friuli venezia giulia

Regione Fvg. Serve un piano straordinario per credito e lavoro

Regione Fvg. Serve un piano straordinario per credito e lavoro

di Massimo Blasoni – Messaggero Veneto

La nostra regione sembra vivere una condizione del tutto peculiare rispetto al panorama economico italiano: non è annoverabile tra le regioni in cui la ripresa è pienamente in atto e in cui gli indicatori stanno ritornando rapidamente ai livelli pre-crisi e non è nemmeno incasellabile tra le economie più arretrate della nostra penisola. Siamo una via di mezzo pericolosa, caratterizzata da crescita bassa e livelli occupazionali che faticano a riprendersi.

Come rileva Bankitalia, nel 2015 il Friuli Venezia Giulia ha registrato una ripresa moderata, sostenuta dalla domanda rivolta all’industria e dall’incremento dei consumi intermedi. L’export però fa segnare livelli di crescita decisamente più contenuti rispetto al resto del Nord-Est e ritornerà ai livelli pre-crisi soltanto quest’anno, 36 mesi dopo il Veneto. Il comparto edile continua a registrare una contrazione dei suoi livelli di attività, anche se l’emorragia dei semestri precedenti pare rallentare. Un dato motivato dalla seppur lievissima ripresa degli scambi immobiliari, che rimangono comunque lontanissimi dai livelli del 2012. Segnali in chiaroscuro, insomma, che trasmettono all’intero sistema economico un diffuso clima di incertezza.

Non è un caso, infatti, che i timidi segnali di ripresa del primo semestre 2015 non si siano ancora riflessi in un miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro e la dinamica dell’occupazione sia rimasta comunque negativa, facendo segnare dati peggiori sia rispetto al resto del Paese che al vicino Veneto. Il tasso di disoccupazione attuale fa segnare il livello più alto degli ultimi cinque anni.

Si dirà che anche in Friuli Venezia Giulia molti contratti a tempo determinato sono stati trasformati in contratti a tempo indeterminato. È certamente vero ma si tratta di un miglioramento della qualità dell’occupazione determinato dagli incentivi economici voluti dal Governo e la cui entità si dimezza con il prossimo anno.

Rimane poi un problema non secondario, quello del credito. Banca d’Italia rileva come nel 2015 i prestiti bancari alla imprese siano, seppur di poco, ripartiti. La crescita dei finanziamenti, però, è circoscritta alle imprese medie e grandi mentre per le altre aziende, che rappresentano la grande maggioranza del tessuto economico regionale, l’accesso al credito si è fatto ancor più difficoltoso. A preoccupare ulteriormente è l’ulteriore deterioramento della qualità di questo credito, con incagli e sofferenze in continuo aumento.

Lavoro e credito sono due ambiti in cui la Regione può fare molto. Non si tratta di incidere sull’impianto regolatorio dei due settori (le norme sull’occupazione sono per larga parte di competenza statale e i principali indicatori per il merito creditizio vengono da accordi internazionali ) quanto più di garantire alle nostre imprese strumenti adeguati con cui competere. In tema di accesso al credito le risorse che la Regione ha messo sul piatto in questi anni sono state ragguardevoli. Tuttavia, gli esiti non sono stati pari allo sforzo fatto. Le cause sono da imputarsi in parte a una certa difficoltà di applicazione delle misure adottate dalla Regione per il sostegno al credito. Burocrazia e forse una non piena collaborazione da parte delle banche hanno limitato gli effetti del Fondo regionale finalizzato allo smobilizzo crediti e al consolido delle passività. A ciò si aggiunga che strumenti come Friulia, Finest, Frie e Mediocredito, pur ampiamente finanziati, si sono rivelati non adeguatamente efficaci. Sono nati il secolo scorso e oggi necessiterebbero di una revisione con riferimento alla mission ed alle modalità operative. Tra l’altro il loro numero rappresenta un’anomalia tutta friulana: nessun’altra regione italiana mette in campo un numero così elevato di enti finanziari pubblici.

Troppo spesso i loro costi di funzionamento si sono dimostrati eccessivi e pare ravvisarsi l’assenza di una regia complessiva. È veramente necessario avere una banca controllata dalla regione se,per le sue contenute dimensioni, produce strutturalmente disavanzi coperti annualmente dalla “mano pubblica”, cioè dalle nostre tasse?Se vogliamo garantire alla nostre imprese un ambiente economico competitivo e alle nostre famiglie tassi di occupazione vicini alle economie europee più avanzate non possiamo sottrarci al tentativo di elaborare un piano ambizioso e straordinario, anche bipartisan. Un piano capace di rendere moderni ed efficaci gli strumenti per agevolare l’accesso al credito, lo start up e sviluppo delle nostre imprese, nonché in grado di migliorare l’efficienza del nostro mercato del lavoro. La specialità si misura anche su questo.

Friuli Venezia Giulia, ripresa tra colpe e progetti

Friuli Venezia Giulia, ripresa tra colpe e progetti

Massimo Blasoni – Messaggero Veneto

Stando al recente rapporto “L’Economia del Friuli Venezia Giulia” della Banca d’Italia, i segnali di ripresa dell’economia nella nostra regione non mancano. La produzione industriale, per quanto inferiore del 10% rispetto all’ultimo picco del 2008, mostra segni evidenti di ripresa. Si è anche avuto un rallentamento della stretta creditizia che non poco aveva pesato negli ultimi anni. Il dato che dovrebbe far riflettere è che questi indici positivi trovano le loro origini fondamentalmente nel buon andamento dell’export per fattori esogeni (prezzo del petrolio e svalutazione dell’euro) più che nella capacità regionale di fare sistema e innovazione. Colpe d’attribuirsi in primo luogo agli imprenditori, tuttavia occorre anche chiedersi se l’Amministrazione regionale stia agendo efficacemente per sostenere questa timida ripresa.

All’inizio dell’anno si è proposto un piano di sviluppo del settore industriale, Rilancimpresa: non pare però che si siano sortiti effetti significativi. Scorrendo i molti articoli e commi della legge, pare quasi che l’ambizione principale del dispositivo sia il riordino dei Consorzi Industriali, realtà importanti che rappresentano però solo una minima parte dell’economia regionale. Inoltre, con la stessa legge è istituita, sotto la Direzione centrale attività produttive, l’”Agenzia Investimenti FVG” che, in collaborazione anche con Friulia S.p.A. e Finest S.p.A., dovrà svolgere un ruolo fondamentale nelle politiche di programmazione industriale. Al di là del dubbio sull’opportunità di istituire un nuovo ente restano rilevanti le domande sulla capacità effettiva di Friulia e delle altre partecipate regionali di esplicare appieno le loro mission economiche. Una perplessità che si estende anche a Mediocredito – la banca regionale – e che nasce dall’analisi dei bilanci di queste realtà. Per quanto riguarda Friulia il numero di nuove partecipazioni in società del territorio è in discesa (14,2 milioni nel 2013/2014 contro i 24,9 e i 31,4 dei due esercizi precedenti) e gli investimenti attuati sono circa la metà di quelli deliberati. Anche le partecipazioni complessive passano da 214 milioni nel 2012 a 190 nel 2014: anno in cui le imprese partecipate complessivamente erano 117 (e soltanto 72 fra queste operative). Non va dimenticato che i soli costi di struttura della finanziaria regionale nell’ultimo esercizio si sono attestati a circa 6 milioni di euro, comprensivi di costi del personale per ben 3,8 milioni e costi generali di funzionamento pari a 2,3 milioni.

Nata nel 1964, con un’intuizione assolutamente innovativa per quel periodo, Friulia avrebbe dovuto, attraverso la partecipazione al capitale di imprese locali e finanziamenti a medio termine, conseguire l’obiettivo di far crescere realtà regionali e dar luogo a start up, soprattutto se ad alto contenuto innovativo. Negli anni invece (molte colpe sono anche del centro destra) ha finito per svolgere più il ruolo di ammortizzatore per società in difficoltà, sostanzialmente ritardandone il default a spese dei contribuenti. Non sono pochi i dubbi anche su Mediocredito: è utile per la regione controllare una banca che per basso numero di sportelli e dimensioni modeste rischia di essere strutturalmente in passivo? Senza peraltro poter svolgere un peculiare ruolo di supporto al sistema imprenditoriale locale, attese le stringenti regole di Basilea 3 sul merito creditizio.

Alla luce della rapida trasformazione del tessuto economico occorre una revisione strategica dei non pochi strumenti con cui l’Amministrazione regionale può attuare politiche di sostegno alla competitività del sistema imprenditoriale. La specialità regionale va difesa e assume significato prima che nella contrattazione con lo Stato sulla quantità delle risorse, attraverso la dimostrata capacità di promuovere con la massima efficienza autonome politiche regionali. Vale per la ridefinizione di strumenti come Friulia e Mediocredito. Potrebbe valere – anche se il tema è complesso- anche per ipotesi quali la fiscalità di vantaggio.