Danno e beffa ai pensionati, la stangata è pure retroattiva

Antonio Castro – Libero

Non solo Matteo Renzi vuole aumentare le tasse sui rendimenti degli investimenti dei fondi pensione dei professionisti privati (dal 20 al 26%), e innalzare quelle sui guadagni realizzati con l’accumulo dei versamenti delle polizze integrative (dall’11,5 al 20%), ma intende anche farlo retroattivamente partendo dal 1˚ gennaio 2014, ovvero quando a Palazzo Chigi c’era ancora il suo predecessore Enrico Letta.

Spulciando tra le bozze (non bollinate) della legge di Stabilità 2015 è saltato fuori, infatti, che il balzello non si applicherà solo dal 2015, ma è addirittura retroattivo al gennaio scorso, in barba allo Statuto dei contribuenti e al buon senso. Casse private e fondi integrativi saranno sottoposti a un prelievo straordinario che, tirando le somme, supererà complessivamente i 500 milioni di euro. Prelievo che metterà in difficoltà le casse e che azzererà qualsiasi welfare di categoria (sussidi ai disoccupati, prestiti, case di riposo, ecc). Con un patrimonio di oltre 61 miliardi (di cui 8 investiti in titoli di Stato), le 19 casse previdenziali dei professionisti rappresentano del resto un tesoretto che fa gola a qualsiasi governo, ma che mai era stato così violentemente intaccato.

Da qualche anno, ai fini statistici Istat e Eurostat, il patrimonio privato delle Casse viene computato nelle voci in attivo dello Stato, come se si trattasse di asset pubblici. Ma si tratta solo di un giochino contabile (ideato dall’ex ministro Giulio Tremonti), per dimostrare a Bruxelles che i conti dell’Italia non sono/erano poi così disastrosi. In verità gli enti pensionistici rientrano nel «perimetro dello Stato», solo perché gestiscono un servizio pubblico (la previdenza), sono sottoposti al controllo dei ministeri vigilanti (Lavoro e Tesoro), ma neanche un euro di questi soldi viene dalle casse pubbliche. La privatizzazioni degli enti, e l’autonomia di gestione e investimento, è stata barattata decenni addietro (1995) dimostrando la sostenibilità attuariale dei conti previdenziali e garantendo così che la fiscalità pubblica non sarà costretta a coprire eventuali disavanzi. Di più: con la famosa ministra Elsa Fornero alle casse venne chiesto uno sforzo ulteriore: dimostrare la sostenibilità previdenziale e finanziaria a 50 anni.

Insomma, sono stati fatti i calcoli e applicati interventi e riforme per non far esaurire il patrimonio e garantire così, per il prossimo mezzo secolo, l’erogazione delle pensioni. Le casse hanno tutte (tranne una), superato questo stress test previdenziale, ottenendo dal ministero del Welfare il sigillo della sostenibilità. Se ora però si cambiano le regole e si raddoppia quasi la tassa sui rendimenti degli investimenti (unico caso in Europa di doppia imposta), c’è il rischio che alcuni enti non riescano a far quadrare i conti. E senza la sostenibilità futura potrebbe scattare il commissariamento da parte del Welfare e quindi l’assorbimento (patrimonio incluso) nel SuperInps, che nell’immediato avrebbe solo da guadagnarci dall’ingoiare i patrimoni dei professionisti. Solo che dopo questa annessione le pensioni accumulate (e i relativi contributi e rendimenti) verrebbero regolate dall’Inps, quindi dal governo. Domani, 23 ottobre, i presidenti delle Casse riuniti nell’Adepp, decideranno le contromisure. E hanno già minacciato di vendere in blocco gli investimenti in titoli della Repubblica italiana (8 miliardi circa).

E che dire del salasso sulla previdenza integrativa? Per decenni (dal 1993 all’altro ieri), governi ed esperti previdenziali ci hanno fato venire il mal di testa ripetendoci che dovevamo mettere da parte qualcosa in più per la vecchiaia, perché con il sistema contributivo meno generoso del retributivo sarebbero statiti guai. Ora la legge di stabilità consente di dilapidare il trattamento di fine rapporto (Tfr) per campare oggi da cicale, fregandosene del futuro di povertà. L’aumento della tassazione dei proventi percepiti dai fondi pensione integrativi (patrimonio 2013 110 miliardi), passa infatti dall’11,5% (era l’11% fino ad aprile, primo scippo targato Renzi), al 20%, e avrà efficacia retroattiva dal 1˚ gennaio 2014. C’è di buono che per chi avesse già incassato al momento della pubblicazione della legge (fine dicembre 2014?) il tesoretto personale messo da parte (per i vecchi iscritti è possibile infatti chiedere la liquidazione di tutto quanto accumulato invece di incassare una rendita mensile), dovrebbe scattare una parziale compensazione, ovvero il fisco non reclamerà le maggiori tasse sui riscatti avvenuti nell’anno. Anche per gli enti non commerciali e le fondazioni bancarie aumenterà retroattivamente l’imposta. In tutto Renzi è a caccia di 3,6 miliardi. Nero su bianco, sulle slide della scorsa settimana.