Per avere una pensione più alta basta uscire dalla gestione pubblica
di Massimo Blasoni
Pensioni: converrebbe passare dall’attuale sistema a ripartizione a un modello a capitalizzazione individuale? Con l’attuale sistema versiamo, sostanzialmente senza alcun rendimento, contributi all’Inps che servono a pagare gli assegni di chi è in quiescenza oltre alle prestazioni assistenziali: Cassa Integrazione, indennità di malattia o invalidità.
Concentriamoci sulla quota di contributi che serve a pagare le nostre pensioni lasciando a parte la componente che serve a far fronte alle prestazioni assistenziali. Facciamo un esempio: ipotizziamo che questa parte sia pari a 10.000 euro annui versati per trentanni e con un rendimento del 3% superiore alle esigue rivalutazioni che oggi l’Inps ci riconosce. Accumuleremmo un montante di 490.000 euro, cioè il 40% in più di quello che oggi accantoniamo. Tradotto, sarebbe possibile andare in pensione con le attuali soglie ma con un assegno più ricco del 40%, ovvero anticipare di molto la pensione con un assegno almeno pari a quello che avremmo comunque ottenuto. Ovviamente il passaggio da un sistema all’altro sarebbe estremamente complesso ma non impossibile, soprattutto se avvenisse per gradi e con un mix iniziale tra l’attuale previdenza obbligatoria e la previdenza integrativa.
D’altro canto il tema va affrontato con coraggio. Secondo l’Istat, nel 1974 la spesa pensionistica italiana era pari aff’8,15% del Pil e nel nostro Paese si erogavano 21,59 pensioni ogni 100 abitanti. Oggi spendiamo invece in assegni pensionistici il 16,3% del Pil e il numero di pensioni in rapporto ai cittadini è quasi raddoppiato, circa 38 ogni 100 abitanti.
Attualmente nessun altro Paese Ocse spende quanto noi: il 31,9% della spesa pubblica italiana è assorbito dalla previdenza contro una media del 18,1%. Lo sbilancio annuale dell’Inps inoltre è diventato un’abitudine, così come il ciclico azzeramento del suo patrimonio e la conseguente ricapitalizzazione con i nostri denari. Il nostro sistema pensionistico è sostanzialmente collettivistico, così togliendo ingiustamente agli individui la libertà di organizzare la propria vita. Un argomento che potrebbe essere confutato sul piano ideologico, se non fosse per un piccolo particolare: la realtà è lì a dimostrare che il modello italiano sta crollando sotto il peso della sua insostenibilità.