Una manovra di “soli” 16 miliardi il Tesoro fa i conti con la flessibilità
Valentina Conte – La Repubblica
Troppo presto per brindare, visti anche i primi malumori della Merkel. Ma l’ipotesi di una moratoria biennale sul Six pack, la possibilità cioè per l’Italia di non dover incidere brutalmente col bisturi sui conti 2014-2015, risparmierebbe al Paese di certo una legge di Stabilità lacrime e sangue. Nessuna procedura di infrazione, dunque, se il deficit strutturale non è “close to balance”, vicino allo zero, il prossimo anno. Nessuna bacchettata se il percorso di riduzione del debito pubblico parte nel 2016, dodici mesi dopo. Più margini per fare politiche espansive e provare a rianimare il paziente, dopo la cura da cavallo. E cioè a far ripartire la crescita. Insomma, anziché una maxi manovra da 25 miliardi, ad ottobre l’Italia potrebbe evitare altri tagli draconiani o maggiori tasse per 8-10 miliardi. Una cifra pari quasi al costo del bonus degli 80 euro per il 20 1 5. Non male.
«Un accordo di questo tipo sarebbe un aiuto importante, è evidente», riflette Enrico Zanetti, sottosegretario all’Economia. «Eviteremmo i rischi di inflazione. Resteremmo sotto il 3% nel rapporto deficit-Pil. Le manovra sarebbe meno complicata, da 15-16 miliardi anziché 23-25, coperta dalla spending review. E saremmo in grado di mantenere tutte le promesse, come il bonus, oltre a scongiurare tagli alle detrazioni fiscali. Non dover fare la correzione da almeno mezzo punto di Pil aiuterebbe, certo». Fermo restando, ricorda Zanetti, che oltre alla moratoria «è anche tempo di rivedere, nelle sedi tecniche europee, il Pil potenziale dell’Italia». Così com’è – pari a zero – «ci penalizza e rende gravosi gli aggiustamenti dei disavanzi strutturali».
Per ora vediamo se l’intesa sin qui solamente abbozzata e informale tra Juncker e la commissione Ue uscente reggerà alla prova (tedesca) dei fatti. «Sarebbe però sbagliato vedere la moratoria come una concessione da scambiare ad esempio con minori tutele per i lavoratori», avverte Stefano Fassina, ex viceministro pd dell’Economia. Quell’obiettivo di riduzione dello 0,5% annuo del deficit strutturale, cioè al netto del ciclo economico avverso, «è assolutamente irrealistico, in uno scenario di recessione come l’odierno». Tra l’altro fissato con un’inflazione al 2%, mentre ora l’Eurozona si avvia alla deflazione. «Il Six pack non si applica punto. E non per concessione, ma perché il quadro è diverso». Sorpresa per la svolta europea che si prefigura, Sergio De Nardis, capo economista di Nomisma, ne soppesa però i vantaggi per l’Italia. «Una corda che si allenta, indubbiamente. Gli sforzi per l’aggiustamento del bilancio strutturale si sposterebbero al 2016. Non saremmo insomma costretti a modificare il tendenziale già ora, con la legge di Stabilità di ottobre. Un passo avanti imponente che tuttavia scavalca anche i possibili margini di flessibilità annunciati da Mario Draghi a Jackson Hole e inquadrati “nei limiti del fiscal compact”, le regole di riduzione del debito pubblico”. Qui siamo ben oltre».
Sarà per questo che la Merkel è in ansia. «Se ci concederanno davvero questo margine, l’impatto sarà minimale sulla recessione», avverte però Luigi Guiso, economista e docente al Luigi Einaudi Institute for Economics and Finance. «Attenzione poi a non farne un uso cattivo. Il bonus da 80 euro doveva essere finanziato con tagli alla spesa. Allentare questo processo e magari usare la nuova flessibilità per coprire quello sconto fiscale potrebbe essere controproducente. Lo sconto ci toglie qualche castagna dal fuoco nell’immediato, certo non ci aiuta a uscire dalla crisi».