Gli architetti? Nuovi poveri (e bussano al Catasto)
Dario Di Vico – Corriere della Sera
«Gli architetti italiani? Sono i nuovi poveri». Il presidente dell’ordine professionale, Leopoldo Freyrie, non usa mezzi termini e sciorina i dati di una recentissima e cruda indagine condotta dal Cresme. Il reddito medio della professione è attorno ai 17 mila euro annui, in cinque anni la perdita di guadagno è stata del 40% e in più aumentano vertiginosamente le prestazioni non pagate. Il 68% degli architetti vanta crediti nei confronti di aziende private e il 32% verso la pubblica amministrazione. I fortunati che riescono nell’impresa di farsi pagare devono però attendere in media 172 giorni se il committente è un privato e 217 se invece si tratta di un soggetto pubblico. Visto che non vengono remunerati per il lavoro che svolgono, i professionisti a loro volta sono costretti a contrarre debiti verso terzi: al Nord il 57% di loro deve denaro alle banche, alle società finanziarie o ai fornitori.
La recessione e la mancanza di lavoro non fa evolvere la struttura degli studi che rimangono piccolissimi: il loro reddito medio è di 38 mila euro, in genere hanno un dipendente non architetto e 1,5 collaboratori a partita Iva. In queste condizioni la possibilità di prescindere dal mercato italiano e di pescare clienti esteri è minima, se non nulla. I giovani ovviamente stanno ancora peggio: dopo cinque anni di professione mensile è ancora attorno ai 1.200 euro mensili e il tasso di disoccupazione viaggia attorno al 30%. Così quando, come ieri a Roma si apre un concorso per assumere 140 funzionari e tecnici dell’Agenzia delle Entrate per potenziare il catasto, giovani architetti (e ingegneri) si iscrivono a quella che appare una vera e propria lotteria. Nel caso in questione sono in 25 mila a partecipare, un numero che non si era mai visto e riflette un disagio che all’Ordine fotografano così: «La professione è a rischio sopravvivenza».