forze dell’ordine

Cinque corpi per cinque ministeri, lo spreco dei fondi per la sicurezza

Cinque corpi per cinque ministeri, lo spreco dei fondi per la sicurezza

Alessandro Barbera – La Stampa

A parte qualche raro caso – sono quelli che fanno storia – i politici tentano sempre di rinviare le soluzioni dolorose. Prendiamo il caso della pubblica sicurezza. In Italia è garantita da poco più di trecentomila agenti divisi in cinque corpi: Carabinieri, Polizia, Guardia di finanza, Polizia penitenziaria e Corpo forestale. Il caso vuole che ciascuno di essi dipenda funzionalmente da un ministero diverso: Difesa, Interni, Tesoro, Giustizia e Agricoltura. Il blocco delle assunzioni in vigore da anni sta assottigliando gli organici: Polizia e Carabinieri ne hanno persi quindicimila a testa. I tagli lineari hanno funzionato: se nel 1990 la voce ordine pubblico valeva l’8,9 per cento dei consumi pubblici, vent’anni dopo, nel 2009, quel valore era sceso di un punto percentuale. D’altra parte, secondo i dati di Eurostat del 2012, l’Italia è uno dei Paesi europei e mediterranei con il più alto numero di unità di polizia ogni centomila abitanti: 466 contro i 312 della Francia e i 298 della Germania. Fra i grandi Paesi ci superano solo Turchia (552 unità) e Spagna (533).

Finché hanno potuto far finta di nulla, la politica e le alte burocrazie hanno ignorato il problema. Ma come testimoniano i numeri, lo hanno solo aggravato. Poco prima di lasciare Palazzo Chigi, a marzo dell’anno scorso, Piero Giarda ha lasciato in eredità trecento pagine di «analisi di alcuni settori di spesa pubblica». Più della metà sono dedicate alla dinamica dei costi di Polizia, Carabinieri, Questure, Prefetture. Giarda spiega che «le spese per abitante delle forze di polizia (alle quali sono associati vigili del fuoco e capitanerie di porto) sono significativamente più elevate, a parità di condizioni, nelle province o nelle regioni con meno abitanti». Ad esempio: le spese pro capite più alte per i servizi di prefettura sono in Molise e Basilicata. Ancora: la spesa pro capite per il funzionamento della Polizia ad Aosta e in Liguria supera i 140 euro l’anno; in Veneto e Lombardia, le più basse, il costo per contribuente è inferiore ai 60 euro. Numeri non troppo diversi da quelli dei Carabinieri: in Molise e Sardegna costano mediamente più di 160 euro a testa, in Piemonte, Lombardia e Veneto meno della metà.

Il costo complessivo del comparto sicurezza – lo ha calcolato di recente il commissario alla spesa Carlo Cottarelli – è attorno ai 20 miliardi di euro l’anno. Non è moltissimo: un quarantesimo del bilancio dello Stato, un quarto di quel che spendiamo in interessi sul debito. Eppure ci permettiamo di sprecare 1,7 miliardi l’anno (questa la stima di Giarda) per tenere in vita cinque corpi male organizzati. Una cifra che potrebbe essere ben utilizzata, ad esempio, per gli aumenti contrattuali. A giugno, in una delle bozze della riforma della pubblica amministrazione, era apparsa una norma che disponeva il passaggio di forestali e agenti di polizia penitenziaria sotto il controllo dei corpi più grandi. L’ipotesi è tramontata nel giro di poche ore. Pare che i ministri vigilanti non gradissero. Ieri, nel piano di risparmi per il 2015 presentato dal ministro della Giustizia non c’era traccia della proposta. A Ferragosto il ministro dell’Interno Alfano aveva già spiegato il perché: «Non ci sono forze generaliste, ognuna ha compiti specifici. Razionalizzare le spese è logico è giusto, ma se si deve tagliare con la mannaia non aderisco». La Polizia ha di recente varato un piano per il taglio di 300 fra uffici e commissariati: garantiranno risparmi per 60 milioni. Di accorpamenti se ne riparlerà. Un giorno, chissà.

La soluzione impossibile: unire le forze dell’ordine

La soluzione impossibile: unire le forze dell’ordine

Stefano Zurlo – Il Giornale

Sono cinque come le dita di una mano ma ciascuna va per suo conto. In Italia tutte le forze di polizia fanno di tutto e si sovrappongono in un caos inestricabile. Si potrebbe risparmiare tanto, molto e portare a casa risultati importanti, ma per ora parole magiche come razionalizzazione e coordinamento restano lettera morta. Prendiamo il mitico numero unico per le emergenze: dal 1981, più di trenta anni fa, c’è la possibilità di creare le centrali operative unificate, ma finora si è fatto poco o nulla. Più nulla che poco. C’è qualche centrale unica virtuale, all’italiana insomma, con tanto di monitor per uno scambio di saluti interforze, e poi ognuno fa il suo. In compenso l’italia paga per l’inadempienza inammissibile sul punto una sanzione alla Ue di 178mila euro al giorno. E ogni città ha le sue cinque, sei, sette centrali perché in realtà alle cinque forze statali – polizia, carabinieri, guardia di finanza, forestale e penitenziaria – occorre somare la municipale e la provinciale. Con relativo problema del riassorbimento: ora che spariranno le province dove finiranno i relativi agenti? A quanto pare ingrosseranno la Forestale.

Insomma, storia e geografia hanno creato un vero ginepraio. Un labirinto con una duplicazione spaventosa di costi. «Sette forze di polizia – spiega Gianni Tonelli, segretario generale del Sap, uno dei sindacati più rappresentativi della polizia – vuol dire sette caserme, sette uffici per la gestione degli automezzi, sette segreterie, sette caserme e via elencando. Dovremmo procedere con una parziale unificazione che non vuol dire ridurre tutto ad un corpo solo. Questo per la democrazia potrebbe essere un passo indietro, Ma la verità è che si potrebbero abbattere le spese in modo clamoroso e invece ci teniamo una divisione artificiosa che risale all’Ottocento quando nacquero i carabinieri, come polizia militare, e la polizia per l’ordine pubblico». Tonelli dà un paio di dati, sconvolgenti: «Non è vero che i nostri agenti siano pochi; no, sono tanti se non troppi, ne abbiamo uno ogni 190 abitanti, ben più degli altri Paesi europei. In Francia e Germania ce n’è uno ogni 280 abitanti, in Inghilterra addirittura uno ogni 390 abitanti. Eppure omini e risorse si sprecano e si nascondono negli uffici. La riorganizzazione dei servizi non è gradita ai vertici, agli alti papaveri, ai capi che occupano le poltrone più ambite e non vogliono cedere potere e prestigio». Le cifre sono impietose: i carabinieri sono 104mila (ma dovrebbero essere 118mila), i poliziotti 97mila, i finanzieri 68mila, le guardie penitenziarie 45mila. Fanalino di coda le guardie forestali, 7.600.

È una vecchia, vecchissima storia italiana. In Francia la polizia sta nelle città, la Gendarmeria nei villaggi. Da noi regna Arlecchino: tutti stanno dappertutto e spesso si fanno concorrenza. E poi ci sono le Fiamme gialle che fanno di tutto un po’: polizia di frontiera, polizia tributaria, polizia giudiziaria, ordine pubblico e tanto altro. Per esempio la notte della tragedia della Concordia il primo video venne girato dai militari delle Fiamme gialle. Dai tempi di Mani pulite, e dal dilagare degli arresti per corruzione delle divise infedeli, si parla di ridisegnare il corpo. Che andrebbe snellito e trasformato in un’agenzia d’élite, formata da laureati ben pagati e superspecializzati. La realtà, a tratti borbonica, è che anche su questo fronte si è perso tempo. Così il governo Renzi, che all’inizio aveva fatto sperare in qualche riforma incisiva, oggi pare ripiegare sul classico, intramontabile blocco degli stipendi. E il cambio di passo resta lontano. «Potremmo tenere due forze nazionali e una locale – conclude Tonelli – e riflettere poi sul futuro della Guardia di finanza, ma mi pare che siamo al palo». E allo sciopero dei servitori dello Stato.