La bolletta energetica delle famiglie è cresciuta dell’8,7% in 7 anni
Solo in sei Paesi europei si spende più che in Italia Pesano molto tasse e accise • Negli ultimi sette anni la bolletta dell’energia elettrica delle famiglie italiane è lievitata, confermandosi una delle più pesanti in Europa. Dal 2010 al 2017 il costo dell’energia per accendere gli elettrodomestici è cresciuto dell’8,7%. È il risultato di una ricerca del centro studi ImpresaLavoro, che ha elaborato i dati Eurostat.
Rispetto a sette anni fa, il prezzo dell’energia domestica è diminuito solo in otto paesi su 28 monitorati: Ungheria (-31,0%), Malta (- 19.9%), Paesi Bassi (-12,3%), Slovacchia (-8,9%), Lussemburgo t-6,9%), Lituania (- 6,3%), Cipro (-4,9%) e Repubblica Ceca (-3,9%).
L’aumento dei prezzi non riguarda dunque solo l’Italia. Se si guarda alle grandi economie del continente, la bolletta è diventata più pesante in Francia (+30,9%), Regno Unito (+27,8%), Germania (+26,7%) e Spagna (+25,0%). Aumenti da record, invece, in Lettonia (+51,1%), Grecia {+48,7%), Belgio (+44,3%) e Portogallo (+38,9%).
Se l’incremento dei prezzi è stato più contenuto nel nostro Paese, rispetto ad altri, questo non significa che gli italiani paghino di meno rispetto agli altri cittadini europei. Il costo dell’energia a fini domestici in Italia, Infatti, è inferiore solo a quello di Germania, Danimarca, Belgio, Irlanda, Portogallo e Spagna.
Nello Stivale i prezzi sono passati da 0,1943 euro per kWh nel 2010 a 0,2111 kWh nel 2017. Stimando nel 2017 un consumo medio annuo per famiglia di 3.199 kWh si ottiene così per ogni famiglia una bolletta elettrica di 675 euro su base annua.
Se invece la stessa famiglia si trovasse a vivere nei Paesi Bassi risparmierebbe 176 euro all’anno, 160 euro se vivesse in Slovenia, 124 se vivesse in Francia e 96 euro se vivesse nel Regno Unito. In Germania, invece, il conto da pagare sarebbe molto più elevato: la bolletta teutonica peserebbe infatti 300 euro in più. A rendere più salato il conto che devono pagare gli italiani sono soprattutto le tasse e le accise, che costituiscono da sole il 37% del prezzo finale. La loro incidenza risulta più elevata solo in Danimarea (68,2%), Germania (54,5%), Portogallo (51,6%), Slovacchia (41,9%), Austria (37,9%) e Grecia (37,3%). II fisco pesa invece meno nella bolletta delle famiglie che vivono in altre economie c o n t i n e n t a l i : Francia (35,5%), Regno Unito (25,8%) e Spagna (21,4%).
«Nel nostro Paese il mercato dell’energia elettrica è stato liberalizzato dal 1 luglio 2007», osserva l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente di Impresa- Lavoro, «ma le bollette non sono affatto calate: un paradosso tutto italiano. Tra poco è prevista la fine del regime della maggior tutela (per chi ha mantenuto il proprio storico fornitore di energia) e il passaggio obbligatorio al mercato libero». Si tratterebbe questa, secondo Blasoni, «di una spada di Damocle: coloro che entro quella data non avranno provveduto autonomamente al passaggio a un fornitore sul libero mercato potrebbero confluire nel cosiddetto “servizio di salvaguardia” che già oggi prevede costi maggiori di quelli praticati in regime di maggior tutela. Ciò al fine di ridurre al minimo la permanenza in questo tipo di servizio e scegliere quindi un nuovo fornitore. Un provvedimento poco chiaro che distorcerà il mercato e che inciderà ulteriormente sul bilancio delle famiglie italiane». La liberalizzazione totale del mercato doveva partire nel luglio 2019, ma la maggioranza ha votato a favore di un emendamento al decreto Milleproroghe che rinvia di un anno ìa fine dei prezzi di maggior tutela per l’energia elettrica e il gas. A far scattare lo slittamenti dei termini il ritardo nel processo di implementazione della riforma e i dubbi politici sulla necessità di chiudere d’ufficio l’era dei prezzi tutelati. Ancora due anni quindi di mercato a maggior tutela, dove le tariffe vengono stabilite ogni tre mesi dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico in base alle quotazioni internazionali degli idrocarburi.