Il Governo Renzi ha fatto poco per le imprese – Il Giornale
Massimo Blasoni – Il Giornale
Al di là del Jobs Act il governo Renzi ben poco ha fatto per sostenere il nostro sistema produttivo. Dove, si badi, per sostenere qui si intende essere messo in condizione di competere alla pari con i principali partner dell’Unione Europea. Eppure è evidente che la ripresa come l’occupazione sono legate al rilancio della capacità produttiva delle aziende. C’è da chiedersi perché il Governo comprenda così poco le ragioni dell’impresa. Da un lato è complesso attuare le riforme (liberalizzazioni, privatizzazioni, sburocratizzazione) di cui abbisognerebbe il Paese; dall’altro, ben pochi (certo non il Premier) vengono dal mondo dell’impresa. Due supposti motivi, che però non rappresentano certo una scusante.
Ci sono Paesi che attraggono investimenti anche cercando di semplificare. Se crei una nuova impresa – questo è il ragionamento – crei lavoro, tasse, dunque ti facilito. Da noi servono 233 giorni (fonte Doing Business) per un permesso di costruzione contro i 94 tedeschi o i 64 danesi e un imprenditore dedica alla burocrazia quasi il doppio del tempo che gli necessiterebbe nella maggior parte degli altri paesi UE. Eppure un sistema di regole più semplice e minori tortuosità burocratiche, si tradurrebbero in sviluppo. L’indice di imprenditorialità – cioè la facilità di fare impresa – ci colloca dietro tutti i nostri principali partner europei. Qualche volta sembra che una parte di paese lavori ed un’altra controlli producendo una montagna di carta e regole complicate.
Si è logorato anche il rapporto di fiducia tra Stato e Impresa. Le aziende anticipano, nel meccanismo dei saldi degli acconti, le imposte che dovranno l’anno successivo ma lo stato paga i propri fornitori quando vuole. La promessa del premier di saldare i debiti pregressi verso le imprese si è dimostrata vana. Nel 2014 il tempo medio di pagamento della pubblica amministrazione è stato di 144 giorni e si è completamente riformato il debito commerciale raggiungendo gli 67,1 miliardi di euro. Il livello delle nostre infrastrutture è assolutamente inadeguato, comprese quelle informatiche: l’Italia è 47esima al mondo per velocità di connessione con una media di download di 5,2 Mega al secondo, contro i 9,9 del Regno Unito, i 12,7 della Svizzera e i 7,2 della Spagna.
E’ noto che il nostro carico fiscale ci colloca tra i Paesi più tassati del mondo, eppure la spesa pubblica che questo flusso di denaro nutre malgrado ogni sforzo continua a crescere: e purtroppo si incrementa la spesa corrente – stipendi, acquisto di beni e servizi- mentre si riduce quella per investimenti. Tutto questo non soffermandoci sui maggiori costi che sopporta un’impresa italiana in tema di energia o di accesso al credito che ulteriormente frenano – lo dico da imprenditore – la capacità di competere. Certo non invoglia gli investimenti un paese dove la soluzione delle dispute commerciali richiede mediamente 1185 giorni e dove inarrestabilmente legiferano Stato e Regioni, spesso in competizione tra loro. Una situazione complessa che richiederebbe interventi immediati che non ci sono stati. L’inazione non può più essere coperta da un paravento di slide. Forse anche per questo la luna di miele si è interrotta, così come la fiducia verso il premier.