L’inutile addio al Registro imprese
Sergio Luciano – Panorama
La Madia lo fa, la Guidi non lo sa. Ma Renzi sì. Si parla del Registro imprese, che un disegno di legge delega allo studio della presidenza del Consiglio su proposta del ministero per la Semplificazione e per la Pubblica amministrazione (gestione Marianna Madia) intende sottrarre alle Camere di Commercio, cui è oggi attribuito da una legge del ’93, e trasferirlo al Mise, il ministero per lo Sviluppo economico (gestione Federica Guidi). Al Mise spetta già la vigilanza del sistema camerale ma per ora nessuno sa nulla di ufficiale su questo trasloco del registro. Surreale, ma c’è di più. Il cosiddetto “Decreto P.A.” si è già occupato del Registro imprese per disporre il dimezzamento, da subito, della tassa annuale che oggi le imprese pagano alla Camera di Commercio. E così il presidente dell’Unioncamere Ferruccio Dardanello si è presentato l’8 luglio alla commissione Affari costituzionali della Camera per chiedere una gradualizzazione del taglio al diritto annuale. Già: ma nel frattempo Palazzo Chigi lavora per sottrarre del tutto il Registro alle Camere, altro che dimezzare la tassa. Un po’ di caos tra Palazzi, insomma. E a favore di chi? Chi, cioè, si avvantaggerebbe del trasferimento del Registro? Al Mise non sarebbero attrezzati per sbrigarsela da soli: non hanno strutture informatiche né reti sul territorio idonee. Un appaltatore esterno scelto a gara? Ovvio. Ma una prospettiva del genere scatena le dietrologie. E c’è chi parla di una cordata confindustriale desiderosa di spolpare l’osso delle Camere di Commercio, scippandogli i flussi di cassa del Registro. Un complotto alla Spectre, ma con una sceneggiatura alla Brancaleone: per ora, soprattutto, uno dei sintomi dello iato che c’è tra l’attivismo del governo e la capacità realizzativa dei suoi esponenti…