Renzi l’affamatore: aumenta anche il pane
Laura Della Pasqua – Il Tempo
Sprechi e privilegi non si toccano ma per far cassa, Renzi sarebbe pronto a colpire pane, pasta, farina, burro e olio. Insomma i beni di prima necessità che, dall’oggi al domani, alla faccia del crollo dei consumi, sarebbero rincarati. Ciò che nemmeno Monti, nella cura da lacrime e sangue, ebbe il coraggio di fare, potrebbe essere servito da Renzi. E per farci ingoiare questo ennesimo sacrificio la giustificazione è già pronta: lo vuole Bruxelles. In un documento con una sfilza di consigli, la Commissione europea scrive che «c’è il margine per spostare ulteriormente il carico fiscale verso i consumi».
Ignorando quindi i dati che continuano a registrare il crollo dei consumi, la Commissione sostiene che «è determinante una revisione delle aliquote Iva ridotte e delle agevolazioni fiscali dirette». L’aliquota minima, quella del 4%, riguarda beni di prima necessità quali pane, pasta, riso, farina, latte, burro, formaggi, olio d’oliva, frutta, verdura e patate. Verrebbe colpita anche l’editoria ce già versa in una crisi comatosa. L’Iva al 4% è infatti anche su giornali, libri e riviste. Ma è anche su occhiali, lenti a contatti, materiali terapeutici, mense aziendali e scolastiche. A rischio anche la fascia di beni con aliquota al 10%. Si tratta di acque minerali, uova, zucchero, latte conservato, pesce, carni e salumi, cioccolato, tè, marmellate, yogurt, birra. Subirebbero rincari cinema e teatri, alberghi e pensioni, tutti i trasporti (ferroviari, marittimi, aerei e autobus), l’energia elettrica, il gasolio e il gas, la raccolta dei rifiuti. Sarà più caro un pasto al ristorante e la consumazione al bar.
Al momento è solo un’ipotesi al vaglio dei tecnici del ministero dell’Economia ma il fatto che lo sponsor sia proprio Bruxelles le dà maggio forza. Perchè se Renzi davanti alle televisioni ostenta il pugno duro contro i diktat europei, in realtà è molto attento alle raccomandazioni della Commissione europea. Anzi potrebbe sfruttarle per giustificare decisioni ad alto tasso di impopolarità. Un po’ quello che è stato con la riforma Fornero delle pensioni. Ogni punto di Iva vale 4 miliardi di gettito. Una cifra da non sottovalutare per un governo con l’acqua alla gola. Tanto più che in un momento di bassa inflazione sarebbe facile da applicare. Che poi questo possa comprimere ancora di più i consumi è un problema che il governo potrebbe giustificare estendendo per un altro anno il bonus da 80 euro.
Contro l’ipotesi di un rincaro dell’Iva si è già scatenata la polemica generale. In prima fila le categorie del commercio che temono dai rincari un ulteriore crollo delle vendite. «Sarebbe davvero una follia, specie in una situazione nella quale l’Italia è già con un piede nella deflazione: anche se si trattasse di uno spostamento selettivo di beni dalle aliquote più basse, quelle del 4% e del 10%, un’ulteriore caduta dei consumi sarebbe infatti inevitabile» commenta la Confesercenti.
Le conseguenze sarebbero drammatiche: «Si sottrarrebbero una serie di beni alle possibilità di acquisto di vasti ceti popolari, con un ritorno inferiore alle attese in termini di gettito. Senza contare il raddoppio delle chiusure di imprese nel commercio e nel turismo, già oltre quota 50mila nei primi 8 mesi del 2014».
Confesercenti ha calcolato che portando l’aliquota dal 4% al 10% «l’aggravio per le famiglie sarebbe pari a 5 miliardi l’anno». Per la Confcommercio «sarebbe il colpo di grazia per imprese e famiglie. Verrebbero colpiti soprattutto i redditi medio bassi che hanno beneficiato del bonus di 80 euro, neutralizzandone l’effetto». Contro l’aumento delle aliquote minime anche tutti i partiti. «Sarebbe il de profundis per la nostra economia» afferma il presidente della Commissione di Vigilanza sull’Anagrafe Tributaria Giacomo Portas, eletto alla Camera nel Pd. Per Squeri di Forza Italia «è un’ipotesi suicida. Come si può parlare di crescita se si continuano ad alzare le tasse? Se la risposta del governo al Pil che affonda, al potere d’acquisto delle famiglie ridotto al lumicino e ai consumi fermi, con conseguente crisi delle attività commerciali, è il via libera all’aumento delle aliquote iva ridotte, significa che davvero si è perso il senso della realtà». Per il vicecapogruppo Ncd alla Camera, Dorina Bianchi sarebbe «un grave passo falso del governo. Ci saremmo aspettati una smentita da parte del Tesoro. Invece di cambiare davvero verso, si continuerebbe così sulla scia di politiche di austerità che tanti danni hanno procurato al nostro tessuto produttivo». «Sull’aumento dell’Iva saremo irremovibili, respingeremo pressing Ue e avvisi di ogni sorta e invitiamo Renzi a fare altrettanto», tuona Barbara Saltamartini, portavoce del Nuovo Centrodestra. E sottolinea che «con una pressione fiscale a quota 44%, anche solo immaginare un aumento dell’Iva sarebbe una scelta improvvida, che avrebbe effetti deleteri su consumi per famiglie e imprese».