Roccella (Idea): “Per salvare le famiglie, il welfare non basta”
di Eugenia Roccella*
L’Italia da molto tempo investe poco nella famiglia, probabilmente perché i governi hanno dato per scontata la buona salute della famiglia italiana. I dati, a parte un preoccupante declino della natalità, confermavano finora questo giudizio, ma negli ultimi anni i segnali di crisi si sono moltiplicati.
Quella che Giovanni Paolo II definiva l’eccezione italiana (e che si leggeva nei numeri: meno divorzi e separazioni, meno aborti, in particolare tra le minori, meno figli nati fuori dal matrimonio, meno madri single degli altri paesi europei) è oggi a rischio. È urgente quindi intervenire con provvedimenti pesanti, e non occasionali come il bonus bebé. Ma bisogna avere chiaro che le facilitazioni fiscali e il welfare pro-family servono solo in minima parte a fermare l’inverno demografico.
Tutta l’Europa è ormai sotto il tasso di sostituzione, anche i paesi in cui c’è stata e c’è ancora una storica attenzione al problema, come dimostra lo studio di ImpresaLavoro (per esempio la Francia o la Svezia, che investono molto più di noi su famiglia e figli). Per confermarlo basta verificare come l’unico paese europeo che fa meno bambini di noi è la ricca Germania: le cause principali della denatalità europea non sono economiche, ma culturali. In Italia, poi, come dimostrano le ricerche del sociologo Roberto Volpi, i figli si fanno ancora all’interno del matrimonio: se, come accade oggi, i matrimoni sono in calo, c’è poca speranza di risalire la china demografica.
Investire nella famiglia è necessario per motivi di equità, per migliorare la vita delle donne, su cui pesa ancora la gran parte del lavoro di cura, e per dare un segnale forte di cambiamento; ma bisogna essere consapevoli che non si tornerà a fare figli solo con incentivi economici o con un welfare più generoso, se non c’è anche un investimento culturale per promuovere famiglia e matrimonio.
*Deputato di “Idea”, ex Sottosegretario al Ministero della Salute