Imprenditori stranieri in Italia: Liguria e Toscana ai primi posti della classifica regionale

Nell’ambito del più ampio discorso inerente i lavoratori extracomunitari in Italia, una tematica di rilevante interesse è costituita dalle attività imprenditoriali possedute o fondate da imprenditori stranieri nel nostro Paese.

Un’elaborazione del Centro Studi ImpresaLavoro, su dati Unioncamere e InfoCamere, rileva che nel 2021 le imprese possedute da titolari extracomunitari fossero 393.517, un dato addirittura in aumento di 2.632 unità rispetto all’anno precedente, rappresentando una significativa quota, del 12,6%, delle imprese totali attive in Italia.

Rapportando il dato alle imprese complessive presenti nelle varie regioni italiane, risulta che le imprese di titolari extracomunitari rappresentano un peso percentuale di notevole valore. Troviamo, infatti, che esse esprimono il 19% delle imprese complessive registrate in Liguria, il 18,6% in Toscana, il 17,6% in Lombardia e il 16,9% in Lazio.


Fonte: Rielaborazione Centro Studi ImpresaLavoro su dati Unione-InfoCamere

Tuttavia, per quanto concerne i numeri assoluti, sul podio delle regioni con più imprenditori extracomunitari si posizionano Lombardia con 71.665 titolari, Lazio con 42.883 e Campania con 39.527.


Fonte: Rielaborazione Centro Studi ImpresaLavoro dal XII Rapporto “Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia” Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 2022

A parte gli outlier rappresentati da Lombardia e Lazio, si può notare come vi sia una distribuzione omogenea che si attesta sulle 30.000 unità tra Campania, Toscana, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte, rappresentando una tendenza all’apertura di attività da parte di imprenditori extracomunitari nel Centro Italia e nel Nord. Si riscontrano invece presenze di imprenditori extra UE nettamente più esigue in tutte le altre regioni del Paese e indistintamente tra Nord, Centro e Sud.

Dalla rielaborazione del Centro Studi ImpresaLavoro del “XII Rapporto annuale. Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia”, prodotto annualmente dal Ministero del Lavoro, si è potuto rilevare come i settori di predilezione degli imprenditori extra UE siano per il 41,2% i settori di commercio all’ingrosso, al dettaglio e riparazione autoveicoli, per il 22,4% il settore delle costruzioni, per il 7,9% attività manifatturiere, 6,2% noleggio, agenzie viaggio, servizi di supporto alle imprese e, infine, per il 6,1% per le attività di servizi alloggio e di ristorazione.

Un dato interessante riguarda poi le nazionalità di provenienza prioritarie degli imprenditori extracomunitari. Al primo posto si posizionano gli imprenditori di origine marocchina, che 64.173 titolari di imprese. Solo al secondo posto si posiziona la comunità cinese alla quale appartengono 53.297 imprenditori; seguono poi gli imprenditori albanesi (33.294), cingalesi (30.682), pakistani (19.642) ed egiziani (18.782).

Nonostante i numeri, di primo acchito, possono sicuramente essere inaspettati, è significativo il fatto che quasi la totalità di queste imprese sono ditte individuali e poche superano la decina di addetti.

Infatti, approfondendo la ricerca sull’analisi dimensionale delle attività, si rileva che il 15% delle imprese di imprenditori extracomunitari non ha nessun dipendente, il 63,2% impiega solo una unità, il 18,9% impiega da 2 a 5 dipendenti, l’1,7% da 6 a 9, solo lo 0,6% da 10 a 19 e lo 0,1% da 29 a 49. Infine, si rileva che soltanto lo 0,01% di imprenditori extracomunitari dà lavoro a più di 50 addetti (media impresa).


Fonte: Rielaborazione Centro Studi ImpresaLavoro su dati Unioncamere-InfoCamere
 

“I dati sono significativi” – dichiara Massimo Blasoni, Presidente di Impresa Lavoro – “e dimostrano che è in atto un processo di integrazione di cittadini extracomunitari anche in ambito economico. Il tessuto della piccola impresa appare particolarmente attrattivo. Credo che il processo non possa che essere interpretato positivamente come elemento di ulteriore ricchezza della nostra economia e della nostra capacità di creare occupazione. I dati dimostrano che flussi regolamentati di lavoratori stranieri rafforzano e non indeboliscono il nostro Paese”.