenti nel nostro Paese è del 57 per cento, un dato che ci accomuna alla Croazia». Gli extracomunitari occupati ci superano con il 57,8 per cento. Germania, Regno Unito, Francia e Spagna battono nettamente l’Italia. I tedeschi hanno un tasso di occupazione dei cittadini «nazionali» del 76,5 per cento rispetto a quelli extracomunitari del 51,7 per cento con una differenza del 24,8 per cento. Blasoni fa notare che «nessuno ha propensioni xenofobe, ma dobbiamo stare attenti sui flussi ragionati. L’arrivo di immigrati regolari rischia di sostituire gli italiani nel mercato del lavoro».