Aggredire la spesa pubblica si può. Il saggio di Pennisi e Maiolo
di Daniele Capezzone – Giuditta’s Files
Tutto come previsto. Dopo il sostanziale via libera da parte della Commissione Ue sui conti dell’Italia (sia pure con doppia riserva: sul deficit e sul debito), il Governo si è lasciato andare a un trionfalismo francamente fuori luogo. Primo: perché i 14 miliardi di margine concessi andranno pari pari a disinnescare le clausole di salvaguardia (aumenti Iva) che altrimenti scatterebbero alla fine di quest’anno (quindi, per tagliare un euro di tasse, non si potrà contare su quel margine, ma occorrerà tagliare davvero un po’ di spesa). Secondo: perché, come ripeto da tempo, l’Italia si sta contendendo un’umiliante “maglia nera” della crescita europea con Grecia e Finlandia. E non mi sembra un motivo per caroselli e festeggiamenti: non dispiaccia al nocciolo etrusco che guida l’Esecutivo.
Comunque, a questo punto,almeno per 48-72 ore il reality-tv show della politica italiana fingerà di occuparsi del taglio della spesa pubblica: il Governo, per dire che sta già facendo una serissima spending review (il che, purtroppo, non è vero, avendo Renzi-Padoan respinto nelle ultime due leggi di stabilità emendamenti per un simultaneo taglio di spesa e tasse di 48 miliardi); le forze di opposizione, per dire in modo stentoreo ciò che andrebbe realizzato, ma dimenticando di non averlo fatto negli anni in cui erano in maggioranza.
Logomachie (e batracomiomachie…) a parte, per chi invece fosse davvero interessato al tema e alle soluzioni (non alle slides e agli alibi), una lettura obbligata è il recente bel saggio (per la Biblioteca del Centro Studi Impresa Lavoro) curato da Giuseppe Pennisi con Stefano Maiolo, dal titolo “La buona spesa – Dalle opere pubbliche alla spending review. Guida operativa“ . Giuseppe Pennisi non ha davvero bisogno di presentazioni: dalla Banca Mondiale alle sue docenze italiane, dalla sua attività di saggista agli interventi sulla carta stampata, da decenni offre soluzioni concrete ispirate a limpidi principi liberali e pro-mercato.
Stavolta, insieme a Maiolo, Pennisi ha scelto di realizzare una vera e propria guida operativa, che ha come interlocutori ideali i dirigenti delle amministrazioni dello Stato, delle Regioni, degli altri enti locali, indicando in dettaglio metodi e tecniche per la valutazione della spesa e delle opere pubbliche. Dall’analisi dei costi e dei benefici (imposta nel 1981 da Reagan a tutti i settori del governo e a tutte le agenzie pubbliche, prima di varare qualunque intervento di spesa) alla valutazione degli impatti, dall’analisi del rischio in fasi di incertezza in contesti dinamici al valore della comunicazione (quindi, la procedura di valutazione come un approccio sistematico di informazione e di decisione informata), il volume di Pennisi e Maiolo è davvero uno strumento di lavoro, per chi questo lavoro voglia intraprenderlo sul serio…
Badate. Non si tratta di un’opera per “ragionieri”, per aridi contabili, o per freddi tagliatori di spesa sociale. C’è, al fondo, un punto di assoluto rilievo umano, e – vorrei dire- di profonda etica della responsabilità. Pennisi sottolinea che troppe volte, nelle decisioni politiche di spesa, si privilegiano gli interessi delle generazioni correnti (legittimi, per carità) rispetto a quelli delle generazioni future. Il piccolo “dettaglio” è che le generazioni future, per evidenti ragioni, sono senza voce, perché – oggi – non votano, non scioperano, non vanno nei talk show. C’è qualcuno disponibile a una battaglia politica in nome di chi oggi non ha diritto di parola? Pennisi e Maiolo citano un’eloquente (e direi terrificante) analisi di uno dei maggiori specialisti Usa di finanza pubblica, Alan Auerbach: per conservare intatto l’attuale livello di stato sociale italiano (quindi: ammortizzatori, sanità, pensioni, ecc), la prossima generazione dovrebbe pagare, nella propria vita, tasse e imposte pari a cinque volte quelle pagate dalla generazione oggi anziana. Ogni commento è superfluo.