Friuli Venezia Giulia, ripresa tra colpe e progetti
Massimo Blasoni – Messaggero Veneto
Stando al recente rapporto “L’Economia del Friuli Venezia Giulia” della Banca d’Italia, i segnali di ripresa dell’economia nella nostra regione non mancano. La produzione industriale, per quanto inferiore del 10% rispetto all’ultimo picco del 2008, mostra segni evidenti di ripresa. Si è anche avuto un rallentamento della stretta creditizia che non poco aveva pesato negli ultimi anni. Il dato che dovrebbe far riflettere è che questi indici positivi trovano le loro origini fondamentalmente nel buon andamento dell’export per fattori esogeni (prezzo del petrolio e svalutazione dell’euro) più che nella capacità regionale di fare sistema e innovazione. Colpe d’attribuirsi in primo luogo agli imprenditori, tuttavia occorre anche chiedersi se l’Amministrazione regionale stia agendo efficacemente per sostenere questa timida ripresa.
All’inizio dell’anno si è proposto un piano di sviluppo del settore industriale, Rilancimpresa: non pare però che si siano sortiti effetti significativi. Scorrendo i molti articoli e commi della legge, pare quasi che l’ambizione principale del dispositivo sia il riordino dei Consorzi Industriali, realtà importanti che rappresentano però solo una minima parte dell’economia regionale. Inoltre, con la stessa legge è istituita, sotto la Direzione centrale attività produttive, l’”Agenzia Investimenti FVG” che, in collaborazione anche con Friulia S.p.A. e Finest S.p.A., dovrà svolgere un ruolo fondamentale nelle politiche di programmazione industriale. Al di là del dubbio sull’opportunità di istituire un nuovo ente restano rilevanti le domande sulla capacità effettiva di Friulia e delle altre partecipate regionali di esplicare appieno le loro mission economiche. Una perplessità che si estende anche a Mediocredito – la banca regionale – e che nasce dall’analisi dei bilanci di queste realtà. Per quanto riguarda Friulia il numero di nuove partecipazioni in società del territorio è in discesa (14,2 milioni nel 2013/2014 contro i 24,9 e i 31,4 dei due esercizi precedenti) e gli investimenti attuati sono circa la metà di quelli deliberati. Anche le partecipazioni complessive passano da 214 milioni nel 2012 a 190 nel 2014: anno in cui le imprese partecipate complessivamente erano 117 (e soltanto 72 fra queste operative). Non va dimenticato che i soli costi di struttura della finanziaria regionale nell’ultimo esercizio si sono attestati a circa 6 milioni di euro, comprensivi di costi del personale per ben 3,8 milioni e costi generali di funzionamento pari a 2,3 milioni.
Nata nel 1964, con un’intuizione assolutamente innovativa per quel periodo, Friulia avrebbe dovuto, attraverso la partecipazione al capitale di imprese locali e finanziamenti a medio termine, conseguire l’obiettivo di far crescere realtà regionali e dar luogo a start up, soprattutto se ad alto contenuto innovativo. Negli anni invece (molte colpe sono anche del centro destra) ha finito per svolgere più il ruolo di ammortizzatore per società in difficoltà, sostanzialmente ritardandone il default a spese dei contribuenti. Non sono pochi i dubbi anche su Mediocredito: è utile per la regione controllare una banca che per basso numero di sportelli e dimensioni modeste rischia di essere strutturalmente in passivo? Senza peraltro poter svolgere un peculiare ruolo di supporto al sistema imprenditoriale locale, attese le stringenti regole di Basilea 3 sul merito creditizio.
Alla luce della rapida trasformazione del tessuto economico occorre una revisione strategica dei non pochi strumenti con cui l’Amministrazione regionale può attuare politiche di sostegno alla competitività del sistema imprenditoriale. La specialità regionale va difesa e assume significato prima che nella contrattazione con lo Stato sulla quantità delle risorse, attraverso la dimostrata capacità di promuovere con la massima efficienza autonome politiche regionali. Vale per la ridefinizione di strumenti come Friulia e Mediocredito. Potrebbe valere – anche se il tema è complesso- anche per ipotesi quali la fiscalità di vantaggio.