Ecco chi ha abbassato (davvero) le tasse
Filippo Caleri – Il Tempo
Sono passati 24 anni dal governo Andreotti sesta versione. Ma agli italiani, salvo qualche eccezione, la sequenza di 10 presidenti del Consiglio che si sono succeduti dal 1990 a oggi non ha regalato nulla: le tasse sono sempre aumentate. La fetta della ricchezza nazionale lasciata al fisco è salita nel periodo considerato dal 38,2% al 43,3%. Un salto di 5 punti percentuali che si è tradotto in nuovi balzelli dai nomi variegati e innovativi come la sequenza infernale che dall’Ici arriva all’Imu senza cambiare però nulla dal punto di vista della vessazione fiscale sugli immobili. Per non parlare poi delle addizionali regionali e comunali. Nate per impostare il federalismo fiscale a somma zero ovvero tasse più alte in periferia con contestuale riduzione al centro e che puntualmente hanno confermato il loro valore di prelievi aggiuntivi e basta. In Italia dunque il risultato è sempre lo stesso: gli italiani sono stati considerati dai loro governanti sempre meno come cittadini e sempre più come sudditi da spremere. I dati analizzati da Il Tempo sono tutti quelli del conto consolidato Istat tranne quelli di Renzi che arrivano dal Def.
Il re dei tassatori
Chi più, chi meno, tutti alla fine hanno bastonato gli italiani. Lo scettro del più rapace in termini di imposizione spetta a uno solo: Romano Prodi che nel corso dei suoi due governi non ha avuto pietà dei contribuenti. Nella prima esperienza a Palazzo Chigi, dal 1996 al 1998, la pressione fiscale è passata dal 41,4% al 42,2%. Non senza passare per un ben pesante 43,4% nel 1997. L’aumento cumulato alla fine del suo mandato è stato dunque di un +1,3%. La medaglia d’oro nella classifica gli spetta perché anche alla seconda prova governativa, e cioè dal 2006 al 2007, Prodi ha portato il carico fiscale dal 40,1 al 42,7%. Con uno spettacolare incremento di 2,6 punti in soli due anni. A contendergli il primato l’ex premier Giuliano Amato. L’uomo che nel settembre 1992 avviò la prima manovra lacrime e sangue e mise in una notte le mani nei conti correnti degli italiani. In un sol colpo fece impennare il peso complessivo del fisco dal 39,2% al 41,7 del Pil. Un salto di 2,5 punti. Indimenticabile. Anche il successore non fu da meno. Ciampi aumentò le tasse di un altro punto percentuale. Era il 1993.Mai così in alto
Non c’è dubbio che l’uomo che resterà impresso nella memoria degli italiani come quello che ha chiesto loro di più in un solo colpo è stato l’ex premier Mario Monti. L’uomo della provvidenza chiamato dall’emergenza a salvare l’Italia fece il capolavoro. Prese l’Italia già sotto pressione con un fisco al 42,5% del Pil nel 2011 e riuscì, a colpi di Imu, a portare l’asticella dove mai nessuno aveva osato: 44% dunque 1,5 punti di Pil sottratti dal fisco in meno di 365 giorni.Mano leggera
A qualcuno, però, la sorte del portafoglio degli italiani è sempre rimasta a cuore al punto da arrivare al governo e mettere in campo una severa riduzione fiscale. Il primo nome è quello più ovvio da immaginare. E cioè quello di Silvio Berlusconi che, sulla rivoluzione del fisco, ha puntato il suo successo politico. Il suo miracolo avvenne nel 1994. Arrivato al comando pretese e portò a termine un taglio fiscale «monstre». Dal 42,7 del governo Ciampi si arrivò al 40,6%. La pressione fu tagliata del 2,1%. Ancora di più il Cavaliere fece nel 2005 facendo arrivare le pretese del fisco al 40,1%. Un record. Ma anche il suo concorrente dell’epoca non fu da meno. D’Alema nei 2 anni di esecutivo fece scendere il peso del fisco di quasi un punto.Renzi al palo
Nonostante gli annunci, anche il premier attuale mantiene una considerevole posizione tra i tassatori. Nel Documento economico e finanziario più aggiornato la pressione fiscale con lui resta al 43,3% del Pil.